lunedì 8 giugno 2015

Cub - piccole prede - la nostra recensione del film che non vedrete mai pubblicizzato su "Mondo Scout"


Sam (Maurice Luijten, che pare River Phoenix da piccolo ed è un giovane attore straordinario) è un bambino problematico che a causa dell'atroce nonnismo che perversa nel suo gruppetto scout non può che diventare ancora più borderline. Gli amabili lupetti sono pronti per una nuova esaltante avventura campestre. Siccome il posto prenotato per le tende è occupato da due bulletti locali e la polizia locale è decisamente demotivata e sovrappeso, il luogo della gita si sposta di un paio di chilometri, in un luogo abbandonato, tetrissimo, di poco vicino a una fabbrica abbandonata dove la gente per la crisi si è impiccata agli alberi. Per non spaventare i bambini, il gruppo dei capi vuole tenere celato il fatto che tale posto sia stato luogo di follia e morte. I capi preferiscono traumatizzare i bambini con una più classica storiella a base di uomini lupo, che possa sfociare in una divertente e pericolosissima caccia al tesoro notturna in un posto ignoto e pericoloso (spero che queste cose non le facciano davvero nella realtà o prima o poi ci scappa davvero la tragedia). Classico umorismo scout. Così si piantano le tende e nel classico stile "da caserma" assistiamo a innominabili atti di sopruso nei confronti degli elementi più deboli del gruppo. Perché hanno gli occhiali, perché sono orfani. Stranamente non "perché sono grassi", una conquista della civiltà belga? Ma forse questa omissione deriva dal fatto che i grassi della pellicola sono macchine da guerra per la pulizia etnica, una specie di vigilanza armata per il gruppo degli stronzi alpha. Sapete? La classica stronzaggine che rende unito un gruppo alpha. Di qualsiasi matrice politica o religiosa. Mai come in questo caso il termine "lupetti" si addice a dei piccoli animaletti bastardi. E se i lupetti-capo sono così ben educati (cioè violenti e bastardi) da essere pronti a fare un ingresso trionfante nella criminalità organizzata, apriti cielo sugli accompagnatori pseudo-adulti. Un volenteroso ma totalmente ottuso Papa-Boy che fa eterni pistolotti morali ma di fatto non ascolta effettivamente le persone con cui parla. Un sociopatico bullo che aizza il gruppo e il suo cane contro i bambini "più deboli" e fa scorribande sessuali nel capo. Una squinzia addetta alla cucina che è tanto umana e carina, ma che sostanzialmente non salva nessuno dal "branco" e fa perpetrare l'omertà generale su vicende decisamente gravi.
Cosa può andare davvero male in questa gita?
Forse il fatto che nella foresta ci sono dei pericoli reali quanto mortali. E l'unico che potrebbe salvare la situazione è proprio Sam. Peccato siano tutti intenti nell'umiliarlo e picchiarlo, non trovando il tempo materiale per stare realmente ad ascoltarlo.
Dal Belgio arriva Jonas Govaerts, un regista che ha all'attivo dei corti e alcune serie tv locali, ma che ha vinto diversi premi. E questa sua prima opera per il grande schermo, Welp (e nel resto del mondo Cub , che suona come "cucciolo" o, appunto, "lupetto"), finanziata con il crowdfunging, passata di sfuggita da noi e ora in home video, ve lo diciamo subito, è una bomba. Un film perfetto, estremamente calibrato sul lato della tensione, ottimamente recitato e pure parecchio disturbante. Un film che pur prendendo una linea del tutto originale, inedita, pesca a piene mani nella tradizione dei migliori film horror di sempre. E pesca anche dalle nostre parti, ai tempi in cui facevamo pure in Italia qualcosa di bello.


Ci sono riferimenti/omaggi alla migliore produzione "sui giovani" di Dario Argento e alle relative sonorità dei Goblin (per capire ciò che intendo basta ascoltare la suoneria del poliziotto... piangerete contenti), suggestioni da Bava (ci metto Il nascondiglio per il discorso della comunicazione tra due "mondi") e Fulci (e naturalmente non possiamo non citare i bambini cattivi di Non si sevizia un paperino), amorevoli occhietti strizzati verso Raimi (pure un duello nel pozzo alla Army of darkness), genuflessioni a Hooper e ai suoi redneck cannibali, nonché alla saga (camperistica, oppure camperista? E quindi pure scoutistica per eccellenza) di Venerdì 13. Ma pure una punta de Le colline hanno gli occhi di Craven. Tanta roba quindi, ma ben integrata, che ci fa voler bene Jonas Govaerts oltre al dato di fatto che è un bravo regista, davvero originale nella messa in scena.
Per me le saghe di Non aprite quella porta e Venerdì 13, magari per un prequel che sia davvero valido, dovrebbero guardare con attenzione a questo Cub e alla costruzione dei suoi personaggi. E magari scritturare pure il suo regista. Si potrebbe così evitare di richiamare Nispel... Perché sebbene quello di Cub appaia superficialmente come una versione in miniatura, con protagonisti bambini, di questi classici horror, l'approccio è anni luce più maturo, soprattutto nella scrittura "realistica" dei personaggi e nella plausibilità dell'intreccio. Ci sono anche qui le scene pruriginose tipiche delle scorribande di Jason, cattivi ragazzi che vengono puniti per la loro condotta e colpi bassi assestati anche a quelli che dovrebbero essere "i buoni" , ma il tutto è ben integrato, funzionale alla trama e, soprattutto, "logico".
Ne esce decisamente male il mondo dello scoutismo. Se succedessero nel mondo reale la metà della metà delle situazioni inerenti al nonnismo che accadono in questo film, l'intera baracca sarebbe da smantellare e bruciare. E si può quasi dire che le figure oscure che si muovono nel bosco, emblema del volto più primitivo dell'umanità, siano quasi da preferire alla follia gerarchizzata che domina il campetto. Formicaio di omuncoli che cantano canzoncine su lealtà, amicizia, bontà e fede nella gloria del Signore davanti al fuoco, per poi manifestare l'odio per i diversi e picchiare nelle tende, all'ombra del falò notturno, gli elementi del gruppo più deboli e indifesi. Almeno la giungla è meno ipocrita.
Questo Cub è una autentica sorpresa, ve lo consiglio senza remore, ne vale la pena.
Se poi vi stanno antipatici gli scout... diviene il film della vita...
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