giovedì 30 aprile 2015

Far East Film Festival 17 - mercoledì


Direttamente da Udine...

Anche oggi, perché siamo fuori forma, siamo riusciti a vedere solo alcune delle pellicole in cartellone, prediligendo il genere horror, che grandi fasti ebbe in passato e spero anche nell'immediato futuro.

Hollow di Tran Ham, è un interessante film vietnamita che parla di possessioni di bambine dallo sguardo inquietante e capelli lunghi. presente il genere? A inizio film una ragazzina coperta di sangue si butta in un corso d'acqua con un pupazzo brutto, che scopriremo essere una roba strana rituale vietnamita. Poco dopo una famigliola felice va dalla santona locale per assistere a un rito strano in cui quest'ultima regala dei soldi benedetti. Naturalmente il pupazzo brutto di cui sopra compare nel fiumiciattolo presso lo studio della santona. La piccola di famiglia lo vede e va a recuperarlo, finendo trascinata in acqua dalla classica mano inquietante di bambina morta con sguardo truce e capelli lunghi. La sorella più grande, che doveva badare a lei, in quel mentre la perde di vista per andare a vomitare (in questo film si vomita molto), la famiglia le darà quindi della incosciente e insensibile sgualdrina, anche perché si veste come Madonna negli anni '80.
Successivamente, dopo che il funerale della piccina presunta annegata è stato fatto senza corpo, mettendo al suo posto nella tomba un totem di ortaggi (strani i vietnamiti), la piccina ricompare, morta, e viene portata in un obitorio gestito da quello che è il personaggio comico del film, perché mangia facendo le facce buffe.


Per via di strani riti che riguardano piante maledette che mangiano feti di pulcino per portare prosperità (strani i vietnamiti), la bimba morta torna dal regno dei morti come inquietante bambina dallo sguardo strano e i capelli lunghi, tanto che la riportano in casa, felici, anche se questa talvolta si tramuta in uno zombie cinereo che erutta sangue. La sorella maggiore allora indaga, tra un vomito e l'altro a causa della sua condizione di sgualdrina incinta pre-matrimonio con disonore che ricade pure sugli avi. Scoprirà una shockante verità e sarà coinvolta insieme alla famiglia, alla santona e al resto del cast in una serie di twist di possessioni multiple in cui gli spiriti trasmigrano da uno all'altro attraverso conati di vomito verde (tanti). Il colpo di scena finale vi galvanizzerà più della 58ma puntata della soap Manuela.
Non che sia contrario ai film con bambine o spettri che si trasmettono attraverso vomito color pisello, ma questo film parte bene, intriga, poi succede il danno e lascia così così. Parte bene perché la cultura sovrannaturale vietnamita è roba che non conosciamo e pure strana forte. Gli attori poi sono adeguati alle parole e la trama si dipana bene, fluidamente. Poi però si vuole arrivare a un twist che dia il "patentino" di pellicola che affronta anche disagi culturali e qui il tutto si accartoccia male. Poteva essere un film riuscito se affrontato in modo più semplice, magari collegandosi al tema della gravidanza, sviluppando idee più vicine all'interessante The Eye 2. Poteva essere un film sulle possessioni diaboliche alla Omen, e in parte con il discorso "fede - non fede" cerca di esserlo. Vorrebbe pure cavalcare il ghost movie "investigativo", stile The Ring. Esce invece un intrigo che perde di senso, sfocia in un melodramma "WTF???", non soddisfa e pretende che gli spettatori da amanti dell'horror mutino in comari che guardano nel pomeriggio Rete 4 senza anestesia. Rimane qualcosa di originale a ogni modo. Avessimo noi santone che donano soldi a pioggia durante delle cerimonie strane.

The Swimmers di Sophon Sakdaphisit, è invece un bell'horror con venature di black commedy di origine thailandese.Il regista è pure uno bravo, di cui in italiano potreste aver visto il divertente Coming Soon. La trama è semplice, funzionale quasi, ma stracarica di trovate niente male. 
Due nuotatori professionisti sono in perenne competizione tra loro nonché grandi amici. Fino a che tra i due non arriva Ice, una ragazza. Questa si mette con quello che è dei due il più serio: prima il nuoto, poi la verginità pre-matrimoniale, poi le prime coccole dopo sei anni. L'altro ama la fregna e il sesso non protetto, gli frega la tipa, la ingravida e questa per disperazione si suicida, gettandosi dal trampolino della piscina dove i due si allenano, in un giorno in cui nella vasca non c'è acqua. E iniziano così i titoli di testa, mentre gli addetti alla piscina thailandesi, non riuscendo a rimuovere i grumi di sangue della ragazza dal fondo della vasca, decidono di ripiastrellare tutto, ma per economicizzare la cosa usano piastrelle di un colore diverso, tanto per evitare l'effetto "è qui che la tizia è morta".

Passa un anno e si scopre il vero grande mostro del film: Facebook. L'ex della tipa non sapeva della tresca con l'amico, ma della gravidanza mancata sì, e ora sta indagando su chi l'aveva messa incinta. Per gonfiarlo male. L'amico suo allora cerca di depistarlo come può, ma c'è un problema; un filmato pubblicato su Facebook che lo inchioda, in quanto lui confessa che la ama. Non è una prova così schiacciante, ma lui esce scemo. A ingarbugliare le cose dal regno dei morti con sguardo torvo e capelli lunghi la piccola oca fa ritorno. Come finirà?
Il regista, il cui nome faccio tuttora visibilmente fatica a trascrivere, conosce il genere, molto bene e ha grande senso dell'ironia, che è encomiabile. Come Raimi e lo Zemekis di Verità Nascoste riesce di scena in scena ora a farci spaventare di brutto, ora a farci ridere di gusto in un perfetto e armonioso equilibrio. Certo fa un uso sporchissimo dei "bus", i momenti in cui l'inquadratura muta di colpo e la musica sale a manetta, ma queste sono le regole del suo rollercoaster e noi le accettiamo di buon grado. Registi come lui sono preziosissimi per horror moderno anche se magari non mettono in scena nulla che vi farà salire i brividi per tutta la notte, sanno come far divertire. Divertire e spaventare. Non facile.

Uncle Victory di Zhang Meng è un film cinese che combina il gangster movie con L'asilo dei papà di Eddie Murphy.
Dopo dieci anni un boss locale esce di prigione e tra un debito riscosso e l'altro, prende possesso di una scuola materna. Motivato a una nuova retta via, con l'aiuto di una infermierina che si invaghisce di lui e con un tremendo costume gigante da panda che spesso ostenta il nostro eroe diventerà la guida per tanti bambini del disagiato quartiere. Certo vuole che i bimbi si chiamino per numero, usa regole fortemente derivative del carcere penitenziario e pare più un secondino, con il suo cane lupo, che un insegnante. Ma alla fine è un buon uomo. Purtroppo il passato arriverà a bussare alla sua porta molto presto.

Molto carino questo film cinese, che guarda ottimista il futuro delle nuove generazioni non dimenticando di rappresentare la cruda realtà del "passato" delle aree più povere. I bambini riempiono la scena in modo adorabile, ma il film non sarebbe riuscito se non ci fosse sotto quel costume da panda un attore straordinario. Commovente, anche se magari non rivoluzionario, l'intreccio complessivo. Paesaggi evocativi, brulli e perennemente in sfascio, con ruspe che vanno a eradicarli mattone dopo mattone. Interessante.

The Wicked di Yoo Young - Seon. Un bell'horror sud - coreano ad ambientazione camera café. Su-Yeung è il Calimero del suo ufficio. Minuta, dallo sguardo strano, timidissima. Diventa in automatico il bersaglio di tutti i dipendenti. MA nonostante sia derisa a nastro, si dica che porti sfiga e venga isolata dal gruppo, Su-Yeung è anche piuttosto temuta. Dice cose folli e potrebbe pure metterle in pratica. Un giorno la sua capoufficio per scommessa sadica le dice che se non ultimerà in tempo vorrà avere in cambio un suo dito. Lei ribatte che se farà in tempo vorrà avere in cambio un suo dito. Dopo una giornata di angherie e sopraffazioni arriva lo scadere del lavoro. Su-Yeoung pretende il dito del capo e con in mano un paio di forbici la seguirà sotto casa. E poi entrerà nell'appartamento violando la password di sicurezza.


Un po' commedia nera, un po' horror, questo film cinese in qualche modo ripercorre la pista tracciata da Audition di Takeshi Miike. La mostruosità della quotidianità è tanto forte da creare mostri autentici, laddove le vittime non siano schiacciate e spinte al suicidio? Un tema sempre di interesse, tristemente ancora attuale, una riflessione sul fatto che fare gli stronzi con chi riteniamo più debole e indifeso potrebbe essere uno sbaglio non solo a livello morale. Si parte dalla farsa, dalle battutine, si scende nel thriller e poi nell'horror. Così minuto dopo minuto la pellicola ci insinua in un vortice, magari scontato, ma ineluttabile, da cui non c'è via d'uscita, nonostante mille ancore ci vengano lanciate. Sarà tutto vero o tutto un sogno? A ogni modo, come ci ha ricordato di recente Le Streghe di Salem di Rob Zombie, non sempre chi è più debole, menomato o pazzo deve soccombere, o essere in automatico considerarlo come il buono.
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