C'era una volta "Fantastica", una collana di
fumetti europei di fantascienza e fantasy per edicole curata da Mondadori
Comics, gemella della collana Historica, specializzata in racconti di stampo
storico- biografico (questa con alcune incursioni anche nel fumetto americano), a sua volta sorella maggiore di Prima, una collana dedicata ai fumetti bd
appena sfornati e non ancora raccolti in volumi "stagionali". Con
Mondadori Ink virtualmente di sposta Fantastica in libreria e già sono tanti i
titoli, tra riproposte e novità, che succosamente possiamo trovare in vendita,
in formati e grafiche accattivanti. Shangri-la svetta con la sua copertina nero
spaziale e la sua dimensione over-size, che quasi tiene una parete. Poi ci si
avvicina timorosi al volume, lo si prende in mano consapevoli che è
pesantissimo come ce lo saremmo immaginato, si apre timorosi il contenuto per
sfogliare un paio di pagine e si viene travolti da un big bang sonico (virtuale) da urlo nel constatare quanto le tavole siano pazzesche.
Bablet, classe 1987, è uno dei più giovani e affermati
autori completi del panorama europeo. Con questo volumone di 222 pagine ricche
di pianeti, esoscheletri, pazzia e sangue, entra con merito nella Selezione
Ufficiale del Festival Internazionale del Fumetto di Angouleme del 2017.
Shangri-la è potente e disperato e ci fa tornare alla mente per cura maniacale
dei dettagli, tra enormi scenari brulicanti di componenti tecnologiche e
piccoli ormoni che giocoforza devono, ammassati, abitarci dentro, il capolavoro
di Katsuhiro Otomo, Akira.
Ci sono le stesse architetture complesse e suggestive,
c'è la stessa tensione di una umanità morente, che cerca di creare un
oltre-uomo per le generazioni future. Non c'è di fatto la Terra, perché le cose
sono finite male e ora la razza umana cerca nuove case nello spazio. Non c'è di
fatto la Storia o la cultura, perché questa "umanità in viaggio" vive
in uno straordinario ma asettico mondo - astronave dove si rincorre
all'infinito solo la tecnologia stessa di hi-phone e ammennicoli pesantemente
pubblicizzati sulle più grandi pareti della struttura. La morte è dietro
l'angolo e si respira aria di rivoluzione tra le nuove specie - cavie meta /
umane. C'è molta carne al fuoco e se possibile la storia allestita da Bablet è
anche più sorprendete dei suoi disegni, sa costruire una tensione palpabile e
pone interrogativi non banali sul nostro futuro. Cosa ne faremo degli animali?
Come combatteremo l'inquinamento? Saremo in grado di convivere insieme,
schiacciati dalla sovrappopolazione? Inseguiremo per sempre le nuove tecnologie
mettendole al di sopra di ogni interesse e anche degli altri? Crederemo più in
un Dio? Permetteremo a dei computer o a un'anonima multinazionale di comandarci? Bablet è curioso e attento e non dimentica mai nel suo racconto il
"fattore umano". Dietro tanta tecnica visiva sbalorditiva e forse in
parte asettica, l'autore fa muovere, stipati sotto pesanti tute spaziali e
corazze robotiche, personaggi dai lineamenti amorevolmente e
umanissimamente caricaturali, sgraziati e sbilenchi, che ci hanno
ricordato alcuni lavori e personaggi del nostro amato Gian Alfonso
"Gipi" Pacinotti. Spesso il "cuore" si nasconde tra le
linee sbilenche. La "carne in scatola" è un po' l'emblema di
quest'opera che sa essere techno-affettiva tanto quanto techno-fobica. C'è
tutto il senso della vita nel sorriso sbilenco e gli occhi esaltati ma tristi
di un astronauta che dice: "è bellissimo, siamo così piccoli rispetto allo
spazio" mentre guarda in faccia un pianeta lucente che gli cade addosso
dallo spazio prima di disintegrarlo. Pura poesia.
Se si
può muovere una critica a questo volume, che riteniamo comunque imperdibile, si
può dire che in 222 pagine non tutti i temi accennati trovano uno sviluppo
ugualmente ricco e originale. Ma davvero non c'è molto da lamentare per il
sottoscritto. Scovatelo nelle fumetterie e nelle librerie, richiedetelo se non
lo vedete o se è esaurito, ma buttateci sopra di occhi, nuotate tra le sue tavole
e perdetevi nel suo spazio come mentre muovevate i primi passi in Alien o
2001 odissea nello spazio, come quando per la prima volta vi siete trovati in
gravità zero nel videogame Dead Space o nel film Gravity. E soprattutto pensate
ad Akira. Siamo da quelle parti ed è un posto bellissimo.
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