giovedì 15 giugno 2017

Kabuki fight

Il piacere di un vecchio coin - op di fine anni '80, racchiuso in un fumetto one-shot della italiana Noise Press




Siamo in un presente alternativo, un mondo psichedelico e dai colori fluo in cui i combattenti del teatro Kabuki, novelli Street Fighters, infiammano le principali arene e  teatri. Sono eccentrici, sono letali, si vestono come negli anni ottanta. Hanno tutti una storia misteriosa alle spalle, mosse speciali da sbloccare conoscendo una combinazione di tasti, stage di combattimento personalizzati. Molti per una vita di eccessi e sopra le righe hanno problemi con le "blatte", il dispotico, ultra-corazzato e armato organismo di polizia. Altri sono in cerca di amici e parenti perduti, forse robotizzati o auto-robotizzati nella Città Marcia. C'è sempre un colpevole da trovare e un combattimento finale da intraprendere con lui prima del game over.  Lottatori con ventagli, esperti di Kung Fu, cyber-samurai, gladiatori partenopei e letali (il protagonista), tizi con artigli, tizi con maschere nere. C'è tutto in pacchetto completo di un picchia-duro. Fare dell'arte marziale la propria vita è la loro missione è unico scopo. Indossare armature strane fatte di razzi e acciaio, armarsi di spade sacre o di lame miracle blades e gettarsi sull'arena. Girare con il circo dei lottatori e ingaggiare continui combattimenti per infiammare l'arena: può essere il modo migliore, per questi nuovi gladiatori, di raccogliere le informazioni e trovare, tra una serie di lame, calci e un uppercut,  il senso della propria vita. Si uniscono  i puntini... tra uno scontro e l'altro. O, come accadeva con i videogiochi picchiaduro da combattimento da sala giochi, in una decina scarsa di minuti. 

I cieli digitali Sega rivivono in Kabuki Fight
Essenziale, puro. Questo è Kabuki Fight. Un videogame da leggere. Lo stile di disegno ricrea la plasticità dei colpi, studia costituzione ed esito di un colpo, e spesso va fuori dalle righe, cercando l'impatto visivo di quella strana combinazione di arte e pixel che stava in sala giochi. Ogni movimento è un piccolo omaggio / cult per nostalgici dei coin op, da Final Fight passando (obbligatoriamente) da Street Fighters per arrivare al Neo Geo. I colori, una tavolozza coloratissima e calda quanto i tramonti di Out - Run di Sega. La storia, vintage, la classica  iperbole raeganiana macho: i muscoli possono quasi tutto, l'intelligenza però spesso è utile (e lo dice il quantitativo di monetine che avete impiegato per arrivare a fine partita). È buffa questa ambivalenza della storia di essere da un lato mero pretesto ma dall'altro in qualche modo "canone" di quella non - letteratura da sala giochi che ogni avventore, anche se inconsciamente, non poteva fare a meno di amare (anche perché la storia ognuno se la creava in testa, univa i puntini e rendeva quanto più epica grazie all'immaginazione... erano altri tempi). Kabuki Fight ha tavole belle dense di azione (a volte pure troppa, nel senso di "sovraccarico"), una buona ironia e colori sfavillanti. 


È un prodotto destinato principalmente a chi è stato ragazzino negli ottanta e novanta e appare invero stranissimo, anche come linguaggio, per i più giovani. La narrazione poteva giovare di un numero maggiore di pagine, al punto che arriva ai titoli di coda con il fiato corto, ma potrebbe essere per me voluto, una specie di omaggio a quei giochi con tante botte e poche parole. C'è tutto un mondo vintage, carico di tocchi di classe. Ben potrebbe essere espanso in futuri capitoli. L'opera ha completamente sangue italiano e ci sono buone suggestioni da fumetto francese. L'azione, anche se sovraccarica è ricca,  è un po' schematica ma funziona, si distacca tantissimo dal modo di concepire action "alla orientale" (sopratutto in una certa legnosità di scandire le vignette... ma non è un problema grave). Alla fine un prodotto molto godibile, che soprattutto ai più vecchietti farà calare una lacrimuccia. 
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