venerdì 21 agosto 2015

Ant-Man


Scott Lang (Paul Rudd), ladro acrobatico- robin hood moderno, con la faccia da schiaffi e totalmente inaffidabile (quando non lavora) da poco scarcerato, ha un problema. I datori di lavori non lo assumono, neanche in una gelateria, nonostante tutti trovino fighissimo il suo passato da Lupin hi-tech. Appena scoprono la sua fedina penale arriva immediata la liquidazione, nel caso della gelateria una bomba alla panna offerta dalla casa. Scott ci prova a rigare dritto e a non farsi coinvolgere in nuove truffaldine avventure dal suo amico ed ex socio, il latino, simpaticissimo e delirante spara-stronzate Luis (Michael Pena). Luis ha pure messo su una nuova banda con due soggetti stralunati peggio di lui, attende l'amico per nuove avventure. Scott resiste, ma non può pagare gli alimenti alla ex moglie (Judie Greer), ora sposata con lo scorbutico, routinario e un po' bullo ma affidabile poliziotto Paxton (Bobby Cannavale). Di conseguenza questi non gli non gli fanno vedere, manco nel giorno del compleanno, la sua bambina, la dolcissima piccina a cui piacciono i mostri, la piccola Cassie (Abbie Ryder Fortson). Cosa fare? Ci sarebbe una certa villa di un riccone, isolata e accessibile mentre il proprietario è via. Notizia sicura, comunicata a Luis da un tizio che conosce un tizio che lavora per un tizio la cui cugina conferma che un altro tizio glielo ha detto. Luis quando parla, stra-parla sempre in questo modo, aggiungendo dettagli incredibili che lo vedono presente in posti impensabili. Un mito. La possibilità per Scott di essere un bravo padre sembra scontrarsi con la necessità di un ultimo lavoro.
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Scott e Luis si preparano, schierando in campo il loro team, il bulletto gangsta iperattivo Dave (Tip Harris) e il taciturno esperto informatico che parla con un surreale accento dell'est europa,  Kurt (David Dastmalchian). Ed è fantastico, spiscioso e imprevedibile il modo in cui questo team lavora; dei cretini integrali dotati di guizzi semi-professionali. Non saranno e non sono gli Ocean's Eleven ma non puoi che tifare per loro. Primo colpo, la casa del ricco per permettere a Scott di tornare a fare il padre, in qualche modo...
Il dottor Hank Pym (Michael Douglas) proprietario di un villone isolato da poco nel mirino di brutti tizi, ha un problema. Un tempo era un membro dello Shield insieme all'agente Carter (Hayley Atwell, sempre brava e che da Captain America alla miniserie sull'agente Carter è uno dei personaggi  più belli dell'universo Marvel) e Howard Stark (qui interpretato appropriatamente da John Slattery, evitandoci di vedere Dominic Cooper, da bel mascellone, indossare una irrealistica parruccona bianca e righe dipinte a mano stile Harry Potter post Harry Potter).
Lavorava in missioni segrete con una tecnologia super segreta creata da lui. Forse era addirittura un supereroe. Poi qualcosa si è rotto, nel 1989. Hank ha fatto i bagagli ed è diventato un imprenditore privato. Nel ricostruire i cocci della sua vita ha per lo meno cercato essere un buon padre per una figlia tosta, determinata e intraprendente Hope (Evangeline Lilly). Ha cercato di essere un buon mentore per il suo pupillo, l'ambizioso e intelligente  Darren Cross (Corey Stoll).
Darren ha cercato di diventare come Hank seguendolo passo per passo nelle sue ricerche. Lo studio dei raggi "Pym", in grado di alterare le dimensioni degli oggetti e forse delle persone. Ma alla fine si è spinto in un territorio pericoloso, lo stesso che in passato aveva avvicinato Hank allo Shield. Brama di poter scrivere il futuro, portare l'uomo alla miniaturizzazione. Per proteggere il pupillo da una ambizione che fin troppo gli ricordava se stesso, ragionando  più da padre che da mentore, il dottore ha agito nel modo sbagliato, ha cercato di rallentare e ostacolare le ricerche di Darren, lo ha reso insicuro e nevrotico, perennemente timoroso di non essere stato accettato come suo erede. Le particelle con cui fanno ricerca sono inoltre in grado di aumentare l'instabilità emotiva di chi ne viene esposto e Darren si è davvero troppo esposto, di esperimento dopo esperimento, a questa dannosa e fantascientifica fonte di energia. Il suo equilibrio è compromesso e potrebbe fare azioni azzardate e sconsiderate. Non sogna più piccoli uomini ma un esercito di piccoli e letali soldati da vendere al migliore offerente. Anche Hope odia Hank, pur non riuscendo comunque a separarsi da lui, rimanendo strategicamente legata all'azienda. È stato un padre assente e non ha mai creduto nelle sue capacità di guidare l'azienda, preferendogli Darren. Hank più volte le ha detto che ha scelto così per proteggerla, dal mondo e dalla sua cattiva stella, di non volere replicare con lei gli errori fatti con la madre e con Darren, ma a lei non basta. Bisogna fermare l'ambizione di Darren. Hank tiene nella cantina della sua villa una certa tecnologia fantascientifica da lui sviluppata in passato e abbandonata, con quella si potrebbe mandare a rotoli il sogno di conquista del mondo che ora sollecita troppo Darren. Ma, di nuovo,  Hank vuole lasciarla in panchina. Ha scelto qualcun altro per quella missione, cercandolo con cura tra tanti. Un uomo che, inconsapevole, sta per rapinare la sua casa insieme a una piccola banda di fessi.


I Marvel Studios espandono ulteriormente il loro universo narrativo "condiviso" o MCU con l'ultimo film della cosiddetta "fase due". E dimostrano nuovamente che sono in grado di produrre film validi anche se basati su personaggi misconosciuti come I Guardiani della Galassia o questo Ant-Man. La riprova che al di là dei forum di appassionati ultra nerd, nel mondo "reale" non hanno lo stesso peso le classifiche, chi è il personaggio più venduto e amato o quello che ha più testate in edicola. Perché in fondo il grande pubblico parte sempre "da zero" per chi non è Batman o Spiderman, tutti gli altri supereroi colorati stanno nello stesso "barattolo" delle cose per bambini o ultra appassionati di cui non frega nulla a nessuno. Almeno fino a che non esce un bel film, che sappia incanalare il sense of wonder e i mille mambo-jumbo degli eroi di carta sul grande schermo.
E adattare Ant-Man per il grande schermo è un sogno che si realizza dopo anni e anni di tentativi. Addirittura era nell'aria negli anni '90, ma il lavoro dovette essere infinite volte rimandato per non finire nel "mucchio" di film che hanno affrontato la stessa tematica, dalla saga di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi ai recenti Antbully, Epic, Arthur e i Minimei, senza parlare dei film propriamente sulle formiche e insetti vari come Antz e A Bugs Life, senza dimenticare l'Ape Maya!!
Insomma, vedere unicamente il mondo dal punto di vista di un insetto, una delle chiavi di Ant-Man, non è una cosa che oggi, per quanto ben fatta, sorprende il pubblico moderno. Come non lo sorprendeva pure negli anni sessanta e settanta tra viaggi di Gulliver et similia.
Servivano chiavi di lettura nuove, e un sacco di stile.
E arriviamo quindi ad Edgar Wright, l'autore di un bellissimo cine - comic, underground, come Scott Pilgrim (bellissimo, da recuperare, pieno di trovate visive e in cui c'era pure Chris Evans in vesti cine-supereroistiche) e co-sceneggiatore con Simon Pegg e Nick Frost della famosa trilogia del Cornetto (L'alba dei morto dementi, Hot Fuzz! e La fine del Mondo... I titoli italiani) .
Mi ha fatto specie trovare al cinema prima di Ant-Man il trailer di Absolutely Anything, il nuovo, surreale film di Simon Pegg sullo stile di Una settimana da Dio con Jim Carrey.
Anche perché Yes Man, l'ultimo film di Carrey che ho visto al cinema, un'era geologica fa, era proprio di Peyton Reed, il regista che ha sostituito Edgar Wright alla regia di Ant-Man, tipo due giorni prima delle riprese, dopo una pre produzione di quasi dieci anni. Strano come si intreccino a volte i fili del destino. Ma stiamo sul pezzo.. La produzione di Ant-Man, dicevo qui sopra, è partita ben dieci anni fa. Un'enormità astronomica di tempo, sulla scorta dell'entusiasmo e genio di Edgar Wright stesso che ha convito il mondo sul progetto. E poi, due minuti prima del ciak, con la sceneggiatura di Wright definita da tizi come Whedon la più geniale delle sceneggiature geniali della storia, la Disney, per divergenze creative lascia a casa il regista inglese, preferendogli un proprio "Yes man" (in gergo uno sgobbino esecutore senza personalità, il dipendente più fedele quanto amorfo e privo di idee, auto conservazione e intuito) non solo perché già loro sgobbino per robe tipo "Il maggiolino tutto matto 2 Direct-to-video- che -è-osceno" , ma anche perché è un tizio che ha fatto un film intero sugli Yes Man. Una cosa così meta-cinematografica sulla sudditanza psicologica e sulla morte della creatività allo scopo di compiacere oscuri omini della produzione (che si occupano di vendere non di fare cinema) che è partita in rete la ribellione spontanea e odio verso il progetto. Manco noi (clicca qui
) eravamo entusiasti della cosa, anche perché Paul Rudd ci è sempre stato sulle palle, con la sua faccina sognante e svogliata sua tipica..
Questa faccia da pistola qua, per intenderci...


La sceneggiatura veniva quindi riscritta e de-wrightizzata di conseguenza, probabilmente dalle stesse mani che hanno sforbiciato di mezz'ora l'ultimo Avengers The Age of Ultron, creando la famosa scena "accazzo" della fonte termale di Thor che saddio ci spiegheranno mai.
Un film su un'idea, la miniaturizzazione, stra-abusata in mille film. Su un personaggio che non si caga nessuno da anni (Scott Lang nei fumetti è morto proprio da una buona decina di anni, salvo riesumazioni all'ultimo minuto propedeutiche alla pellicola in uscita) anche perché piuttosto controverso (ma ne parliamo dopo). Ennesimo film sulla "genesi di un eroe", che nella struttura ricalca pure parecchio il primo Iron-Man. Effetti speciali strepitosi e simpatia per un paio di scenette comiche a parte, uniche cose che salvavano il trailer, l'ombra della catastrofe incombeva su questo ultimo film Marvel. E invece.
Scopriamo che Ant-Man, personaggio di nona fila nel fandom, ultimo tra gli ultimi in classifica, il fesso che manco ha le ali come Wasp e preferisce stare come un fesso a cavallo di una formica volante che si chiama Anthony, è stato qui reso in modo davvero interessante, nonostante tutte le brutte premesse. Se avete visto il trailer non si fa mistero sul fatto che Scott Lang erediti da Pym la tuta di Ant-Man, si faccia un bel corso di addestramento e impari piano piano, insieme agli spettatori, i suoi mirabolanti poteri.
Il primo passo è il rimpicciolimento, avviato in modo fortunoso, in una scena spettacolare quanto vertiginosa. Di acqua sotto i ponti ne è passata dai tempi di Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi; in una lunga quanto spettacolare sequenza vediamo il nostro microscopico eroe intraprendere il suo personale viaggio allucinante nel mondo del molto piccolo. Una autentica girandola di trovare visive. Il rimpicciolimento nasconde anche un super super potere, cui però si lega un enorme pericolo, uno degli aspetti più geniali e in qualche misura inquietanti della pellicola, che rimanda direttamente ad un classico della fantascienza americana che ai tempi, anni '60, è stata forse una delle fonti di ispirazione di Stan Lee.

Tre millimetri al giorno di Richard Matheson, autore anche di Io sono leggenda e di una serie di libri irrinunciabili per chi ama questo genere e l'horror.
Apro parentesi. Già che ci sono voglio anche consigliarvi un fumetto in qualche modo "speculare" al libri di Matheson, della linea Panini Comics 9L, 3 piani La storia segreta dell'Uomo Gigante, dell'astro nascente del fumetto Matt Kindt, che per quest'opera ha vinto il prestigioso premio Harvey. Se lo leggete poi fatemi sapere.  Ha scritto anche l'allucinante e geniale  MIND MGMT di cui parleremo presto. Chiusa parentesi .
Al rimpicciolimento di Ant-Man consegue poi un particolare "mambo-jumbo" cioè un artificio narrativo un po' strampalato... Parliamo di fumetti e non testi scientifici ma a volte non si sta troppo a considerare la coerenza scientifica almeno esterna... almeno accennata. Diciamo "va così perché è così..." e perché Ant-Man come supereroe rimane una sostanziale pippa. In ragione di questo mumbo-jumbo (anche la costruzione di Ultron era un po' un mumbo-jumbo, ma non voglio qui divagare), Ant-Man a statura normale ha la forza di un uomo di 90 kg addestrato nel Krav Maga  (da Hope, Evangeline Lilly, che combatte pure bene, con belle prese e controprese e mette una bella dose di erotismo negli scontri) . Forte ma non pazzesco. In statura ridotta Ant-Man, salcazzo e mumbo-jumbo, conserva la forza di un uomo di 90 kg. Super forte e superveloce potremmo pensare, nel film si dice pure veloce come un proiettile. Ma è nei fatti più un modo di dire, la forza c'è ma sempre "fino a un certo punto". Se si lancia in formato micro contro un nemico, non lo buca da parte a parte come un proiettile, ma gli dà giusto un pugno da uomo di 90 kg. Non fosse per quel puntino sullo schermo che lo rappresenta, l'effetto è di vedere un uomo colpito da un pugno invisibile. Non fosse così Ant-Man potrebbe buttare a terra Hulk, senza limitarsi invece, come fa spesso, a rimanere appeso ai suoi peli del naso.


Per l'appunto.
Tuttavia se corre e cambia dimensione un po' di velocità extra la trova, unita al fatto di apparire sostanzialmente invisibile e arduo da colpire per la sua formale "leggerezza". Questo aspetto, legato al Kraw Maga e a un paio di colpi bassi va a costituire il suo unico stile di combattimento, che incarna a pieno la furtività del personaggio. Esempio scontro frontale tipo. Si rimpicciolisce per evitare attacchi diretti, corre in mezzo alle gambe dell'avversario, salta alle sue spalle, torna a dimensione normale tenendo il bacino a livello della faccia del nemico (con gli occhi del nemico che gli guardano il "pacco" per intenderci) e le gambe, a cavalcioni sulle spalle attorcigliate dietro la schiena. Da qui fa leva per schienarlo dall'alto (come fanno duemila wrestler e tremila luchaderos) rimpicciolisce per essere più veloce e lo butta a terra. A vederlo è uno spasso, c'è un combattimento nel film con un certo noto personaggio Marvel che è uno spasso. A corredo di questo stile di combattimento ci sono un paio di simpatiche armi e poi, naturalmente, le formiche.
Il caschetto della tuta ha lo scopo di permettere la respirazione dell'eroe, filtrando l'aria e rendendola compatibile con il suo organismo a seconda della dimensione. Permette inoltre di comunicare con gli esseri umani e, grazie al secondo grande mumbo-jumbo, con gli insetti. Non è chiaro come funzioni, dovrebbe essere un congegno di tipo telepatico legato all'elettromagnetismo (o ricordo male? Boh...). Sta di fatto che se vuole parlare con le sue formichine il buon Scott deve avere "pensieri felici" come accade nel mondo di Peter Pan per poter volare con la polvere di fata. A una certa, Scott riesce a comunicare e noi archiviamo la pratica come superpotere, sta di fatto che con questa abilità viene in luce il potere più divertente da vedere. Il nostro eroe si mette al comando delle formiche.


E qui parte tutto un trip che so farà gasare il mio socio Gianluca, amante degli insetti e cultore come me di quella trashata senza speranza che è Terraformars.
Ci sono varie tipologie di formiche, e ognuna ha particolari poteri.
Cambiano di dimensione, forma e colore, possono essere letali al tocco quanto mettere i piedi sopra a degli spilli o giocherellone che spostano cubetti di zucchero dentro una tazzina di the. Possono formare parole disponendosi come lettere. Sono le coprotagoniste, le co-eroine di questo film. Le formiche. E ognuna è dotata, secondo la razza, di propri superpoteri. Formiche che volano in formazione come elicotteri. Formiche che si incastrano tra di loro in grado di formare corde  o passaggi sul vuoto. Formiche in grado di sprigionare piccole scariche energetiche. Formiche d'assalto. Insetti che con la tecnologia di miniaturizzazione possono essere ulteriormente armati, corazzati, dotati di telecamere. Ottime combattenti, esploratrici attente, alla bisogna soldati del genio costruttori o assaltatori in grado di rivoluzionare un campo di battaglia. E Scott, con una sella griffata a cavallo della formica volante Anthony (Pym dà alle formiche invece solo un numero e non un nome per evitare attaccamenti emotivi) guida centinaia di formiche. Le alleate migliori per penetrare in luoghi inaccessibili. Con queste qualità Ant-Man diventa la spia Marvel per eccellenza (almeno sulla Terra e in luoghi dove le formiche possono sopravvivere), l'eroe ideale per un heist movie o "film sui furti".
E in ossequio agli Heist Movie più famosi, Inception, Ocean's 11, Trappola di cristallo, The Italian Job e i vari Mission Impossible, Marvel crea il suo Heist Movie supereroistico.


C'è la fase del reclutamento, lo studio delle planimetrie, dei percorsi che seguono le guardie, il gancio da piazzare all'interno, il tecnico che segue gli spostamenti di tutti con telecamere di sorveglianza o gps, chi blocca le comunicazioni con la polizia e vigilanza intercettando le chiamate, il driver pronto alla fuga rapida, i gadget per superare casseforti e ostacoli. E ovviamente l'acrobata che deve farsi largo tra griglie laser collegate agli allarmi. Il pacchetto completo reso più fantasy da un ladro invisibile alla guida di plotoni di formiche che gli costruiscono il percorso. Il film ha parecchie scene action, davvero spassose. Si gioca ovviamente sulle dimensioni, con tubature dell'acqua che diventano fiumi in piena, con computer ultra tecnologici che visti dall'interno a dimensioni micro appaiono come città futuristiche alla Tron. Un sacco di modellini in scala, plastici di edifici, che diventano strutture enormi e al contempo ridicole, abitate da pupazzetti in scala di plastica. Tutto riesce a sembrare grande quanti piccolo, in una continua smitizzazione della scena. Così anche i colpi più audaci, per quanto elaborati, devono sopravvivere alla morsa del ridicolo che il lillipuziano eroe un po' impone. E quando le scene di lotta impongono di vedere, almeno da lontano, un paio di pulci che di menano saltellando è qualcosa di straniante. Grande e piccolo, piccolo e grande, micro e macrocosmo che si combattono e si sovrappongono di continuo. In questo caos surreale il film riesce a mantenere una leggerezza sublime grazie a un registro che sa ben dosare dramma e humour, merito di attori ispirati e decisamente in parte.
Come accennato nell'introduzione è sostanzialmente uno il tema principale che declina questo superhero movie, la paternità o in senso lato e fumettistici la "legacy".
Sotto questo ultimo profilo trovo un po' strano che sia la Marvel e non la DC, che a livello cartaceo è decisamente più esperta in materia, a sviluppare in un film la legacy. In sostanza il legame tra eroi vecchi ed eroi nuovi, il fatto che un eroe del passato alleni un successore per poi affidargli il suo mantello e i suoi poteri. Ant-Man è un film che parla di diverse "generazioni" di eroi, peraltro con dei rapporti sviluppati originariamente per questa pellicola. C'è un padre che ha "indossato il mantello", vecchio e pieno di rimpianti.  Una figlia che vorrebbe ereditare il ruolo, ma che lui tiene a distanza, per proteggerla. C'è poi un primo apprendista, volenteroso ma che sembra troppo affascinato dal lato oscuro della forza. C'è quindi un secondo apprendista, apparentemente diverso dal vecchio eroe, ma che ha in comune con lui l'amore una figlia, ha lo stesso cuore. Chi può salvare il mondo deve comunque incominciare dal voler salvare e dall'amare la propria famiglia. Grande e piccolo, micro e macro cosmo che duettano, come Star Lord nei Guardiani della Galassia che affronta in mondo alieno con meno paura con alle cuffie la awesome mix vol.1 registrata per lui dalla madre. Michael Douglas è un perfetto Hank Pym, nella misura in cui riesce bene a incarnare le diverse e contraddittorie anime del personaggio di carta. Grazie anche ad un piccolo aiuto, offertogli dal personaggio di Darren Cross.


Servirebbe un trattato per descrivere l'evoluzione di Hank Pym negli anni di vita editoriale. Tagliando corto si può dire che è sempre stato un personaggio così piccolo e poco amato che pur schierandosi dalla parte dei "buoni" gli sceneggiatori si sono spesso presi la libertà di farne una specie di psicopatico.  Per movimentare un po' le storie, si intende. È un inventore geniale, ma non si controlla e crea Ultron. Saltuariamente picchia la moglie, l'eroina Wasp. Anche se succede molto più raramente di quanto si può immaginare è un aspetto davvero brutto, ripreso e sottolineato da Millar negli Ultimates, dove Pym pare pure schifato dalla mutazione in insetto della ragazza, al punto che dopo le botte la intrappola in un'aspirapolvere. Offre poi il costume a Scott, ma continua a sviluppare, mai contento, altre abilità e costumi. Crea Giant Man, sui ripresenta poi come cattivo indossando il costume di Calabrone e diventando negli anni un così bastardo doppiogiochista che per salvare il character nel crossover Secret Invasion si ipotizza che il vero Pym  fosse stato rapito anni prima dagli alieni mutaforma  Skull e sostituto con uno di essi. Di recente con la scomparsa della moglie ha preso lui l'identità di Wasp e ha trasfuso nel robot Jocasta l'identità di lei. Solo che Ultron, che in fondo è il suo figlio pazzo ribelle ha rapito Jocasta e quella ha deciso di stare con lui. Insomma, gliene capitano di ogni, anche se è un genio. Il film semplifica decisamente le cose, nobilita un po' il personaggio. Rimane ombroso ma i suoi aspetti più tetri sono trasposti su Darren Cross, che diventa lui il calabrone, una specie di Iron-Man in grado di cambiare dimensione, sparare e volare, ma privo del "potere fatato e ingenuo" di guidare gli insetti chiamandoli per nome. Hank non ha superato la morte della moglie, forse ne è in qualche misura colpevole o forse non avrebbe potuto in ogni caso salvarla. È sicuro che i suoi esperimenti siano pericolosi ma non riesce a vedere che Hope è pronta, che Hope in fondo lo guarda come il suo eroe esattamente come Cassie vede un eroe nel suo sfigato ed ex detenuto padre. Il particolare che mi è piaciuto di più di questa sceneggiatura è proprio questo, il fatto che i figli vedano nei padri i propri eroi personali anche quando eroi, o supereroi, non lo sono più o non lo sono ancora. E' molto tenero ed è bello quando succede anche nella realtà .
Evangeline Lilly è carica, sembra volerlo a tutti i costi quel costume e ha tutte le carte in regola per usarlo, riesce a controllare le formiche, sa combattere, pianifica strategie. Sembra di vedere il colonnello Rhodes nel primo Iron Man che guarda l'armatura di War Machine e si rammarica, determinatissimo, che ci salirà la prossima volta. La Lilly non è per niente il sesso debole e non è lì a fare la tappezzeria. E si diverte in sacco, come del resto si è divertito e ha dato il meglio Michael Douglas, che si è pure emozionato quando si è visto ringiovanire grazie alla magia della ILM.


Paul Rudd, non lo avrei mai detto, è davvero perfetto nella parte quanto lo è Tony in Iron Man. Si è cucito addosso la sua controparte cartacea, fa del volare basso la sua filosofia di vita ma è destinato a cose gradi. Letteralmente gigantesche.
Mi è piaciuto molto di più di quanto averi immaginato. Davvero molto bello il suo rapporto con la figlia, naturale e non forzato, così come sono più sfaccettati di quanto inizialmente appaiono i rapporto che lo legano con la sua ex moglie e con il poliziotto che ha sposato, interpretato da un bravissimo, gigantesco e irresistibile Bobby Cannavale. A volte serio a volte comico, Cannavale sembra un cartone animato, esattamente come la crew di Scott. Proprio i soci di scorribande di Scott richiamano le fesserie divertenti dei fumetti con protagonista Eric O'grady, il terzo Ant-Man, in qualche modo pure lui così omaggiato. Il trittico di cretini capitanati da Michael Pena, logorroico e simpatico oltre ogni immaginazione, è il fiore all'occhiello della linea comics dello show. Le loro azioni non sono però scenette asettiche, riescono a essere per me perfettamente funzionali e integrare alla scena, anche inaspettatamente risolutive, se deve tornare Ant-Man in scena spero che li faccia anche il suo gruppo. Butto nella parte comica anche lo scontro con un celebre personaggi Marvel misterioso, una roba così tragicomica che non si capisce fino a che punti sia scarso lui o fortunato Scott. E poi c'è il finale, sempre ossequioso del tema della paternità e il suo influsso nel micro - macro mondo. Una sequenza finale inaspettata che per me assume quasi i toni della favola, dando un sapore a questa pellicola diversissimo da quanto i Marvel Studios ci hanno presentato finora. Una chicca, davvero.
Lascio per ultimo l'aspetto forse meno riuscito del film, il personaggio interpretato dal comunque bravo Corey Stoll, Darren Cross. Ed è un peccato perché le potenzialità di qualcosa di più strutturato ci sono, sono accennate in più punti, alcune scene che lo riguardano sono decisamente forti, incisive. Cross poteva essere sfruttato meglio esplorando maggiormente il suo rapporto con Pym, c'è una scena importante in cui Pym lo guarda e dice che non poteva essere il suo erede perché in lui "vede troppo se stesso". È una scena dura, forte, che ci manda parecchio di traverso anche il personaggio di Douglas. In fondo Cross sta facendo ciò che ci si aspettava da lui, ha il potenziale per arrivare un giorno alle intuizioni di Pym, forse, ma la sua continua esposizione ai raggi lo rende pazzo. È, ripeto, una interessante figura tragica di figlio non amato che per compensare le mancanza del padre decide di "svenderlo", come il suo amore per lui, rendendo un prodotto da offrire al migliore offerente, scevro da qualsiasi implicazione etica. Nutre poi un affetto che pare contorto anche per Hope, che non è formalmente sua sorella ma comunque la persona più vicina a una famiglia che possiede. Un amore non corrisposto ma che è riuscito a calmarlo, tranquillizzarlo negli anni. Chi non è amato dalla propria famiglia o non è ricambiato può salvare il mondo? Magari si', ma Cross di fatto decide di non essere un eroe, gioca per se stesso. Corey Stoll in House of Cards era ugualmente confuso, ugualmente incompreso e tragico, la sua performance è buona anche qui. Forse il suo personaggio si è scontrato con un carico emotivo già molto forte in pellicola. Per scelte narrative e poter preservare quella leggerezza di fondo così riuscita, la parte di Cross andava tagliata. Un po' dispiace, anche perché i villain del MCU avrebbero davvero bisogno di essere più in scena, di essere più incisivi. Questo non è un problema dei solitari numeri primi, dove l'origine dei poteri del personaggio o la costruzione e conoscenza del suo gruppo incanala il 90% del tempo. Ma il problema si affaccia poi con i film successivi, inevitabilmente. Vabbeh , non è il caso di questo Ant-Man.
Verdetto.
Marvel Studios incassa un nuovo successo scommettendo pesante su un cavallo che sembrava partire zoppo. È un film sorprendente, divertente, veloce e piuttosto originale, ben recitato e carico di trovate visive interessanti. È poi un film "fatto in scala", che smitizza un po' il proliferare di esplosioni galattiche cui ci hanno abituato ormai quotidianamente i prodotti Marvel. Una roba così insolita che sembra vedere un film di Michael Bay a telecamera fissa su un duello di scacchi in bianco e nero. E pure divertente. Rimangono i limiti evidenti di un fumetto che anche se aspira alla fantascienza , fumetto destinato ai bambini (pur di tutte le età) rimane. I poteri di Ant-Man, pur originalissimi, rimangono altamente contraddittori da spiegare... Allo stesso modo di un martello volante. A non fare i fiscali su questo c'è da stare felici in sala per un paio d'ore. E dovreste vedere i bambini come sono rapiti dallo spettacolo. I primi dieci / venti minuti parlano di continuo non capendo "chi è antman" e "ma io voglio vedere antman". Tutta la parte con Douglas giovane e Rudd in carcere ve la  rivedrete in dvd senza il chiacchiericcio delle piccole  pesti. Poi arriva il costume e le sue magie... E il silenzio arriva in sala insieme alle boccucce spalancate. In fondo è questo che cerchiamo dal cinema. E a volte capita lo stesso anche per gli adulti. Non sarà a livello dei Guardiani della Galassia, ma rimane un Iron-Man in scala, che riesce svariate volte a divertire. A sorpresa. 
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