giovedì 28 aprile 2016

La ricompensa del gatto - la nostra recensione!



Haru è una ragazza giapponese che frequenta il liceo. E' un po' pigrona e sognatrice, altruista e indecisa, solare e magari un po' allocca. Ama i gatti. Li ama a tal punto che un giorno rischia la vita per salvare un micetto che sta per finire sotto a un camion. Un gesto nobile che avrà delle stranissime conseguenze. Il gattino salvato è il principe del regno dei gatti e il sovrano ha in serbo per lei un mastodontico programma di "ringraziamento" che culminerà con la visita del regno dei gatti. Solo che le cose che piacciono ai gatti sono diverse da quelle che amano gli umani e ben presto la nostra Haru sarà tramortita da "gentilezze" che spaziano da montagne di topolini da mangiare (tutti in bellissimi pacchetti regalo), il prato di casa trasformato in una piantagione di erba-gatta e torme di gatti adoranti che la seguono in ogni dove. Si fa concreta la prospettiva che anche andare nel regno dei gatti possa essere qualcosa di parimenti strano per lei, motivo per cui una voce misteriosa arriva in suo soccorso consigliandole di recarsi all'Ufficio del Gatto. Un luogo dove il misterioso barone, un gentiluomo vestito di bianco con cappello a cilindro e dall'aspetto felino, potrà aiutarla a uscire da questa strana situazione.


Prosegue la bella iniziativa di Lucky Red di proporre tutte le opere dello studio Ghibli con questo anime del 2002, rimasto fino a oggi ancora inedito, a firma di Hiroyuki Morita. Il bel documentario allegato come extra all'home video ci racconta come in quel periodo lo studio cercasse nuovi registi, giovani che potessero apportare nuovi stili visivi al marchio oltre a quello degli arcinoti due grandi maestri dell'etichetta. Morita aveva a curriculum esperienze diversissime che spaziavano da Akira di Otomo a Tenchi Muyo e al contempo non era estraneo in casa Ghibli. Aveva infatti lavorato a Kiki delivery service di Miyakazi quanto a I miei vicini gli Yamada di Takahata. Il regista di Pom poko in particolare era rimasto piacevolmente soddisfatto dal suo modo tanto di lavorare che di vedere le cose, semplice ma nel contempo pieno di sfumature. La ricompensa del gatto, un progetto nato in modo bizzarro come "corto" commissionato per un luna park e poi espansosi a pellicola vera e propria, era l'occasione giusta per provare Morita come regista, dandogli carta bianca per esprimersi e benedicendolo con personaggi (la cui inclusione era stata fortemente voluta da Miyazaki) e una sceneggiatrice che venivano direttamente da I sospiri del mio cuore, l'opera che forse più univa idealmente MIyazaki e Takahada. Morita accetta la sfida e crea una pellicola dall'aria moderna e realistica che si discosta tantissimo dallo stile visivo dello studio, pur conservandone sotto traccia un legame intimo e mantenendo una buona qualità generale. Ugualmente interessante è la sceneggiatura in cui l'autrice de I sospiri del mio cuore torna a parlare dei giovani giapponesi e come sono cambiati a distanza di 15 anni dal quell'opera. E come sono questi nuovi virgulti, com'è la nostra protagonista Haru? Non mancano le qualità e le buone volontà, anzi solo il top dell'altruismo e gentilezza, ma questi giovani si fanno troppo trascinare dagli eventi e dalle bugie della società (sebbene qui abbia dei contorni fantastici), rimanendo "inguaiati" in una brutta situazione lavorativa o di vita dalla quale possono scappare (attraverso un percorso classico del romanzo di formazione) solo riflettendo a lungo e prendendo decisioni concrete  su "chi sono e cosa voglio fare da grande". Perché il furto della giovinezza è un dato che succede anche, e soprattutto, se non di fa nulla per impedirlo, se si lascia che gli eventi facciano il loro corso. Il lassismo porta inevitabilmente a finire male. Un argomento importante e "urgente" per i giapponesi (ma anche per noi), che viene sottolineato anche nella precedente opera Ghibli, La città incantata, dove un'altra strana e fantastica "società" arrivava addirittura a privare la piccola protagonista del suo nome, costringendoli a una dura vita lavorativa da cameriera di un centro termale abitato da fantasmi. Un concetto di nuovo presente nell'opera successiva, Il castello errante di Howl, dove una strana "maledizione sociale" priva la protagonista della giovinezza, costringendola, anche questa, a diventare una cameriera. E sono sempre lavori duri ma anche di riscatto, umili ma che se affrontati con impegno temprano e fanno crescere le protagoniste. Ma ne La ricompensa del gatto c'è una sfumatura diversa rispetto alle grandi pellicole appena citate, una differenza che sta nella "condotta furtiva" portata a compimento dalla società, potremmo dire. Nei due casi sopra citati la società è implacabile, le sventure e accadono senza che le protagoniste possano di fatto avere parola in merito. Qui è più subdola la questione. Si potrebbe dire che Haru appartiene alla generazione del "nì". Per il fatto di non prendere una posizione precisa Haru finisce in una girandola di eventi allucinanti (ma che all'inizio appaiono in effetti anche allettanti) che si potrebbero risolvere forse solo con un "no grazie". Il mondo dei gatti assomiglia in effetti al Paese dei balocchi, anche se in una accezione meno estrema, ma tuttavia non è un luogo in cui Haru vuole fortemente andare, è più la curiosità che una fuga effettiva dalla realtà quello che cerca. Da questa prospettiva la storia risulta quindi interessante, con molto più da dire di quanto apparentemente sembra dire. A ogni modo la trama è agile e snella, nei suoi settanta minuti e poco più pieni di scene assurde. Anche se l'umorismo giapponese è un po' criptico (a vedere il making of sembra si divertano un casino a fare le voci dei gatti e io li guardo ammutolito come fossero alieni) e magari il coinvolgimento emotivo che scaturisce da altre opere Ghibli viene  meno, il film si vede con piacere. Graficamente è effettivamente diverso dal solito, al punto che non sembra quasi un Ghibli tanto nelle animazioni che nei colori che nei fondali. Me è animato bene e comunque piacevole.


Insomma stringi stringi è un film che merita una visione e fa emergere un buon regista, che anni dopo affronterà nuovamente l'adolescenza e le sue sfumature nella struggente e spietata trasposizione animata di Bokurano (che è un vero delitto non sia mai arrivata in italiano, come invece accaduto nel resto del mondo). Un appuntamento comunque immancabile per avere tutto di tutto dello Studio Ghibli. 
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