lunedì 29 febbraio 2016

Il caso Spotlight - un film fatto decisamente male su un argomento decisamente importante.


Il Boston Globe è uno dei giornali più fighi del pianeta e i suoi giornalisti sono tenuti in altissima considerazione in tutto il mondo. E quando si parla della sezione speciale di giornalismo investigativo del Globe, "Spotlight", non abbiamo più a che fare con incredibili/pazzeschi giornalisti, ma con autentici supereroi. Nessuno li conosce, tutti li temono perché tutti hanno la coscienza sporca, per le strade i cittadini innalzano uno "Spotlight-segnale" quando la situazione si fa più critica e il supergruppo interviene, più forte di 1000 Gabibbo e 100 Gabanelli, più mordace delle Iene, più pignolo ed estenuante di Travaglio, Vespa e Lerner messi insieme combinati in un super robot da inchiesta. Certo per attivare il super-super gruppo serve tempo, i nostri supereroi escono con un maxi-caso per volta per essere super-super certi della loro indagine, dalle fonti agli atti processuali, dalle interviste all'eco politica che l'inchiesta inevitabilmente scatenerà. Un giorno un cambio ai vertici del Globe fa arrivare a Boston un nuovo direttore, che decide di proporre a Spotlight un'inchiesta spinosissima. Pare ci siano in giro dei preti pedofili, ci siano da un sacco di tempo, stiano preoccupantemente aumentando e non ne parla nessuno. C'entrerà qualcosa il fatto che pure il Boston Globe ha un numero parecchio alto di lettori cattolici che non vorrebbero leggere notizie del genere? Possibile che un giornale di Boston non sia riuscito fino a quel momento a fotografare al meglio un problema così grave ed esponenziale di Boston al punto da non averne mai parlato? E la Chiesa come si rapporterebbe con i preti pedofili, cosa farebbe per arginare un fenomeno con dimensioni così vaste da entrare (secondo alcune teorie supportate da dati di osservazione clinica) quasi nel campo della patologia? Spotlight indaga, coinvolge avvocati, scova gruppi di sostegno di persone molestate, porta a galla "gente che sapeva", incappa in altri avvocati e tribunali pronti a insabbiare tutto per il quieto vivere e interesse personale. E affronta tutto e tutti con una penna che fa ben più male di una spada. Quello che ne è scaturito è Storia, anche se è una storia "troppo" scomoda che molti cercano di dimenticare prima ancora di iniziare a comprendere.

Per questo è importante che ci siano film che parlino di queste brutte pagine della Storia, perché l'essere umano tende a dimenticare rapidamente le cose e se la Storia è "sponsorizzata" pure da un film che vince agli Oscar magari qualcuno se la vede al cinema, a noleggio o in tv o in dvd anche se ignora di cosa parli la pellicola. E non è fantascienza, magari lo fosse.


L'inchiesta oltre che essere importante sul piano storico è pure intrigante nel modo in cui è stata condotta, per la catena di aiuti alle vittime di pedofilia che ne è conseguita, per i dibattiti con la Santa Sede che occupano ancora oggi i giornali (anche se non in prima pagina). E' una storia da conoscere, su questo non ci sono dubbi e la visione del film spinge spontaneamente a "volerne sapere di più". 
Il problema per me della pellicola, aspetto che la accomuna a tante altre pellicole basate su inchieste o biografie, è la messa in scena.
Andiamo oltre all'adagio "vero è bello". Un film deve funzionare anche e soprattutto come, banale e brutale, "finzione scenica". Gli attori devono sapermi coinvolgere nella vicenda narrata, darmi empatia, farmi commuovere o arrabbiare, farmi pensare sulla vita e gli affetti dei personaggi che interpretano. E qui non accade, come non accade in mille film per la tv con Michele Placido o Beppe Fiorello: la storia è vera e importante, la rappresentazione o "finzione cinematografica" non riesce a trasmettere molto al di là del compito ben svolto. E naturalmente se dici "certo che la recitazione  di Fiorello è sempre la stessa, brutta e piatta, anche in questo film sul magistrato xy"  c'è gente che ti carica di insulti perché è come se sputassi sulla tomba di un uomo eroico della nostra Storia. Insomma, distinguiamo Storia e rappresentazione, è difficile ma proviamoci. E quindi in cosa "sbaglia" la pellicola? 
Diciamo che è nel bene e nel male "solo" la massima rappresentazione della "Hybris" giornalistica... e poco altro. Come ironicamente sottolineato a inizio post, i protagonisti della pellicola (lasciamo da parte la Storia per un attimo, almeno "proviamoci"...) sono giornalisti - supereroi al cui passaggio le persone si comportano come all'arrivo di Batman in un film di Batman. C'è una scena con sventagliamento di tesserino giornalistico che mi è parsa pure uscita da Dick Tracy, con effetti involontariamente comici. E che poteri hanno i super-giornalisti? Il super - intuito, che rende loro possibile lo svolgimento di super - indagini che al contempo sono di matrice politico-sociale, clinica, giuridica e statistica. Non mangiano, non dormono, stanno nei loro spazietti due metri per due sommerso di carte e affrontano archivi polverosi incuranti degli acari, quando vanno allo stadio non si interessano della partita di baseball, mangiano hot-dog e ricordano alla perfezione tutti gli articoli usciti su tutti i quotidiani di Boston degli ultimi 40 anni, dalla pagina politica alla festa del cane, a memoria. C'è nel cast pure Mark Ruffalo e fa cose molto più straordinarie qui che quando interpreta Hulk. A capo del gruppo c'è ... mi viene Adam West, aspetta che controllo un attimo... si', c'è Michael Keaton... ho sbagliato di poco... Insomma sono attori dal passato di supereroi a supergiornalisti! Il dramma è che non se ne coglie differenza nella recitazione. E per via del super-intuito parlano, parlano, parlano, parlano, parlano. E parlano sono dell'inchiesta dei preti pedofili, ovunque, anche mentre sono a casa con i parenti, anche mentre sorseggiano una birra al chiaro di luna, sono sempre "sul pezzo". Noi a parte un paio di rapporti che si incrineranno a causa dell'inchiesta, non sapremo mai niente di niente di loro, cose tipo se hanno amici, se la moglie li cornifica, se hanno comprato una pistola spaziale a Natale per i figli. I loro affetti sono "fuori campo"come gli adulti nei fumetti dei Peanuts. Si ricorda giusto mi pare il marito di Rachel McAdams, che è brutto e pelato, ma è decisamente poco. C'è oltre ai giornalisti solo l'inchiesta e questa li trasporta così in profondità nella loro passione lavorativa che tutto il film può essere rappresentato come un unico orgasmo onanistico / giornalistico a due mani. E questo schiaccia e ricopre davvero tutto, perfino le vittime di pedofilia, relegate a pochi minuti di scena; perfino i preti pedofili di cui la pellicola dovrebbe/vorrebbe principalmente parlarci, relegati in un cantuccio, in una brevissima scena che forse è da sola  la cosa più suggestiva, spaventosa e davvero potente di 140 interminabili minuti. Fare la super notizia definitiva e mettere al centro del film il super trionfo del super gruppo del super giornale  più Figo del pianeta sembra l'unico scopo del regista Tom McCarty. Manca giusto qualcuno che urli "Fermate le rotative!!" e che da qualche parte spunti Robert Redford a fare un sorrisetto di compiacimento. La "fotta" di fare la notizia si mangia la notizia stessa. Ma come rendere al meglio il super-intuito in pellicola? Cioè, come renderlo senza fare addormentare le persone in sala in un maremoto costante di parole, tra (pur interessantissimo) gergo tecnico legale/clinico/sociologico ed estenuanti procedure e contro procedure di indagine, valutazioni a campione di dati ricorrenti in archivio e ricorsi per aperture indirette di fascicoli di prove secretate et similia? 


La risposta è nel dotare i super intuitivi supergiornalisti della super corsa. Nel film tutti parlano, ma sempre muovendosi, un po' come nei Transformers di Michael Bay, ma senza Transformers che sparano e si trasformano. Telecamera puntata sui giornalisti, frontale diametralmente opposta ad Elephant di Gus Sant, pronti e... via! Marcia sostenuta nelle scene interne al Globe (dove almeno venti persone vanno avanti e indietro come nel centro di Coruscat in Star Wars), camminata veloce nei tribunali, sprint del jogging mattutino e cento metri cronometro per raggiungere aeroporti o mete dell'ultimo secondo. Medaglia d'oro a Mark Ruffalo, che corre più di tutti e a fine riprese potrebbe per me partecipare a qualche maratona. Ma tutto questo correre ossessivo-compulsivo aiuta la pellicola? Certo fa venire il fiatone anche agli spettatori, è un effetto che stordisce più che aiutare al ritmo generale. L'effetto finale è quindi: "wow, tra mille difficoltà e duro lavoro abbiamo fatto la notizia", ma sulla notizia in sé non si scava emotivamente a fondo quanto era lecito per rendere davvero potente il messaggio. E ripeto, ribadisco e sottolineo con il pennarello grosso per l'ennesima volta: parliamo di messa in scena, non del Valore Storico della vera inchiesta. Se (per assurdo) togliamo ai 140 minuti della pellicola  i 10 minuti in cui effettivamente vediamo fugacemente vittime e pedofili, possiamo mettere al loro posto 10 minuti in cui si parla tipo dell'inquinamento marino dovuto agli scarichi delle multinazionali e chiamare il film "il caso tonno mutante". L'indagine avrebbe uguali problemi burocratici, legali, di omertà e politica e ugualmente non affronterebbe al meglio, cioè "direttamente", il problema . Ovvio che ogni giornalista sogni di diventare un supereroe, in fondo anche Superman è un giornalista. E infine il titolo stesso del film è "il caso Spotlight " e non "il caso dei preti pedofili". E pertanto il tema da subito è sulla potenza dei media. Potenza che si esprime solo grazie all'impegno e abnegazione dei giornalisti, entità per virtù più simili a Dei benigni che a uomini, capaci di smascherare e forse migliorare la realtà che li circonda. Giornalisti che saggiamente imparano dai propri errori (pochi) e sacrificano la loro esistenza e affetti, da veri cavalieri Jedi senza macchia, in virtù della massima verità di cronaca, correndo di qua è di là per 140 minuti di pellicola, recitando di continuo dei mantra fatti di tecnicismi multidisciplinari contorti,  che ovviamente padroneggiano con competenza assoluta.


Ma. Che. Palle. 

Va bene, vi piace questa prospettiva, ma perché  poi vedere il regista andare a ritirare l'oscar come miglior film dicendo: "Lo abbiamo fatto per i bambini che ancora oggi subiscono abusi". Ma dove??????
Per quei 10 minuti su 140 dove non è in scena il superomismo giornalistico? 
Non era piuttosto tutto il film un super elogio alla super "fava" dei giornalisti ? 
Questa è ipocrisia. 
Avesse avuto le palle, il regista per rendere credibile questa dichiarazione avrebbe dovuto mettere al centro della scena vittime e carnefici, con il giornalista di Spotlight che prende appunti in un angolo, interviste con allegate davvero scene di sopruso. A quel punto il giornalista si sarebbe dovuto schifare, fare ricerca e infine andare a casa la sera e vomitare. Magari per tre minuti sedendosi, astenendosi da una maratona che ha del demenziale, e riflettendo "da fermo". Da essere umano. Chiamatela "retorica" ma per me è questo soprattutto che dovrebbe fare il cinema per distinguersi da dei pur bellissimi documentari o inchieste (che è meglio che non scimmiotti se non ne è capace): raccontare storie, anche brutte perché vere, che arrivino a toccarci il cuore. Perché ci sono persone (e credetemi "esistono") che si commuovono di più se muore una persona in un film piuttosto che la propria zia nella vita reale. Il cinema ha il potere di far commuovere e pensare perso e comunemente insensibili e allergiche a quegli attentati al comune vivere tranquillo rappresentati dalle notizie dei telegiornali. E queste persone (vi giuro che "esistono e sono tante, troppe") vedranno la pellicola gioendo per la vittoria dei super-giornalisti dimenticando in tre minuti "per cosa" hanno vinto. E la pellicola avrà fallito nel trasmettere la Storia. 


Come conseguenza di questa impostazione da superhero movie poi, gran parte dei giornalisti non si permetterà mai di parlare male di questa pellicola, che presto arriverà nella spazzatura del dimenticatoio, salvo che qualcuno (sadico) la imponga in qualche corso universitario sul giornalismo. Anche perché la recitazione è assolutamente nella media di una qualsiasi puntata di Law'n'Order, sebbene interpretata demenzialmente su un infinito tapis roulant. Anche perché la sceneggiatura straborda di incensate continue agli eroi di Spotlight in modo stucchevole e compiaciuto. All'inizio si respira anche una salutare aria di intrigo, ma è una brezza che si concretizza in niente già da subito. 
In sintesi. E' importante e vitale che si parli di certi fatti di cronaca, soprattutto di quelli scomodi che diventano enormi e arrivano a farci ripensare alla nostra considerazione del mondo. La Storia può migliorare solo nel modo in cui si può imparare (sempre che lo si "voglia fare"...) dagli errori passati. Però un film come questo dovrebbe essere in grado di trasmetterci emozioni più vicine ai fatti che analizza. E' un elogio della carta stampata più che di quello che "c'è scritto sopra". Quando c'è un incendio siamo contenti che arrivino i pompieri a spegnere le fiamme, ma ci sono spesso anche persone che muoiono sotto le fiamme. La storia dei pompieri è una storia di coraggio che riporta in equilibrio il modo come lo percepiamo. La storia delle persone rimaste vittima dell'incendio è una storia che non si potrà mai archiviare e per questo deve avere almeno lo stesso spazio. O almeno, io la vedo così. Se avete visto il film o la vedete diversamente da me sarò ben felice di leggere i vostri commenti e parlarne un po'. 
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sabato 27 febbraio 2016

Le Storie n.40: I Sogni dei morti

Testi: Barbato; disegni: Lazzarini



Shannon frequenta il liceo, è intelligente e un po' sfigata e vive in una piccola cittadina di provincia nel Galles. Il padre è minatore e sta per molto tempo lontano da casa; la madre, visto che non esattamente sguazzano nei soldi, ha trovato un'occupazione saltuaria per la figlia, remunerativa, divertente e socialmente importante: la fa dormire nei letti dei morti. Sì, Shannon "c'ha i poteri" e lo ha scoperto per caso da bambina in una notte di temporale, quando è andata a dormire nel letto che era della nonna. Shannon ha visto l'ultimo sogno della cara nonna e ha raccontato alla madre dettagli inequivocabili sul fatto che non fosse pazza. Invece la madre, lei pazza per davvero, ha raccontato a tutto il paesino della questione, con tutta la gioia di una che il trattamento sanitario obbligatorio se lo ricerca sui denti. Ed è venuto fuori il business: muore qualcuno, spostano la salma, ci fanno dormire lì Shannon, senza manco cambiare le lenzuola e la ragazza dopo un paio d'ore sogna il sogno "a nolo" del caro estinto e tutti felici. Shannon poi, boh, si diverte pure a fare questo "servizio per la comunità" e da perfetta adolescente gotichina dice cose tipo: "I morti mi capiscono più dei vivi", "In Death note tifavo per Kira", "Sono stata a dormire in un capanno annesso al cimitero, ed è stato bello". Forse però non bellissimo, visto quando si è coricata nel capanno ha fatto un sogno parecchio strano. Qualcuno era morto pure li', ucciso. E prima di lasciarci aveva sognato i suoi assassini offrendo dei dettagli utili per trovarli. 
Nuovo numero delle Storie scritto dalla cara Paola Barbato, autrice da noi al 75% amatissima perché, se è vero che magari non imbrocca sempre una storia, quando è in vena ci scappano dei racconti bellissimi. In questo numero si muove con sicurezza strizzando un occhi alla sua più famosa produzione, dalla storia adolescenziale "Davvero" alle pagine sognanti di Dylan Dog. La sua Shannon è una ragazzina sveglia a cui vogliamo immediatamente bene, anche il fatto di sceglierla come voce narrante ce la rende più intima, vicina. Il registro narrativo è molto leggero, la storia si legge tutta di un fiato e anche la parte thriller è ben congegnata, con un paio di twist carini. I disegni di Annalisa Lazzari rivelano un tratto dalle influenza "manga" sebbene  addomesticato, dettagliato e chiaro nella descrizione degli ambienti e delle azioni, che perde un po' in una semplificazione forse eccessiva dei tratti somatici facciali, che tendono ad assomigliarsi un po' tra loro per morfologia. L'espressività comunque è buona. La protagonista quindi "c'ha gli occhioni manga" oltre che "i poteri", ma la cosa non dispiace affatto, lo stile si adatta bene al tipo di racconto. Un numero grazioso.
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lunedì 22 febbraio 2016

Le storie n.39: Neo Genesi

Storia: Ambrosini; disegni: Camagni



Futuro. L'uomo non ha conquistato lo spazio ed è rimasto col sederone sulla Terra. Come conseguenza gli esseri umani, invece di evolversi in new type superskillati e metafisici come accade in Gundam, stanno regredendo ad autentici cavernicoli. Non si capisce se sia stato un morbo, la selezione naturale, la mucca pazza o una visione sostenuta di oltre una settimana di Uomini e Donne di Maria De Filippi. La gente regredisce male e un po' a casaccio, qualcosa si spegne nei loro occhi ed ecco che diventano bestiali. Non si trova una cura, ce ne sono sempre di più, sono decisamente pericolosi. Il governo si militarizza, crea dei lager, i bambini appena nati vengono sottratti per un paio di anni ai genitori e riconsegnati solo nel caso siano sani. Qualcuno cerca di studiarli partendo dai primati, con tecnologie neurali in grado di comprendere a livello inconscio il loro linguaggio, roba che sembra uscita da Strange Days della Bigelow (film che è ancora fighissimo, se non lo conoscete andate di recupero, Ralph Finnes da urlo, Jennifer Lewis mezza nuda sempre e colonna sonora con Selling Jesus e Feed degli Skunk Anensie, da panico... Chiusa parentesi). Naturalmente questi scienziati che fanno cose "scienziali" e un po' portano sfiga, predicando la comprensione e non la cura/sterminio di questa "nuova razza", non sono amatissimi. Anzi, stanno proprio sulle palle e vengono vessati e zittiti, sorvegliati e sputazzati dai potenti. Uno degli scienziati ha una sorella che è mutata, non può più nasconderla, perché ringhia e si spoglia in pubblico, e se la beccano la ingabbiano e forse peggio. Forse un modo di salvarla ci sarebbe, una specie di riserva poco tollerata in cui un magnate sta facendo vivere a pieno contatto con la natura questi nuovi umani. Ma arrivare non sarà facile, anche perché c'è in giro molta gente con il grilletto facile. 
Nuovo numero delle Storie, che dalla copertina mi ha per un istante illuso fosse un nostalgico amarcord ispirato ai videogiochi del Genesis - Megadrive, quelli dell'era Golden Axe, Alterated Beast e Alien Storm. Sapete una questione di colori e appeal dei personaggi, vestiti in un certo modo con colori di dominante blu per lui e rossa per lei, un qualche mostro da B-movie sullo sfondo... Ok, fine delirio. Aperto l'albo mi è subito dopo poche pagine venuta in mente una nota hit sanremese del 1997



Ambrosini ha parecchio da dirci su questo suo mondo fantascientifico e lo fa con il più sterminato e stremante numero di parole possibili. Roba che visivamente (intendo i ballons stracarichi di parole a perdita di fiato) mi ha ricordato con un certo senso di nausea il più urticante Alfredo Castelli. Per intendersi, quello che in venti pagine di fila di Martin Mystere scrive dialoghi così invadenti che il disegnatore non ha materialmente lo spazio per disegnare qualcosa nella vignetta se non un abbozzo del viso del protagonista (per lo più solo il taglio degli occhi) sormontato com'è da una enorme nuvoletta di "roba da dire". Grazie al cielo ci sono nel numero anche (pochine...) pagine più "leggere". Questa non vuole essere una critica cattiva comunque, la trama è davvero affascinante, forse una delle più interessanti proposte dalla collana, fa riflettere, è intelligente, filosofica, non è per nulla banale e riesce anche a colpire forte a livello emotivo. Ma un "muro di parole" così alto mi ha scoraggiato a più riprese a intraprendere la lettura ed è un peccato. Interessanti i disegni di Camagni, dal sapore o serie dire "argentino" oserei dire, dalle parti di Francisco Solano Lopez. Un tratto ruvido, quasi brutale, essenziale, con scenografie a volte ultra stilizzate o solo accennate, ma sempre piene di dettagli. Un disegno "potente" , squisitamente retrò (e questo può essere o meno nelle vostre "corde". Il riferimento però ve l'ho cercato di offrire) a perfetto corredo di una trama altrettanto potente. Un buon numero di originale fantascienza squisitamente vintage. 
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sabato 20 febbraio 2016

Le storie 38: Ramsey & Ramsey;

Storia: Bilotta; disegni: Bertilorenzi



Londra vittoriana, fumosa, sudicia e libertina. Atmosfera da romanzo di Dickens con soggetti però elaborato da Stevenson e Ricco Siffredi.  In tv non c'è ancora Carlo Conti e la sera la gente esce di casa. Non c'è ancora Checco Zalone e la gente non va al cinema. Non ci sono ancora le cene-aperitivo, i corsi di salsa, il karaoke: la gente o va a ubriacarsi o drogarsi o va a zozze. E le zozze si trovano ovunque, accettano ticket restaurant, dopo una prestazione ti mettono i bollini sulla raccolta punti, ampio parcheggio, cordialità e simpatia. Qualcuno neanche lo sa e c'è pure una zozza per moglie che va a lavorare mente lui va a zozze. Ma in giro ci stanno i pazzi come un nuovo emulatore dello squartatore che fece danni a Whitechapel. La gente ha paura che lo squartatore sia tornato e a Scotland Yard l'ispettore Bloch amico di Dylan Dog non è ancora ispettore, anche perché siamo solo a metà dell'800, quindi deve essersi insediato da troppo poco, giusto una decina d'anni e lo tengono giusto a fare le fotocopie. Il che è vero mobbing visto che le fotocopiatrici arriveranno solo un secolo dopo. Ma l'uomo giusto sta per arrivare, si chiama Philip Wisdom ed è il nuovo ispettore. La maîtresse locale si fionda nel suo studio chiedendo che il nostro eroe fermi l'assassino di prostitute, gli offre subito una carta punti per le zozze e dieci consumazioni omaggio. Ma Philip è nuovo, un pesce fuor d'acqua e scopre presto che la criminalità dei bassifondi è spietata e non conosce timore per un distintivo. Le prostitute morte aumentano e lui brancola nel buio. Ma ecco giungere in suo aiuto, durante una scazzottata notturna con le scenografie di Sweeny Todd un investigatore privato combattivo ed eccentrico. Non viene da Baker Street, ma da Charing Cross Road. Non divide la casa con un ex medico dell'esercito, ma con una bellissima moglie. E poi ha un fratello, uguale a lui, forse gemello. O almeno così pare. Perché l'agenzia Ramsey & Ramsey è gestita dai fratelli Arthur e Jack, ma i due, di carattere opposto, non si sono mai visti insieme e Philip fin da subito sospetta di avere a che fare solo con "un" Ramsey, schizzato e dalla personalità multipla per quanto bravo detective. Il dramma è che Philip di colpo è molto più interessato a capire se Ramsey sia un pazzo rispetto che ad acciuffare l'emulo di Jack lo squartatore. Come andrà a finire?
Male.

Il grande Alan Moore prima di finire a realizzare storie hentai con donne nude e tentacoli (non dico che Necronomicon e Providence non mi piacciano, ma "dai a Cesare..") creava un romanzo a fumetti plumbeo e disperato come From Hell, forse il migliore adattamento della storia del più celebre omicida al mondo. C'era tutto, lo sporco delle strade, le tette, gli sbuffi del fumo dei camini, le carrozze nere, il sangue, l'assenzio, la fede distorta nel delirio, cuori umani che bollivano in pentoloni. Gotico, disperato, brutale e per questo intraducibile al cinema. E venne infatti "depotenziato" l'adattamento dei fratelli Hughes: per isteriche e incomprensibili scelte produttive non c'erano tette, non c'era sangue, non c'era piscio e tensione anche se Johnny Depp non era affatto male come ispettore Abberline e il buon Jack aveva una carrozza fighissima che pareva una batmobile. Altra Londra vittoriana è quella di Sweeny Todd di Tim Burton, più gustosamente zozza e disperata, sempre con Depp, qui in gran forma insieme alla Bonham Carter. Più tetra del previsto ma non meno sexy la Londra di Zemekis di Christmas Carol. E poi c'è ovviamente Sherlock, con il suo ultimo nuovo episodio "ambientato nel passato". La Londra vittoriana dei bassifondi è una figata per me, in sintesi, non ne ho mai abbastanza di lei e sono contento di leggere storie in questo contesto. Questo Ramsey & Ramsey mi ha poi ricordato il "Gorilla" di Sandrone Dazieri, che mi ha regalato più di un momento piacevole, ma pure il Joe Fixit di Lee - Kirby, per non dire ovviamente della fonte primigenia di Stevenson, un personaggio letterario gigantesco, primordiale quanto psicoanalitico. Philip Wisdom è di contro un non-eroe interessante , un "loser"perverso che riesce a trascinare la storia da tutt'altra parte rispetto alle aspettative del lettore. Al punto che il grande "cattivo" della storia, sebbene massiccio e spietato nelle scene action, risulta forse troppo depotenziato, anonimo e quindi il vero anello debole di un racconto comunque godibile e leggermente "kinky", per usare un termine caro a Paul Verhoeven. Si sente l'eco di From Hell, dei suoi viaggi psichedelici e della violenza che sopraggiunge rapida come un taglio di rasoio, ma non si eccede mai nel "troppo" e la lettura alla fine non è, come immaginabile da Bonelli, un vm 18. Molto valido il lavoro di Bertilorenzi, che si è sommerso completamente nell'epoca con un attento studio dei costumi e dei luoghi dell'epica. Un encomio per lo studio di Arthur Ramsey è pieno di chicche quanto l'omologo di Sherlock. Qualche influenza orientale, come il vaso e il paravento dietro cui Arthur si nasconde per "conoscere la gente senza vederla", la sontuosa tappezzeria floreale, certosinamente ricreata con i retini per conferirle un tono dorato, scimitarre arabe, coleotteri, strane cose dentro a contenitori di vetro, un gufo sul tavolo. Una ricchezza di dettaglio che colpisce e fa venire voglia di ritornare su quelle tavole. Bella anche la realizzazione dei volti, molto espressivi, e la dinamica delle scene d'azione. Un buon numero che come altri della collana dà però la sensazione di non essere "completo",  quanto solo un assaggio, una prova su pista, di personaggi che potrebbero godere di una serie autonoma su più numeri. Non che sia un male, ben inteso. 
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lunedì 15 febbraio 2016

One punch man: finalmente arriverà in blu ray e in edizione specialissima a.k.a. "Cavazzoni sganciace 'na porno-lusso-limited-deluxe-gift-superplus-edition!


Prendo spunto dalla recente intervista a Carlo Cavazzoni di Dynit concessa all'eccelso sito Comicus.it, per sfogare con la fantasia i sogni bagnati del fan collezionista estremo, un mostro autolesionista risvegliatosi in me dopo troppi anni di tepore. Il buon Cavazzoni parlava nell'articolo della possibilità di riservare alla versione home video di One Punch Man un trattamento similare a quello riservato all'home video de L'attacco dei Giganti. Non un cofanetto o due con tutta la saga (che per una dozzina di episodi totali un cofanetto solo sarebbe stato "la morte sua"), ma uscite più snelle e "fighette", così fighette da bullarsi con chi non ce le ha e magari aspetta una successiva "barbone edition" che forse non arriverà mai. I Giganti stavano comodi in 6 uscite da quattro episodi circa l'una, con confezione che si apriva strana, con "doppia copertina", con quella sopra trasparente tipo serigrafata sulla plastica (ammazza che pressapochismo descrittivo il mio...). Girovagando pigramente sui motori di ricerca, becco subito a che edizione fa riferimento il Cavazzoni, che in effetti pare una replica del trattamento riservato ai Giganti.


Ai bordi c'è la serigrafia (o cacchio sarà mai) plasticosa che riproduce il muro "rotto dal pugno". Poi la plastica si toglie dall'alto verso il basso o viceversa e allora...


Ecco la sotto-cover, che probabilmente si aprirà pure lei strana, tipo origami, a fiore "brutto" con dentro il blu ray, magari pure il dvd, magari pure un bel libricino colorato, figurine e roba traslucida. Peraltro questa versione sgamata in rete sembra contenere pure la colonna sonora (o forse no, che scrivo alle 2 di notte di un mercoledì e non mi va di sbattermi troppo...).


Il cofanetto poi dovrebbe essere tipo così nel suo insieme:
Certo che però sarebbe figo esagerare un po'di più. In fondo Dynit nella super collection del primi film de L'attacco dei giganti presentava, oltre a un un turbine di carta colorata, anche una bella maglietta taglia L unisex (strettina, a fare i pignoli). Puella Magi Madoka Magica, anche lei di 12 episodi circa, fu divisa in tre mega-box con tanta carta e pupazzini Nendroid superdeformed, uno in ogni confezione, rappresentanti tre delle cinque protagoniste. E la mia perversione mi ha fatto a lungo desiderare le due mancanti e ci rimasi malissimo quando nei box extra - lusso dei film legati alla serie non trovai il pupazzume assente... E un po' piansi. E come dimenticare la Figma di Black Rock Shooter, la figure della super-patata-definitiva protagonista dell'anime (che a me non era nemmeno dispiaciuto), la cosa in assoluto più figa di tutta la serie? Insomma Dynit le chicche ce le ha date negli anni, perché non dovrebbe mettercene un po' pure in One Punch Man? Tanto per dire, Nendroid della serie ce ne sono tanto di Saitama quanto di Cyborg


Magari ce ne sono pure altri, ma già questi due sarebbero figherrimi, non trovate? So che li volete già sopra il televisore, al posto della foto delle nozze a Venezia, per la gioia eterna di vostra moglie. E che dire di una bella maglietta?

Sobria, un po' minimal, con Saitama che pare Charlie Brown e quindi non vi bolla a indossarla  come un nerdaccio terminale, ma come un new-chic-post-nerdista. Bazinga per tutti. Certo che la maglietta è una strategia già usata. Si potrebbe pensare a un paio di scarpe a tema.

Rigorosamente mono taglia, 44 per tutti. Che tanto bastano due calzettoni pesanti e se camminare dritti non dovreste uccidervi. Ma avete visto quanto "spaccano"? Sono definitive!!! Certo che si può osare ancora di più, che ne dite del berrettino di lana di Saitama per andare a sciare?


Raffinato, elegante, farete un figurone con i colleghi e se vorrete organizzare rapine in banca farete spisciare i ragazzi alle casse! Ma so che di può fare di più, Dynit può darci oltre a tutto questo qualcosa di più. Che ne dite di un set di uova decorate con la faccia di Saitama?


Si potrebbe vendere un timbrino per le uova oppure organizzare una convenzione con le maggiori catene distributrici italiane per fornire in ogni supermercato uova-Saitama da richiedere previo coupon inserito nella super collection di One Punch Man... No, forse è più pratico il timbrino... però il piatto di Saitama in ceramica?

Lo so, è irrinunciabile. Ci sarebbero poi anche i robi da appendere alla cartella, i copri cellulari, spillette metalliche varie, ma niente per me spaccherebbe di più del costume di Saitama per il vostro gatto.

E ci sono in giro pure cuscini, punchingball, guanti da cucina rossi da Saitama. Forse per metterci dentro tutto quello che vorremmo servirebbe un po' di spazio e un packaging adeguato!


Certo dove la stipiamo tutta questa roba poi? Ma non ci perdiamo in piccolezze, da veri fan, ci penseremo dopo. 
Talk0
E per i primi dieci preordini , dita personalizzate di uno stagista Dynit raffiguranti Saitama!


mercoledì 10 febbraio 2016

Dylan Dog 352 - La calligrafia del dolore


"Sine sole sileo". Senza il sole resto silenzioso. Questa frase in latino è incisa in qualche costoso metallo tra i mille ghiri gori extra lusso che danno sfoggio alla silouette di una penna stra-costosa di proprietà di un notaio stra- costoso. La sua origine è ignota, pare sia unica, pare fosse il corpo di una meridiana solare, pare la stessa penna che cercano di ficcare in un occhio a Dylan già dalla ispirata, grezzamente cattiva e citazionista, copertina a firma Angelo Stano e se facciamo "due più due" con le due vignette iniziali a pagina 5 e la cover già sappiamo come andrà a finire la storia. Forse. Forse abbiamo davanti la versione "Mont Blanc" dello storico numero 5 della serie, "Gli uccisori"? Sarebbe una figata, già mi immagino stragi alle poste, presso le assicurazioni, nei tribunali, le penne che uccidono più delle spade, ma non è così. Forse, la storia è un'altra. Con la penna strana, la più amata di una collezione di penne strane, il notaio Calloway ci firma solo le carte che contano, nello specifico, a pagina 6, il passaggio di proprietà di un mega villone, Mooncaster Manor, dal lord proprietario agli ingessatissimi e impersonali coniugi Goldfinch. Tutti felici, prato inglese e ampio parcheggio, ma solo all'inizio. La signora Goldfinch, Diana, da perfetta ex fidanzata di Dylan Dog, preso il castellone scopre di sentirsi terrorizzata ad abitarci e invita il nostro eroe, pigiama munito, a passare una notte nel maniero. Ma prima è tempo di party inaugurale extra lusso con champagne e cotillons cui partecipa anche la sorellina di Diana, diventata negli anni adulta, sexy e porca, pronta a insidiare il nostro eroe come in un film con Hugh Grant. Gli zomperà nel letto durante l'"investigazione" notturna? Certo, ma subito dopo, in un'orgia horror, si trasformerà in un mostro pieno di denti. La magione diventerà in breve il set di Shining e il nostro eroe senza capire che cavolo sia successo si sveglierà poche scene dopo coperto di bende e di flebo in un letto di ospedale. Pare qualcuno sia uscito pazzo, pare che Dylan si sia salvato per miracolo, pare che il vecchio lord proprietario non sapesse di fantasmi infestanti e ricordi come ultima cosa solo di essersi affidato per il rogito al notaio Calloway. Passa il tempo e presto suona al campanello di Craven Road una nuova cliente. Si chiama Juri, lavora in una autorimessa acquistata da poco, con per soci tipi poco affidabili tra cui la caricatura disegnata male di Vin Diesel. L'aria dell'autorimessa, con mille oggetti taglienti più dalle parti di un Final Destination che di un horror kingiano, la spaventa a morte e così pensava di passare da Dylan a proporgli di fare un sopralluogo. Sempre pigiama munito.


Come andrà a finire? C'entrerà qualcosa l'immagine di copertina?
E' tornata l'era Gualdoni!!! No, non è vero, ma è con questa frase esultante che il buon amico Emanuele mi ha commentato a caldo questo numero 352. Una trama abbastanza godibile, un paio di scene splatter mica male, un oscuro burattinaio purtroppo sotto sfruttato e che aveva le carte per essere qualcosa di più "grosso", forse anche in grado di essere il protagonista di un fumetto spin-off. Peccato. Comunque quella che si respira è davvero l'aria di una volta. Qualcosa di lineare, come i gnocchi il venerdì. Dopo i tormenti interiori, i cellulari parlanti, dopo la perdita della casa-oggetti-identità, dopo essere stato quasi solo ospite della sua testata diventato quasi solo una "funzione narrativa" nel numero scorso, dopo Bloch in pensione ecc. ecc. ecco che il buon Dylan torna protagonista in un numero che potrebbe essere stato scritto benissimo 15 anni fa. Chiamiamola Silver age. I testi sono di Cavaletto e sono graziosi, abbastanza funzionali alla trama anche se avrei personalmente preferito meno dialoghi. Troppo lunga la scena della festa, troppo l'incontro con il lord, l'incontro col notaio. Il pathos manca presto perché lo svelamento del segreto sopraggiunge in un lampo. Ma un paio di buoni twist narrativi ci sono e sono validi, così che sono passato dalla sonnolenza del primo e secondo atto al sincero divertimento del terzo. I disegni sono di Piccato, Riccio, Santaniello e Massaglia. Dovrei avere uno spiegone per capire chi ha disegnato cosa, mi limito a dire che le scene oniriche e sanguinolente, così come quelle action, mi sono sembrate davvero gustose, mentre ho trovato gestita con il pilota automatico la caratterizzazione dei personaggi secondari e le ambientazioni. Belle le sequenza di pagg. 25-31, 49-43 e 79-83. Insomma questo numero l'ho trovato divertente e "classico". Sarebbe stato perfetto per la collana Old Boy. Ma forse rimpiango un po' la sua distanza dal nuovo corso recchionianiano. Perché quella storia voglio davvero vedere come andrà a finire. E storie come questo numero ne ho già lette un bel po'.
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martedì 9 febbraio 2016

Leconseguenze "giocattoli"!!!


Mancava una finestra sul nerdismo più hard core, uno sguardo inquietantemente serio sul pupazzume. E siccome siamo in ritardissimo con le recensioni bonelli ho pensato: ma sì, dai, perché no? Naturalmente nessuno confesserà mai in pubblico se sarà mai in possesso di questi memorabilia e quanto follemente ci ha speso sopra. Ciò che succede a Las Vegas rimane a Las Vegas. 
Oggi comunque vi presentiamo questi cosi. Sono dei prototipi ma credo rimarranno abbastanza fedeli anche sul mercato.
Non sappiamo ancora cosa sarà questo film,  ma io da piccino ne avevo una fraccata di pupazzume dei Ghost Busters e vedere questo aggeggi un po' mi commuove. Ricordo che ogni modellino era venduto oltre che con allegato zaino protonico, munito di buffo fantasmino in plastica monocolore tipo exogini. E un giorno i fantasmini li hanno pure messi "stile sorpresine" nelle confezioni di Nesquik!! Mi ricordo che c'era pure una serie con i pupazzi dei Ghost Busters che con il tasto "spaccimme@" tipo Big Jim si esibivano in facce spaventate strabuzzando gli occhi. Ovviamente c'era tutta una serie dedicata ai fantasmi e il mio preferito era senza dubbio lui


Un giocatore da football che rivelava la sua natura spiritica dal... Deretano...
Non era male comunque nemmeno il mostro - cesso


Peccato che non ce l'ho mai avuto come non ho mai avuto il più bello di tutti, il pupazzone... Che costava un botto e mezzo...


Ma ce ne erano tanti, il postino, il netturbino, l'uomo lupo, la vecchietta. Tutti in qualche modo inquietanti e in qualche modo buffi. Tutti pronti ad essere buttati giù dagli uomini in grigio con i loro zaini protonici (il "raggio" era uno "spaghetto" che si poteva girare veloce dando effetto del laser). Ed eccoci quindi qui, al giorni d'oggi, con le nuove eroine in grigio-rosa. E voglio crederci, tanto, che il film sarà bellissimo, anche se con ogni fibra del mio essere tutto mi dice di no. In fondo queste pupazzette non sono niente male... Speriamo. 
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giovedì 4 febbraio 2016

Dragonero n. 30 : Il contagio ; Dragonero n. 31: L'agonia di Yastrad



Regione a nord ovest di Merovia, regno di Ta'Ras, villaggio di Nadiva, subito dopo l'autogrill. Pure nel mondo di Dragonero sono arrivati gli zombie. Ormai li ficcano ovunque, mancano solo sui cereali ma prima o poi ci arriveremo. Tutti li vogliono, tutti li amano, loro sono un po' stanchi perché credono che giorno dopo giorno abbiano sempre meno da dire, ma devono continuare a incedere stanchi sulle strade distrutte di mille film, videogiochi, serie tv.  E il loro sguardo dal semi-vacuo modello "mucca che osserva il treno" sta negli anni diventando sempre più espressivo, dolente. Quasi sembrano implorarci: "Basta!! Lasciateci sepolti per almeno due pomeriggi a settimana, andate a rompere le palle agli uomini lupo!!". E invece niente. Ma  i non morti sono professionali, timbrano il cartellino pure nei fantasy. Si dispongono in fila con i vestiti sgualciti, facce smunte e le gambe storte a mugugnare "uggghh ggghuuug". Ciak si gira e già il primo di loro si becca una sfilza di frecce sparate da una balestra fantasy. Ormai la balestra come arma anti-zombie è ultra-cool. Il contagio di Nadiva tuttavia "non ce la fa", l'esercito dell'oscuro Lord Casco sta piegando i non morti sul nascere. Come "Chi è Lord Casco"? Se leggete Dragonero lo sapete di sicuro, lo abbiamo già incontrato, non mi fate gli smemorati. Ricordate l'episodio con l'automatico pinocchio? Sta di fatto che l'esercito sta esagerando con la pulizia del borgo, sta decidendo di fare fuori per precauzione pure dei non contagiati. E allora una anziana e fiera monaca guerriera locale si ribella e alza il bastone puntuto contro i "salvatori". Ne picchia un bel po', ma poi cade. Gli zombie devono infine essere riusciti a mettersi pure nei cereali. Una reazione alla "alien" la uccide da dentro, forse il frutto di un'arma biochimica pseudo-tecnocrate e un po' elfica di matrice oscura e fungiforme. Una roba strana che Casco Nero chiama "Saphis". L'oscuro figuro ridacchia, tutto il contagio sembra essere stato una prova sul campo, un test in stile Resisent Evil, si alzano le tende e un cielo oscuro, sotto la neve, sempre presagire sfighe future per Erondar. 


Ma torniamo a Solian in riva al mare, nell'orticello della casetta di Ian e Gmor. Sarà passata la maretta nella coppia più amata del borgo? Non lo sappiamo ma... ammazza quanto si è fatta gnocca la piccola Sera!! Disegnata da Gregorini, l'elfetta sfodera un fisico da urlo, con delle gambe scoperte mai così sexy gira scalza e seminuda, coperta solo di una canotta da Miss maglietta bagnata. Ma forse, civettuola, nasconde un push- up. Indagheremo. Ian è in casa pensoso, sta riguardando il ritratto di una monaca guerriera, la stessa che abbiamo visto poche pagine prima contro Lord Casco. Ha come avuto un presagio. Mentre si siede su una sedia a rovescio, con uno stile che ricorda Jennifer Beals in Flashdance, Sera chiede incuriosita al nostro eroe chi fosse quella signora ritratta ed ecco che il biondo parte con il nastro dell'amarcord. Gmor intanto dorme fuori, narcotizzato da Sera. Il manage familiare ci pare parecchio strano ma non ci danno tempo di indagare perché la trama seria, quella "grossa" incombe. Così eccoci a pagina 26, dove un'altra vecchia conoscenza della serie fa capolino. Non vi ricordate di lei? Dai, oggi mi sento buono e vi do un altro indizio. Ricordate il mondo fatto come le copertine dei Supertramp? Ricordate la tecnocrate che aveva inventato dei vestiti in pelle con zip veloce per denudarsi prima? Indietro nel blog di sicuro trovate qualche indizio. E cosa fa questa vecchia conoscenza? Cospira anche lei e c'è in ballo, di nuovo,  qualcosa  che ha a che fare con i non - morti, i non morti  e i "funghi ". Aspetto che forse  avrà delle ripercussioni su una vecchia amica di Ian e Gmon, che è parente di gente, gli Eleusi, che coi funghi ci vive e commercia senza voler per forza zombificare la gente. Daranno la colpa a loro, le masse inferocite modello episodio dei Simpsons? E chi è questa amica? Ma come, non la riconoscete? Ma c'è qualcuno tra chi sta leggendo questo blog che legge Dragonero? Sta di fatto che Ian andrà a indagare. Anche perché a lui la pizza coi funghi degli Eleusi è sempre garbata. Ma soprattutto in questa storia ce li avremo sei minuti sei tra questo e il numero dopo per parlare della forse scampata crisi familiare tra Gmor e Ian?


Le lettrici lo chiedono! E noi le accontentiamo, nei limiti. Qualcosina c'è. Oltre a narcotizzare l'orco per stare un po' con il papi sembra proprio che la bambina stia cercando di riparare i rapporti uomo - orco, spostandosi a mo' di orsacchiotto tra l'uno e l'altro, perfino mettendosi in pericolo per focalizzare su di lei l'amore dei due eroi. E noi la capiamo, con quello che costa vitto e alloggio e trovate una quercia in affitto a equo canone in tempi di crisi, Sera deve salvare la coppia. La strategia forse funzionerà, ma ancora non lo possiamo sapere. Vi terremo informati.
Nuovo doppio numero di Dragonero. Un numero in cui sentiamo per la prima volta in modo, possente muoversi il più grande amore e nemico immaginabile da ogni lettore. La continuity. Croce per il lettore occasionale o distratto, ma anche delizia per il lettore attento, la continuity ha strisciato nel buio per mesi e mesi, per una buona trentina di mesi direi.  E' stata nascosta nell'ombra, in attesa che fosse dato alle stampe, perché li scoprissero o riscoprissero tutti, lo stupendo volume che racchiude, colorata, la ristampa del romanzo a fumetti che ha dato inizio a questa serie. Costa una mezza fortuna ma vale oro quanto pesa. E' poi arrivato il gioco di ruolo, i due gustosi libri di Dragonero in libreria, a firma il primo Vietti e il secondo Enoch (da poco uscito), ha visto la luce il primo albo special dedicato al mondo fantasy del nostro eroe (con una storia un po' moscetta e frammentaria ma con bei disegni a cui non riusciamo a volere male). E poi la continuity si è rivelata, ha detto: "Eccomi qui, bella gente". E' esplosa e con noi pure la nostra percezione degli ultimi eventi, come la tazzina di porcellana di Chazz Palminteri nel finale dei Soliti Sospetti di Singer. 
Kobayashi. Tutto serviva, tutte le trame erano unite da un filo rosso che noi un po' intuivamo e un po' non ce lo aspettavamo, esteso in un modo tanto radicato. E così di colpo in una storia sola ci becchiamo riferimenti ad almeno una decina di numeri e speciali vari. Personalmente da "quasi esperto" della serie devo dire che tutta questa continuity mi ha elettrizzato. Non so che effetto farà al lettore più frugale, quello che prende ogni tanto e resetta quanto appena letto dopo due ore. Ma se questa storia vi prende, non escludo che vorrete poi andare di recuperi. Davvero bella questa minisaga. Parte con base horror e diventa un vero casino fantasy pieno di gente che si mena a cavallo di viverne e tizi che paiono i sith di Guerre Stellari. Ho apprezzato parecchio una certa scena sull'Inframondo. Mi sono piaciute le invasioni zombesche (di più la seconda), che pur non essendo del tutto nuove alla serie sono sempre gustose. Ho apprezzato gli intrighi politici che ci spingono per una volta a dare uno sguardo in più alla cartina che sta all'inizio di qualche albo. Forse ci avviciniamo a qualcosa di bello grosso, di coerente e già programmato, genialmente da molto, molto tempo. Ho poi goduto per la sboronaggine bellica sfoggiata dal veliero imperiale corazzato che dà sfoggio di se anche sulla copertina del numero 31. Mi sono esaltato per scontro di Gmor contro una bestia bella grossa. Dragonero come serie sta crescendo sempre di più e noi gli vogliamo sempre più bene, ci sentiamo anche noi sempre più degli abitanti di Solan, dei vicini di casa della strana coppia uomo -orco,  desiderosi di provare la composta di mirtilli di Gmor . 
Enoch e Vietti ai testi hanno quindi fatto davvero un gran lavoro, sia nei numero precedenti, dove è nata e cresciuta la mitologia di questo mondo, che qui, dove si tirano tanti fili e si respira davvero l'epica. Ci aspettiamo tantissimo da Dragonero e candidamente ci sentiamo di affermare che è la serie Bonelli più riuscita degli ultimi anni. 
I disegni di questi numeri sono degli ottimi Gregorini e Olivares. Da applauso e standing ovation, come sopra accennato, la rappresentazione della elfetta Sera, mai così sexy, erotica, soprattutto nelle prime pagine del numero 30. Le tavole poi sono davvero superbe. Tetre, come una storia di non morti impone, cariche di colpi di scena, di combattimenti disperati e di contagiati che rantolano a terra. La dimensione del contagio è poi enorme e sono disegnati interi eserciti in armi a contrastare il diffondersi del morbo. Cavalieri che volano sul dorsi di viverne, fortezze volanti alimentate come Zeppelin. Le tavole esplodono di azione e sono sempre particolareggiate, ricche, dinamiche. Un vero spettacolo.
Dopo questo numero immagino una storia più piccola, per riprendere fiato. Ma già siamo ansiosi di avere nuovi grossi bocconi di continuity. In fondo non è così male. 
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