venerdì 27 febbraio 2015

Addio a Leonard Nimoy



Forse avrebbe voluto essere salutato così. Il nostro più caro saluto a un'icona della cinematografia di fantascienza. Addio Leonard, rimarrai per sempre nei nostri cuori nerd!

50 sfumature di grigio: quando il grigio e pur sempre grigio ...la nostra recensione


ATTENZIONE. IL CONTENUTO DI QUESTO POST, ANCHE SE E' IN FONDO IL NOSTRO CONSUETO CAZZEGGIO SENZA NIENTE DI CHE',  E' RISERVATO A SOLI LETTORI ADULTI.
Anastasia ha i piedi per terra studia letteratura inglese e ha un solido, concreto lavoro in un brico-store. Non colleziona farfalle e non ama troppo Emily Dickinson. Christian Grey lavora in cima a un grosso palazzo, è il giovanissimo capo di una multinazionale che fa cose vaghe e indefinite (telecomunicazioni? dormivo...) anche se non si sa bene perché e come ci sia arrivato, è ricchissimo e tenebrosissimo. Anastasia per fare un favore a un'amica va da Christian nel suo enorme palazzone da metafora fallica per intervistarlo, due considerazioni in vista della cerimonia dei diplomi della facoltà dove sarà ospite d'onore. Così i due si incontrano. Lei è spontanea, terra-terra al punto che appena lo vede ruzzola in terra inciampando, impacciatissima e tenerissima, dai profondi occhioni e dalle guanciotte rosse per l'imbarazzo. E sembra davvero colpita dal colpo di fulmine, perché l'attrice è brava e non un tostapane come l'eroina di Twilight. Lui altero, manipolatore e sicuro di sé ma solo fino a un certo punto. Da subito capisce che regole e protocolli, con cui ha definito l'architettura di tutta la sua visione del mondo, con Anastasia non servono. Tra i due nasce qualcosa. Lui, fanatico della contrattazione negoziale spinta, del controllo ostinato e del sesso malato la insegue come uno psicopatico di luogo in luogo, sente il bisogno di averla vicina e controllarla morbosamente. Lei non vuole saperne di essere un mero giocattolo sessuale nelle mani di un pazzo, ma è incuriosita da lui, vede qualcosa sotto la corazza emotiva di Christian che potrebbe pure piacerle. Basta togliergli quella corazza. Parte il classico complesso della crocerossina, alleviato dalla constatazione che stare con un tizio strapieno di soldi che per andare alla coop prende l'elicottero schifo non fa. Ma Christian sta davvero male di zucca e frequentarlo è più complesso del previsto. Come andrà a finire?
Ne hanno parlato male prima ancora che fosse annunciato al cinema, ma per me si sbagliavano di grosso.
Quella che segue è la mia opinabilissima visione personale della pellicola, se avete opinioni diverse vi invito nei commenti ad espormele, potrebbe essere interessante.
Il romanzo di E.L.James, nato come fanfiction di Twilight ed evolutosi come una sorta di variante hard di Batman (chi si ricorda MouseMan de La clinica dell'amore?) ha colpito e abbattuto ogni record di vendita e incuriosito milioni di lettrici. Il film, che ugualmente sta facendo i numeri al botteghino, si discosta parecchio e in realtà parodizza pure con la fonte originale-originale (la scena della bici su tutte fa molto Twilight), abbassa i toni per stare nel pg13, lesina sulle scene hard e crea un contesto pruriginoso quanto rarefatto-vago-atemporale (che non distragga troppo), pieno di tocchi di umorismo, ben recitato, ben fotografato (ovviamente nelle tonalità di grigio), dinamico e sinceramente divertente. Tutto merito della brava regista Sam Taylor Johnson, che già con Nowhere Boy aveva dimostrato di saper benissimo gestire la macchina da presa. Tutto merito della sceneggiatrice Kelly Marcel, autrice anche dello script del ben riuscito Saving mr Banks, un altro film in cui, come le 50 sfumature, il passato gioca un ruolo importante che incide sulla vita presente dei protagonisti. L'autrice originale è rimasta alquanto incazzata da tutto questo, ha visto la sua amata prosa e le sue scene spinte amputate e rimasticate. Ha giurato vendetta e ora, con la contrattazione della seconda pellicola sta facendo il diavolo a quattro. Ma grazie alla Taylor Johnson e alla Marcel e al loro abbassamento dei toni (più feticismo e meno bondage, usando la nota "terminologia" da sito erotico) il film per me è riuscito. E il loro lavoro è tanto abile e intelligente da districarsi senza troppa fatica su di una corda sottile a precipizio sul cattivo gusto e l'autoparodia, riuscendo sorprendentemente ad arrivare in fondo e a portare a casa un così buon risultato che fa davvero pregustare il seguito.

Non siamo nel porno, non siamo nell'erotico bucolico alla Russ Meyer o nel boccaccesco Brassiano. Siamo, e c'era da essere ciechi a non capirlo, tanto veniva urlato, nello stesso genere di Twilight, il young adult. Genere in cui un'eroina affronta un mondo (ancora) sconosciuto (magari alieno, magari nascosto) fino a superare la classica sciamanica "prova" e diventare adulta. Con solo una piccola, ma suggestiva, aggiunta di effusioni erotiche, perché il mondo da scoprire è qui rappresentato dalle derive dell'amore. Solo che mentre Bella sembra accettare subito, istintivamente il suo destino-crescita-ruolo, quasi guidata solo dall'ormone impazzito (nella recitazione di Kristen Stewart), Anastasia è perfettamente al comando delle sue facoltà mentali e riesce a smascherare senza troppa difficoltà le paranoie del bel tenebroso che la perseguita. Anastasia accetta quel tot di perversione che la complicata esistenza sessuale di Christian necessita solo nella misura in cui questa possa essere normalizzata. E Christian, che vuole (per casini suoi ancora poco chiari) che lei diventi, accettando un delirante contratto, una sua schiava sadomaso, fa sempre comunque la figura del fesso insicuro. Sempre impettito, stirato e dallo sguardo penetrante, Christian davanti alla sua partner fa quasi tenerezza, regredisce a bambino. Esattamente come davanti alla madre. E il gran pervertito che vorrebbe essere diventa un po' una maschera patetica da nerd amante dell'estremo. Certo, si intuisce che possa esserci di più, e quelle bruciature sul petto e alcune frasi riguardanti la sua infanzia fanno presagire una complessità emotiva, ma per questa prima pellicola tutto ciò è ancora troppo soffuso.  Anastasia ha il potere di decidere, se diventare ricca ma schiava o rimanere libera, e come Scherazade ne Le mille e una notte prende tempo, lascia che sia lui, che la ama come una proprietà emotiva (quasi un organo "che si è aggiunto da solo" più che una partner), a doverla inseguire sempre. Ed è per questo motivo che Anastasia sta a chilometri di indipendenza ed emancipazione rispetto a Bella e alla sua ossessione matrimoniale (virginale-pazza-ultracattolica come la Stephanie Meyer). Probabile motivo per il quale Anastasia sta sulle palle a molte lettrici di Twilight, che si sono viste più scandalizzate dal ribaltamento della concezione della protagonista-avatar  più che dalle scene erotiche.
E arriviamo alle scene erotiche. Stiamo nel soft, ma ci stiamo decisamente bene. La seduzione parte subito. I corpi degli attori e la peculiare scelta del loro abbigliamento sono programmati per stimolare la fantasia, anche quando non si è nelle fasi "ginniche". Negli amplessi la telecamera vortica veloce, l'inquadratura nasconde un po', ma siamo mooolto più disinibiti di quanto carnalmente (a livello epidermico) era percepibile in un Nove settimane e mezzo (peraltro fonte piuttosto influente della pellicola). E gli attori sono davvero prestanti, recitano ignudi senza problemi e hanno una buona complicità, le scene spinte funzionano pur rimanendo a chilometri da un qualsiasi porno. Qui si intuisce il più. Anche scene apparentemente ingenue fanno correre la mente verso qualcosa di peccaminoso, basti vedere Anastasia masticare il bordo di una matita personalizzata con scritto "Grey". Alcuni messaggi sono meno velati di altri, pertanto si sconsiglia la visione della pellicola in un ambiente ruspante come quello che suggerisce la seguente canzone di Elio e le Storie Tese. Da tenere come colonna sonora per il resto della recensione.

Ecco il film si presta alla risata e rutto libero, quando va dall'allusivo al pratico, ma se lo si guarda in questo modo si perde qualcosa. 50 sfumature è un guilty pleasure (lo traduco: piacere colpevole), esattamente come il libro in questo, chi si avvicina lo sa che sta andando a vedere un film che parla di sesso e accetta il contratto, in senso del tutto "greyano" del termine, pagando il biglietto o comprando il libro. Chi paga per vederlo e passa tutto il tempo a deriderlo equivale a chi va a vedere Machete Kills (dopo che ha già visto Machete) e sta a lamentarsi per tutto il tempo che è girato con due lire ed è meglio Salvate il soldato Ryan. Certo, si può fare. Ma ne vale la pena?
Anche perché Anastasia è davvero un bel personaggio e Dakota Johnson una splendida e brava attrice. Anastasia non insegue il partner, non lo asseconda, ubriaca dice al suo uomo misterioso che è pure un po' coglione, lo prende platealmente per il culo quando rinegozia il contratto di sottomissione al suo possibile padrone. Una ragazza che quando il matto dice che vuole farle vedere la camera dei giochi, e nel dirlo assume la voce di Batman (e la cosa ridicola è che la stanza dei giochi pare la stanza delle armature del primo Batman di Burton),  pensa che ci nasconda dentro una xbox. E quando nella camera scopre "dell'altro" tratta sconsolata il partner solo come una differente categoria di nerd.  Per lei il proibito è una cosa che c'è, ne ha sentito parlare, ma le fa sostanzialmente cagare ed è disposta a soprassedervi solo per pietà verso il partner. Che magari dopo che si è sfogato con due frustate "farà l'essere umano" e la porterà fuori per una pizza e un film. E parliamo di un uomo che ha pure la madre che gli gira per casa  mentre gioca coi frustini che nasconde in cameretta. Doppiamente patetico.


Curioso di scoprire altre sfumature di Christian, il comunque bravo e involontariamente simpatico Jamie Dorman (che gioca a fare il Christian Bale di American Psycho-Batman ma alla fine pare per mimica Colin Firth in Bridget Jones) al di là della sua voglia di trombare strano. E quella voglia lì, per ora, si spiega senza fare uso di chissà quante sfumature emotive a giustificarla. Vedremo se il seguito mi farà o meno cambiare opinione su di lui.   
Quindi tiriamo le somme, se possibile. Non è un porno e se cercate qualcosa che vada oltre al nudo, inquadrature che glissano sugli attributi se non con un mezzo accenno di qualcosa di indefinito (forse sono tornati i burattini di Tinto?) avete sbagliato strada. Si vede molto di più spinto in una qualsiasi puntata di Spartacus o Il trono di spade. Sempre in chiave "televisiva sporcacciona" posso dire che stiamo dalle parti magari di un Master of Sex. Se cercate qualcosa di fedele al romanzo magari ci rimanete ugualmente male, perché le cose più estreme non sono state girate e i personaggi sono più simpatici del previsto. Se cercate un film divertente e al contempo pruriginoso con quell'attesa del nudo che richiama alla mente le docce di Edwige Fenech magari vi divertite. Se cercate la raffinatezza e la "plasticità" sublime di Nove settimane e mezzo, troverete qualcosa di aggiornato ai giorni nostri, più disincantato e più diretto, in cui comunque non manca una ugualmente bella colonna sonora, qui con un brano cantato dalla dea degli Eurythmics. Abbandonatevi al guilty pleasure. Questo film non è fatto per rivoluzionare il mondo o per scriverci sopra dei trattati di sociologia. Fa divertire e ci riesce pure, ha un bel personaggio femminile forte e riesce a stare in bilico sul baratro dell'assurdo-gratuito, pur  qualche volta cadendoci. Ma senza farsi troppo male.
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giovedì 26 febbraio 2015

Power/Rangers - il corto pazzesco che sta infiammando la rete!!



Prima che questa figata, frutto dell'amore spasmodico di alcuni fan,  scompaia dalla rete!!! Eccovi il filmato integrale qua sotto!


Credo che sia la produzione amatoriale, totalmente gratuita e senza fini di lucro, più figa che io abbia mai visto in vita mia, imprescindibile se amate i supereroi colorati nipponici e sognavate di vederli in un contesto più dark del solito. Belli gli effetti, convincente la recitazione (nel contesto), stimolante come il cioccolato fondente al peperoncino. Naturalmente la casa madre dei Power Rangers, la Saban, non è contenta della cosa, il modello originale non sembra stato rispettato, i bambini queste cose troppo violente e adulte non le dovrebbero vedere, non c'abbiamo i pupazzetti da vendere ecc., e vuole oscurare il video, magari invocando il famigerato Content ID di youtube. Ma per ora non lo fa. Chissà mai che qualche futura pellicola dark uscirà davvero al cinema...
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martedì 24 febbraio 2015

Milano è sempre più la città della moda..e meno per tutto il resto

dove c'è Prada un tempo non lontano si prendevano happy meal..

Ho un po' la morte in cuore a vedere il centro città "che sta diventando" della "mia" comunque amata Milano. Una volta piazza Duomo pareva il Piccadilly Circus per le tante insegne colorate ed era davvero alla portata di chiunque avesse un biglietto della metro per arrivarci. Si andava a mangiare un panino da Burghy, salendo la scala panoramica della storica sede di San Babila, si guardavano le mani di Arnold Schwarzenegger sul pavimento di Sorrisi e Canzoni (meno male che c'è ancora) si faceva la coda ad ascoltare i cd e provare Doom 2 al Virgin Megastore, si sfogliavano le riviste internazionali come Rolling Stones e spulciavano i film in offerta, alcuni introvabili o impossibili, alle Messaggerie Musicali, si faceva la coda per un autografo da Gilliam Anderson di X-Files a Ricordi. Si mangiava da McDonalds sorridendo a quelli seduti nei ristoranti di lusso, a due passi da noi, nella cornice di galleria Vittorio Emanuele, che per una pasta al pomodoro avevano pagato quanto una settimana di vacanza a Santa Marinella. C'erano i cinema, tanti cinema e di tutte le dimensioni, programmazioni ed età. Pure quelli sconci.  Il Corso dava spesso pellicole italiane, molte prodotte da Cecchi Gori, il Plinus internazionali, l'Orfeo più film d'autore, l'Ambasciatori, roccaforte Penta film, dava in cartellone tanto Aldo Giovanni Giacomo quanto  L'Armata delle Tenebre. C'erano programmate pellicole in lingua originale nelle salette che si diramavano da Corso Vittorio Emanuele.
Non so se chiamarla cultura, per molti lo è stato. Alla fine io passavo i pomeriggi alle Messaggerie, l'equivalente di una gigantesca biblioteca di Hogwarts votata  all'intrattenimento, a cercare una vhs di Splatters - gli schizzacervelli o in un cinemino a vedere, spesso attorniato da bellissime studentesse straniere, Wolf con Jack Nicholson in inglese (non perché me lo fossi cercato, ma perché non avevo visto che era il giorno in lingua originale... e poi la fauna aiutava a farsi piacere comunque lo spettacolo). Ma c'era vita, intesa come "vita giovane", se ne vedeva a frotte di gente felice e variegata che faceva la coda ordinata per un libro, un film, un autografo. Si ascoltavano i cd appena usciti grazie alle cuffione, a volte un po' sudate, del Virgin (ai tempi in cui non esisteva mtv e le radio trasmettevano solo Cutugno... o i remix di Molella e le cuffie erano spesso pure rotte da qualche troglodita o occupate dal medesimo, ma non divaghiamo) e fu così che portai a casa il mio primo David Bowie. Anche le paninoteche erano quasi salotti culturali, si mangiava attorniati non con il cast dei Guerrieri della Notte ma con persone di tutte le età e cultura, gente che "leggeva libri" in un periodo in cui andare in quei posti era avvertito, dai più,  non solo come tradire il made in Italy, quanto come una forma di disagio sociale!!! E poi a Milano c'erano i film programmati di pomeriggio, che pareva una trasgressione e un serio pericolo di fare sega, laddove nella provincia fare sega significava spesso andare all'alimentari sotto casa mentre ti guardavano come si guarda un satanista. Anche se il sabato era iniziato come un giorno del cavolo la si sfangava sempre, ci si divertiva e un pacchettino ricordo con un singolo dei Metallica lo si portava a casa. Cambiano le mode e i tempi quanto canzoni e ritmi, cantava Celentano. Ed è vero.
Quella Milano che ci attirava dalla provincia come falene verso la gioia della vita si sta spegnendo. Il Comune avrebbe dovuto, come nel resto dei paesi civilizzati, attuare politiche conservative per preservare le aree del centro a interesse culturale. Non lo ha fatto, vuoi anche perché le casse non lo hanno permesso. Ha venduto la città ai privati investitori danarosi che potevano in cambio pagare con grosse opere di ristrutturazione in vista del già orrendo Expo. Chiudono le librerie, aprono filiali di filiali di negozi di Moda. Non fanno neanche i concorsi o le gare, a chi "dà di più" il comune "dà di più". E quindi, scontrino alla mano, le scarpe firmate danno più introiti del popolo di barboni che cerca l'affare spulciando tra i cd ribassati degli Slayer.  E magari tra Prada e Versace non è poi un male, si parla sempre di Made in Italy.
I cinema hanno chiuso, quasi tutti. Le Messaggerie Musicali hanno chiuso. Il Ricordi Megastore ha chiuso anche se sarà riaperto con ampie zone in meno per lasciare il posto al museo della fondazione Prada. Gli avventori dei ristoranti storici di lusso in galleria (che nel frattempo hanno trovato anche la via del supermercato con loro prodotti ad hoc) guardano ora contenti gli ammassati fan del vecchio McDonalds ora che la nuova sede, piccina e situata nel vicolo triste e sporco fuori la galleria, li fa mangiare in strada ammassati uno sull'altro. Tutta gente che esaurito il panino deve prendere la metro e andare altrove. Prima o poi queste "anomalie" che vanno in centro senza bancomat spariranno del tutto. Addio grandi spazi dove la musica, il cinema e la letteratura sono esposti come in una mostra permanente. Per i cd e i dvd c'è internet o i centri commerciali in periferia, per i libri ci sono gli e-book, per i film i multisala di Melzo e compagnia. Milano è finalmente, e molti tireranno un sospiro di sollievo, la città solo della moda e delle grandi firme e di nient'altro. Negozi e ristoranti concepiti in serie e in serie tutti un po' bruttini e anonimi fatti per farci entrare gli unici avventori che possono spendere cifre consistenti, a volte davvero irragionevoli. Pochi italiani.
Mi ritirerò anch'io altrove quindi, per le vie etniche gioiose di corso Buenos Aires, dalle parti della fermata Wagner dove ha sede il nuovo Mondadori Store o sui ponti e saliscendi dei navigli. Posti dove ci sono (ancora) un paio di trattorie niente male, dove si trovano ancora negozi di fumetti e videogiochi, pure delle librerie che vendono anche usato e stanno di fama sempre più crescendo, roba che trovi anche gli Slayer. Posti che mi fanno ricordare come una volta la Milano del centro fosse cosmopolita, giovane e interessante, quasi la filiale in miniatura della Oxford Street londinese,un piccolo centro del mondo. Ma temo che la grande moda arriverà anche qui. Prima o poi.
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venerdì 20 febbraio 2015

Tex - L'eroe e la leggenda di Paolo Eleuteri Serpieri

Finalmente lo vedo tra le mie mani ma ancora non ci credo. Uno dei più grandi maestri del disegno di tutti i tempi, l'uomo a cui devo la semi cecità per via dell'ottimo lavoro svolto nella rappresentazione delle forme femminili su Druuna, ha realizzato una vera e propria graphic novel, completamente a colori, dal formato prestigioso rilegato stile bd, per il personaggio-simbolo della Sergio Bonelli Editore. Ed è anche un albo epocale per la storia che racconta. Il primo incontro tra un giovane e scapigliato Tex Willer con il suo futuro pard Kit Carson. Ma sarà poi stato questo il primo incontro? I personaggi narrati sono davvero loro? La storia non lo dice e crea un piccolo intrigante enigma.
Per i dettagli, la passione e il ritmo narrativo un appuntamento imperdibile per chiunque si professi appassionato dei fumetti in genere.
Le pagine di Serpieri hanno l'aroma del tabacco e della polvere da sparo, al tatto restituiscono la sensazione della sabbia del deserto e del ferro rovente delle pistole. Il maestro conosce il genere ("anche questo genere", diremmo), come ben sanno i vecchi lettori della rivista-contenitore L'eternauta.
E questo è un Tex che non avete davvero mai visto prima, ancora più freddo e spietato, selvaggio, non ancora domato nell'animo dagli anni di esperienza e dalla vita condivisa con i suoi compagni. Un Tex che non vuole impartire lezioni di vita ma che agisce, come un demone. Un Tex che fa paura per il modo in cui può pensare più che per la solita (amata) montagnola di nemici trivellati che numero dopo numero da tanti anni accumula.  Genera così tanta inquietudine da far pensare, in una splendida trovata meta-narrativa, che possa essere troppo "forte, estremo" per essere il protagonista di una storia a fumetti. Forse persino più reale.
Serpieri, da gigante quale è disegna e dirige ogni tavola con la cura di un quadro. L'azione è diretta, essenziale, sporca, ricorda quello storico texone disegnato da Kubert per "ferocia". Tutto è perfetto, dosato, illuminato e "ripreso". Fa poi un lavoro pazzesco di studio sulla ricostruzione di vestiti ed armi d'epoca, un lavoro certosino quanto "arrapante" che avrete modo di conoscere e apprezzare grazie all'illuminante introduzione di Ferruccio Giromini. Dietro a ogni oggetto c'è davvero una storia raccontata nella cornice della grande Storia americana. Le tavole trasudano fascino e sono certo che verranno sfogliate e risfogliate all'infinito. Avrei voluto vedere più donne, magari, il punto forte del maestro. Ma Tex è e deve restare, come tesoro nazionale, uguale a se stesso nei secoli dei secoli, riconoscibile e immediato come Superman tanto nella gestione della tavola quanto nella sua peculiare visione del mondo. E Serpieri nel pieno rispetto del "codice" dell'opera, riesce ad apportare incredibile modernità al personaggio.
Questo sembra essere solo il primo appuntamento con questo nuovo modo di intendere Tex, inaugurato dagli sperimentali numeri a colori. La dimostrazione che il personaggio è ancora a prova di bomba e per nulla invecchiato. Ogni anno avremo quindi un nuovo cartonato da collezione in stile bd (o "alla francese"se preferite), ad un prezzo davvero popolare di 6.90. Perderlo è un autentico delitto.
Druuna, oltre che una personale ossessione dell'autore, una specie di musa che ritrae in mille disegni è anche la protagonista di Morbus Gravis, saga per ora in otto volumi, forse l'opera più nota di Serpieri, pubblicata varie volte da diverse case editrici. Negli anni d'oro pure dalla rivista-contenitore italiana L'eternauta e dalla Comic Art. Ci hanno fatto anche un videogame. Un'avventura a tema fantascientifico dalle parti di Alien, tesissima e moooooooooooolto sexy. Imprescindibile e irrinunciabile se amate il fumetto d'autore, dalla forte componente erotica. Presso le librerie specializzate dovreste sempre trovarla in qualche forma, meglio se cartonata.
Sabato, domani, Serpieri sarà nel pomeriggio alla Mondadori di Piazza Duomo a Milano. Un'occasione d'oro per farsi firmare questo nuovo portentoso albo e tutta la collezione delle opere del maestro. E se non lo conoscevate ancora correte in fumetteria e richiedete il fantascientifico-erotico  Morbus Gravis e Saria, una delle sue opere più recenti.
Les Enfers o Saria, pubblicato da Panini Comics, per ora in un paio di volumi. Qui Serpieri gioca con la mitologia e il medioevo. E naturalmente non mancano le belle donne...La serie è a cadenza annuale.

Non posso aggiungere altro. Sono indegno. Lunga vita a Paolo Eleuteri Serpieri.
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Arte videoludica ... una nuova rubrica! 1) Quel cappello sbarazzino un po'alla Robin Hood...



Il bacio di Hayez. Lo trovate a Milano presso l'accademia delle Belle Arti di Brera.



Bloodborne. Lo trovate dal 25 marzo nei negozi di videogame. Il romanticismo non è ancora morto...
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Evolve per ps4, xboxONE, pc voto: 00 su 100 evitatelo come la peste (per ora) Update5.3.2015: risolti i grossi bug, il gioco può tranquillamente lievitare (sempre per ora) a 70/100

Un pianeta alieno ostile e lontano. Dei mostri spaventosi. Dei cacciatori di mostri cazzutissimi. Il gioco più figo sulla carta del secolo, benedetto da meccaniche di gioco inedite e ispirate, grafica da urlo e realizzato da un team di programmatori con la fiducia pressoché totale da parte di tutti i videogiocatori del mondo. Poi anche solo il trailer! Ma lo avete visto il trailer?


Ma non è la cosa più figa del creato? Puoi interpretare dei  mostri giganti e tentacolari in un gioco che per una volta non sembra una porcheria della Banpresto da due lire destinata a non uscire da Osaka! Mostri affamati e incazzati che da due metri diventano grossi come un palazzo e che si guidano con meccaniche alla God of War in acido. Di contraltare si possono interpretare anche i caccia-mostri in un Multiplayer cooperativo serio con un sacco di opzioni, a impostazione first person shooter alla Call of Duty (vorrei dire "Unreal", anche stilisticamente, ma poi non so chi mi segue...). Tipi truzzi con armi assurde. Mitragliatori rotanti, lanciafiamme innestati su arti bionici, baffoni da esploratori coloniali. Poi ci sono i Jetpack! L'Invisibilità e gli scudi magnetici. Puoi resuscitare i morti con i guaritori più strafatti (uno si chiama Lazarus non a caso), teletrasportarti, richiedere attacchi satellitari, addestrare animali alieni, usare arpioni e reti tecnologiche, piazzare trappole a grappolo in un mondo strano forte da paura, brulicante di creature, ricco di vegetazione, "vivo". E ogni giocatore ha un ruolo peculiare da assolvere o "non si va da nessuna parte". Se fai l'assaltatore spari, se fai il medico curi, se fai il mostro devi nasconderti, evolverti e poi alla fine attaccare. Un autentico, efficace gioco di "ruolo" in grado di regalare momenti di autentica paura. Quando sei solo con i compagni eliminati e aspetti scappando la nave dei rinforzi a fronte di un mostro enorme, cattivo e letale. Oppure sei a tua volta un mostro, debole, che deve continuamente nascondersi e trovare il tempo, non facile, per evolversi e diventare grosso. Oppure ancora quando sei in team con dei cretini che non sanno giocare e tutto filerà male fin dall'inizio. Forse il più concreto passo in avanti nelle meccaniche degli sparatutto da molto tempo a questa parte. Un gioco che premia l'intelligenza e la tattica.  E se sei da solo senza un amico al mondo (impara Borderlands..), puoi pure giocare con un team di bots (controllati da una a.i. nemmeno troppo scema) tra cui si può passare al comando in ogni momento. Ma è la figata definitiva!!!
L'ho amato dal primo annuncio, l'atmosfera mi ha conquistato. Ho giocato le demo, beta ecc. ed è ora il momento di metterci le mani sopra. O quasi. E non mi sto riferendo al fatto che rispetto alla beta non pare esserci troppo materiale in più. E non sto sviando dagli indubbi meriti di un gioco che, per me come per molti, farà storia e diventerà sempre più bello di mese in mese con le aggiunte programmate dai season pass, hunters pass, monster pass e skill fish'n'crock pass.
Bene. Siccome nessuno (o quasi) lo fa perché probabilmente ci sono dietro questioni economiche improrogabili e irrinunciabili, tocca a questo blogghino gestito da sfigati non pagati (ma magari sono anche altri blogghini meno sfigati che sono già corsi all'attacco e io non lo so, chiedo venia e mi cospargo di ceneri) fare il trombone e mettere in chiaro qualcosa che dovrebbe, e sottolineo "dovrebbe", essere la regola in una selva infinita di recensioni offerte da siti che si professano seri e competenti al punto da essere pure pagati.
Perché a noi piace "perdere tempo", ci abbiamo dedicato pure il titolo di questa pagina... ma a tutto c'è un limite.
Questo gioco, Evolve di Turtle Rock Studios (quelli dell'amato, imprescindibile, Left 4 dead) per i tipi della 2k games (i giganti di GTA, Bioshock e millemila altri titoli, lo stesso Borderlands sopra citato ...che se avesse i bots sarebbe il mio gioco preferito..), uscito trionfalmente il 10 febbraio sulle principali console next-gen e pc dopo una gestazione di tipo quattro anni e prove di betatest di anni non è allo stato attuale commerciabile.
Il motivo è lampante, lo conoscono gli sfortunati milioni di acquirenti del titolo ed e noto agli internauti, ( la pagina ogni tanto la cambiano, le lamentele non piacciono mai,  ma se navigate sul forum le magagne, alla voce "bugs"le scovate sempre..)ma sembra lasciare del tutto indifferenti i siti specializzati che lo hanno recensito e bollato come titolo promettente. Certo, non facciamo di tutta l'erba un fascio, qualche significativa e onesta voce fuori dal coro esiste, orgogliosamente, anche dai giornalisti italiani.  
Il gioco perde i salvataggi.
In modo totalmente random.
Va a culo. C'è chi li perde subito e chi li perde intorno al livello 30. Ma tutti prima o poi piangono.
Ed è in questo caso specifico un problema enorme, che sgretola del tutto il gioco.
A questo consegue, per peculiare natura del titolo, che se sbloccate up-grade, personaggi, mostri e quant'altro al di là della dotazione iniziale, potete perdere tutto nel giro di un istante. Il gioco è una "caccia al mostro a livelli autonomi", non c'è di fatto una storia da seguire o anche solo una campagna da ultimare in sei-dieci ore. Il gioco è scontro puro in arene, non ha altre fruizioni al di là dell'accumulo di esperienza e sblocco di oggetti.  Si perde il salvataggio e si riparte da zero con le pive nel sacco. Un po' incazzati, un po' amareggiati. Perchè maragi giusto per sbloccare un personaggio chiave, come il sopra-citato Lazarus, ci vogliono ore e spesso attività  (per una folle scelta dei programmatori) per "grindare"il proprio personaggio che contrastano con il gioco di squadra al punto da rendere l'esperienza nelle prime ore una mezza frustrazione.
E verrebbe pure da fare ironia sul fatto che un gioco dal nome "Evolve" di fatto non permetta nessuna evoluzione dei personaggi.
La cosa è surreale e merita una spiegazione supplementare.
Metti che interpreti un assaltatore e per salire di grado, "grindare il personaggio", sbloccare il gioco ecc.., devi metterti a lanciare 300 granate senza fare altri tipi di attività. Naturalmente questo avrà ripercussioni sul lavoro di squadra, perchè tu che lanci granate accazzo non sei minimamente utile al gioco. Ora fate conto che tutti i componenti della squadra siano impegnati in "cazzi loro"per uppare i personaggi. Il medico non vi cura più, il supporto non crea gli scudi, il trapper non scova nessuna traccia utile e l'assalto è lì, da bigolo, a sgranatare ogni frasca. Per lo meno, se giocate con amici ad un certo punto le attività di "grinding"finiscono, si è sbloccato tutto in una decina di ore e si gioca sereni e coordinati. Ma se i salvataggi si perdono ogni due per tre, la gente sarà sempre più impegnata a fare "cazzi suoi per esigenze di grinding"e il gioco che ne consegue è una oscenità tale che si può affrontare solo con i bots comandati dal computer, a meno di non interpretare il mostro ( e pure su questo lato ci sono ancora dei fix da fare seri, ma non voglio aprire la pagina per non sparare sulla corce rossa...come si diceva in Jurassic Park, all'apertura di Disneyland non funzionava ancora tutto...ma ci sono comuque divertenti bug che non fanno arrivare il mostro nell'arena dove stanno gli altri giocatori o ve lo fanno "cadere fuori", con gli hunter che stanno ore a cercare un nemico che non esiste...Certo, tutto sarà corretto e fixato in seguito ecc.ecc.).
Ci si ritrova quindi sempre con solo 5 personaggi utilizzabili (quattro hunter e un mostro), per lo più da soli con i bots per evitare incazzature e amicizie rovinate per un pugno di medi-kit, a monte di 15 e tanti amici. E c'è gente che ha già investito soldi in special edition e season pass per accedere, appena saranno pronti, ai già pianificati nuovi cinque personaggi. I giocatori pc hanno pure comprato una edizione "prezzo pazzo"che include anche un mostro extra, il quinto, che i programmatori non hanno ancora nemmeno disegnato. Per un gioco multiplayer con ambizioni di dominio del mondo converrete che 5 soli personaggi "funzionanti"che possono combattere, pur in arene diverse, contro 1 e dico 1 solo avversario e basta all'infinito (perchè c'è il mostro e poco altro, non ci sono colonie di zombie o mini-mostri ad ondate come Left 4Dead..) è pochino. Anche perché "scegliere il personaggio" per la peculiarità del titolo non è manco possibile. Uno deve per forza fare il trapper. Uno deve per forza fare l'assalto. Uno deve per forza fare supporto. Uno deve per forza fare il medico..Uppare per poter scegliere almeno tra la variante 2 o 3 di ogni classe è una piccola boccata di ossigeno e soprattutto diventa vitale per finire il livello in modo decoroso. Non avete idea di quanto ci si rimanga male dopo un bel po' di ore a vedervi messi alla porta dal vostro gioco. Vi viene voglia di buttarlo in un angolo e dimenticarlo.
Alcuni dicono che la causa sia imputabile al trasferimento di dati di salvataggio da un sistema all'altro, ma basta leggere i post del forum ufficiale del gioco per capire che il problema è più grave, è già emerso in fase di betatest e  bellamente ignorato e per ora non ha una cura. Su detto forum quindi si cerca di sedare gli animi, tenere in piedi il fortino dichiarando che i programmatori si faranno sentire presto, regalare sblocchi automatici di personaggi che ovviamente non servono a nulla perché i dati si ri-perdono.
Ora, veniamo al punto di questo post.
Sono fiducioso del fatto che il gioco presto funzioni al meglio e tutti siano felici, ma l'andazzo delle recensioni attuali va cambiato in modo radicale. Perché ci sono un sacco di acquirenti paganti poco felici e ignorati dai più in questo momento. Gente che va avvertita quando la barca affonda.
I problemi dei videogiochi moderni e la mia miserabile ricetta.
I tempi sono cambiati.
Nessuno ha nemmeno più voglia di andare contro i mulini a vento, anche perché si fa fatica a trovarli.
Il videogiocatore moderno prima di tutto "accetta supino e in silenzio". Tutto o quasi.
Dalla paly 2 alla play 3 si è dovuto comprare pure un televisone in hd, tanto per fare l'esempio più comune.
Oggi ogni gioco necessita connessioni ad internet, veloci, che sono a pagamento e compaiono in bolletta a casa. Oggi oltre al pagamento di internet le console vogliono pure farci pagare per giocare on-line un prezzo supplementare per il "servizio interno, comodo, veloce, efficiente, vantaggioso" che offrono. Ed è prassi che dal "pacchetto base comprato al day one" si arrivi a mille espansioni del prodotto a pagamento. Risulta chiaro ugualmente che non si può più realizzare il sogno di mettere un disco fisico (ancora per poco, ormai sono in estinzione) nella console e  vedere che questo funziona senza una patch di aggiornamento, perché, dicono, i giochi oggi sono "supercomplessi". E io ci credo.
Oggi le case produttrici decidono di pubblicare il gioco alla data "x" anche se il prodotto è ampiamente incompleto. Le chiamano strategie di mercato. I programmatori sono costretti a lavorare "abbestia" per rientrare nella data di consegna e tagliano, limano, castrano la loro opera nella speranza di magari sistemarla in seguito con i dlc a pagamento che saranno rilasciati successivamente. Intanto la casa produttrice già pianifica aspetti interessanti del prodotto da eliminare dalla prima uscita per poi rivendere a pagamento. Un arma buona per un gioco di combattimento? Si potrebbe mettere a pagamento! Un personaggio carismatico? Perché non mettere a pagamento anche lui! Per essere più gentili spesso lasciano le parti "in più", trama, personaggi, altro, direttamente su disco, per non farci il torto di dover caricare a lungo con la banda larga di casa nostra, dandoci quindi veloce accesso con una semplice chiave di sblocco, ovviamente a pagamento, per contenuti che sono già fisicamente su disco. Che bravi! Evolve non è alieno a sfruttare logiche di mercato aggressive, anzi, ma non è questo il punto.
Mi va bene la tv, il collegamento, l'abbonamento, il season pass, le microtransazioni, il free to play. Mi va bene alla fine tutto l'intero deragliato modo di concepire il gaming moderno, sempre più simile alla vecchia sala giochi dove i cabinati non andavano se non gli ficcavi dentro monetine su monetine. 
Ma richiedere che il gioco per lo meno "funzioni", e che quando le cose non vanno qualcuno "che lo sa perchè l'ha provato pee mestiere" ce lo dica, mi pare veramente il minimo sindacale.
Comprendo, anche, la logica distorta di pensare: "se boccio un prodotto il prodotto non vende, il produttore non investe su di lui e taglia i fondi,  il prodotto non può migliorarsi nel tempo perché non ci saranno i soldi per le patch e aggiornamenti, avrò un gioco rotto ed incompleto (magari pieno di minchiatine a pagamento che non servono comunque a nulla), venderà meno, arriveranno i licenziamenti e i programmatori il prossimo natale non potranno comprare la pistola spaziale ai loro figli". Le case produttrici basano di fatto la loro esistenza sugli introiti e non vogliono altro, vero, ed abbiamo esempi concreti. Ci sono giochi come Brutal Legend , che non ha venduto una mazza (giusto con gli incassi ci hanno fatto un paio di menù da asporto al mcdrive...per pagare Jack Black) che necessitavano di patch ma i programmatori non hanno potuto realizzarle perché i fondi del produttore erano finiti. Per chi "sgancia il grano" viene prima la questione che un titolo sia pronto per Natale piuttosto che sia finito e rifinito nello sviluppo. Ci si può ribellare ogni tanto, ed Evolve ha già mancato un paio di date d'uscita, ma alla fine bisogna finalizzare. Forse si ha a volte troppa ambizione e non si vorrebbe mai finire i lavori, ma la data di uscita arriva sempre. Ormai le riviste di videogame devono ciecamente valutare la bontà di un progetto che, già sanno, per i tempi che corrono (e parlo di ormai tutti i titoli grossi sul mercato) avrà dei grattacapi fin da subito. Gli daranno un buon voto anche nella speranza dei miglioramenti futuri perché il biglietto per vendere e sostenere nel tempo il loro sudato lavoro, la ragione per cui si corre nel negozio con denaro sonante e si assiste all'incontro produttore-consumatore, è pur sempre, nella maggioranza dei casi, il voto che loro danno alla recensione o la capacità con la quale fanno salire l'aspettativa degli utenti.
Incredibile il potere di vita e di morte, in senso figurativamente "gladiatorio", che sta nelle mani di un quarantenne che per lavoro deve giocare a Super Mario. 
Il sistema però per me si può rovesciare, senza che le aziende falliscano e si creino disoccupati.
Il punto è che "le software house e chi le produce hanno bisogno della stampa, forse più di quanto la stampa abbia bisogno di loro". Mi spiego meglio. 
Dare maggiore ruolo ai programmatori e alla felicità dei giocatori è nel potere delle riviste di videogame. Basterebbe fare (ed alcuni illuminati già lo fanno) questo.
Se il gioco non funziona, ed in modo grave come in questo caso, sarebbe appropriato astenersi dal valutarlo fino a che diventa "stabile" o, più incisivamente, bocciare il prodotto completamente e platealmente fino a che non viene aggiustato con una recensione che specifichi, sottolinei ed evidenzi in rosso "allo stato attuale".
Sarebbe l'unico modo per mandare a rotoli il "day-one commerciale", imposto da chi nulla sa di programmazione e divertimento, per inaugurare un più proficuo "day one del giocatore".
Certo, Metacritic dovrebbe "aggiornarsi" nelle valutazioni, ma vedere come il titolo possa "salire o scendere" nei voti non sarà mai un vero problema. A maggior ragione oggi, laddove un videogame tra dlc e varie vive per diversi mesi di aggiunte, si potrebbe dare un giudizio "immediato" e uno "a fine carriera", utile per chi volesse recuperarlo.
Ma a prescindere da tutto rimarrebbe lecito almeno "avvertire" quando le cose non quadrano. Magari allegando alla recensione una specie di cartella clinica del gioco.
Non voglio più sentire di gente che vede un bel voto, compra un gioco e ci rimane male perché è "rotto", anche se solo momentaneamente. I glich esistono, i bug si risolvono, plauso ai programmatori virtuosi che si impegnano perché il loro gioco diventi anche il gioco preferito degli acquirenti stanno a sentirsi chilometri di lamentele sui forum. Ma quando il problema è grosso (per quanto imprevedibile), ripeto, toccherebbe fermarsi e dire "alt agli acquisti". Almeno per correttezza.
Questo è tutto, lo so non è niente di clamoroso, ma è sentito, un po' incazzato e onesto.
Parleremo con entusiasmo di questo innovativo interessante brand. Ma solo quando sarà funzionante almeno sotto l'aspetto dei salvataggi.
Questo 00 su 100, primo "voto" che diamo in un blog in cui aborriamo ogni tipo di voto, lo regaliamo tutto ai pr di Take2.
Tutte le riviste e blog dovrebbero lanciare segnali di questo tipo, per poi applaudire quando un prodotto invece funziona e va alla grande.
Chiudo con una canzone che racconta ai puri di cuore perché amiamo giocare col computer. Sì, magari è un po' naif...

Update 24.2.2015: Info prese sempre dalla amabile, pepatissima sezione "bugs"del forum di Turtle Rock Stidios. Tre minuti fa, tipo. Una patch per sistemare il problema della perdita dei salvataggi pare in fase di certificazione e quindi nei "prossimi tempi"(da una settimana al mese, dipende da Microsoft, Sony e dal Padreterno)dovrebbe comparire a sistemare la magagna. Intanto pare ci siano casini anche per i dlc, season pass, mostri che si incastrano...Ma è la regola, lo sappiamo. Dopo che la patch dei salvataggi sarà operativa magari un aggiornamento sul gioco lo faremo.
Update 5.3.2015 : i problemi di salvataggi persi sembrano risolti, il gioco è affrontabile al meglio adesso. Permangono problemi di coordinamento tra giocatori ma questo non dipende dai programmatori, serve giocare al gioco assiduamente. Rimane il single player con i bots il modo più proficuo con cui divertirsi se non si ha degli amici con cui confrontarsi online, ma anche su questo aspetto si potrebbe migliorare un po'la IA dei bots, tanto alleati quanto avversari, in modo da introdurre magari più livelli di difficoltà. Il gioco sa prendere e potenzialmente cresce maggiore è il tempo che siete disposti a spenderci sopra, anche se per ora del lungo piano di uscite dei dlc pianificati, che saranno gratis (dicono) per quanto concerne le mappe di gioco, non si è ancora intravisto nulla. Pertanto un bel 70/100 oggi glielo possiamo dare sereni e con le nuove future aggiunte il voto potrebbe ancora salire.
 
Talk0

mercoledì 18 febbraio 2015

Taken 3 o Tak3n o il terzo film di Neeson al telefono.. e l'abbiamo visto!! ..o quasi..

L'ex agente speciale Millis è tornato, è invecchiato, male, ma ancora letale. Lo hanno fatto arrabbiare, di nuovo.  Ed è pronto a minacciare tutti al telefono con la sua voce profonda. E noi siamo in sala. A vederlo arrabbiato con i cattivi e, con la stessa espressione,  con le cose più sceme della vita di tutti i giorni.


Ciao "leconseguenzedeltroppotempoliberisti"! Come va? Il periodo è un periodaccio e il tempo libero ai minimi storici, ma noi teniamo botta e stiamo organizzando il grandissimo ritorno a pieno regime totale di pubblicazione. Certo, sono serissimo!
Così in un momento di svago, risicato, io e il mio socio del blog siamo andati a vedere al cinema l'ultima fatica di quel regista ridicolo che risponde al nome di  Megatron Megaton, produzione Luc Besson e terza istallazione artistica per uno dei personaggi più scemi quanto letali del b-movie moderno, l'ex agente segreto Bryan Millis interpretato da Liam Neeson. Un tizio impacciato nella vita di tutti i giorni ma terribilmente efficace nel suo vecchio lavoro di ammazza-cattivi . L'uomo dai dieci milioni di meeme che sta al telefono e dice "io vi troverò" dopo che gli hanno rapito figlia, moglie o "altro".
E noi a Neeson vogliamo bene, sempre. Perché è un attore vero ma ama sporcarsi le mani nel trash. Alcuni poco informati pensano che sia un grande che si sporca le mani nel commerciale-becero solo ora, per pagare il gas e i gratta-e-sosta, ma non è così. Neeson ha sempre fatto tanto la serie a che la b, con il massimo, invariato impegno. Girava Schindler's List ma anche il cult trash Dark Man. Era Jedi in Star Wars, cattivo sofisticato in Batman Begins ma pure, con stessa professionalità, il trasharo Zeus versione Bud Spencer di Scontro tra Titani. E se avesse fatto qualcosa tipo Abramo Lincoln Cacciatore di Vampiri potremmo pure tenere il poster in salotto. Vogliamo un reboot di Abramo Lincoln Cacciatore di Vampiri con lui!!!
Ma non divaghiamo. Siamo qui perché gli vogliamo bene, questo è il succo, e amiamo vederlo crescere e invecchiare con noi, con le rughe che si moltiplicano, la camminata stanca, la schiena che non è più dritta come agli esordi e le controfigure che si moltiplicano. Ci immedesimiamo, anche se fa quell'amabile cretino di Bryan Millis. E Millis è un eroe amabilmente tragico anche in questo Tak3n , come dal primo momento in cui lo abbiamo visto, in quella pellicola che è arrivata da noi come Io vi troverò. Super spia in pensione e dedita alla birretta serale con il suo amabile gruppo di ex spie, padre fuori tempo massimo che cerca di recuperare il rapporto con la figlia, ex marito premuroso e un po' ossessivo, uomo medio imbranato. Perché l'infanzia della pupattola l'avrà persa a sparacchiare e ora si sente in colpa. Lo abbiamo visto così comprare in un negozio di giocattoli e nel 2006 un karaoke a cassette rosa a pile e cuoricini a una figlia ultra emancipata e semi maggiorenne, Maggie Grace sempre carina (e troppo sotto-utilizzata) da Lost in poi, che sta per partire per un tour di sesso in Europa seguendo gli U2. Lo abbiamo visto cercare la figlia per le lezioni di scuola guida mentre questa sta facendo sesso, non protetto, con un ragazzo di cui lui ignorava l'esistenza. Oggi lo vediamo arrivare alla porta della figlia con un peluche di due metri mentre lei ha appena fatto il test di gravidanza, positivo, per il motivo di cui sopra. Sempre in ritardo di almeno 10 anni, sempre buffo ma titanico nel volerci comunque provare a fare il padre perfetto. Gli viene meglio educare la figlia nell'arte della sopravvivenza, di fatto. Ed eccolo insegnare tattiche di sopravvivenza, guida acrobatica in sparatorie reali, come lanciare granate in centro abitato. E in un mondo assolutamente bigotto come quello di Taken, Millis ha sempre fottutamente ragione. Vuoi andare all'estero a scopacchiare? Ti può rapire la mafia albanese. Non vuoi imparare a guidare bene? Non puoi sopravvivere (roba di tutti i giorni) a un inseguimento ad alta velocità a Istanbul. Tutto torna. Al contempo Millis vuole recuperare il naufragato rapporto con la ex moglie, la Framke "Jeen Gray" Janssen.  Naturalmente anche qui è lei che sbaglia e lui ha ragione! E sembra quasi riuscirci con il tempo, perché la moglie si è messa con un tizio anaffettivo e un po' dispotico. E la moglie ci starebbe pure, ma lui non vuole cornificare il neo-marito per correttezza. Fa tenerezza la cosa, anche perché una Framke Janssen così arrapata non si vedeva dai tempi di Nip'Tuck... E infine c'è Millis e il mondo, concetto esteso che non ha ancora afferrato per bene ma di cui è curioso abitante. Se deve andare in missione all'estero si compra sempre una guida con i posti tipici e la storia locale. Un libricino da due righe, un bigino, ma lo fa. Se conosce una cantante le chiede se ci sono prospettive di carriera per la figlia, come fanno le nonne che ti cercano un posto di lavoro in comune dal cugino del prozio (una volta funzionava così almeno, altri tempi). Millis che pulisce il vetro della macchina con la stessa convinzione con cui spara in missione. Millis è la rivincita dell'action hero nel mondo reale. Quello che dovrebbe essere John Rambo oggi. Un po' trombone ma che in fondo ha capito tutto lui del mondo, No dai, sto svalvolando. Torniamo con i piedi per terra. Questi film sono folli e non sarebbero così divertenti se non lo fossero. Il modo in cui accadono le cose in queste pellicole è sempre fuori di cozza, surreale. Forse lo sceneggiatore ha sei anni. Un bambino di sei anni prodigio, bravissimo nelle scene d'azione non si discute, ma sempre un bambino di sei anni.
E siamo così arrivati al 3.  Il trailer era questo.


Non è un caso il sottotitolo italiano. La dimostrazione che Millis ha sempre fottutamente ragione sulle regole del mondo. Certo, uno spoilerino sul finale, ma se non lo avevate capito dal primo film dove si sarebbe andati a parare, in una saga che fa delle "telefonate" il suo perno, siete stati parecchio distratti (e turbati) da Maggie Grace che nel 2 lanciava le granate sui tetti di Istanbul come in un livello di videogame.
Ma non siamo qui per un prodigio di Nolan, un approfondimento da Scorsese, roba colorata stile Jackson e Del Torno o colpi di scena alla Singer.
Così ci becchiamo quello che è una specie di remake de Il fuggitivo con Harrison Ford, ma in salsa transformers bessoniana. Questo è almeno quello che ho colto, perché si spara ma non troppo e io avevo la panza piena dopo il consueto pranzo all-you-can-eat. Gianluca qualcosa in più ha visto e se vuole può colmare il resto della visione con un commento personale.
Quello che ricordo. Il pupazzone di peluche gigante e triste. Maggie Grace sempre più carina. L'ex moglie che "ce prova". I bomboloni caldi o quello che erano, che stanno poi al centro della storia. Una bella fuga nelle fogne. Un po' di supercazzole hi-teck grazie agli amici ex cia. Forrest Whitaker, sempre eccelso, che fa il poliziotto pieno di tic che segue il presunto criminale, gioca con gli elastici, ha in tasca un cavallo degli scacchi e dice cose sensate, un bel personaggio. Poi si svelano in più fasi i cattivi, i russi dalla panza grossa, e mi accorgo, tra questo e John Wick, che ormai negli action movie si sfoggiano armi tecnologiche da paura che manco pensavo esistessero al di fuori di un videogame. A questo turno una minigun portatile. Ah, e poi c'è una scena di parcheggio sulla rampa da antologia. Il resto me lo sono ampliamente dormito, sereno, con il sorriso sulle labbra perché vedere Neeson in questo film è un po' come andare dai parenti e addormentarsi sul divano dopo il pranzo. Lo zio prima ti parlava della resistenza poi quando perdevi i sensi ti metteva una coperta e ti dava un buffetto. In Taken 3 c'è quindi per me aria di casa.
Quello che ho visto l'ho trovato divertente. Non clamoroso ma divertente. In John Wick ci si mena decisamente di più ma la storia rimane sempre una storiella e forse in questo Tak3n è più divertente. Questo è un po' lo "stato" dell'action puro al cinema oggi. Quello che non è rimasto contaminato dai supereroi o dalle macchine guidate dai tamarri (ormai genere a sé, dopo Fast'n'furious, The Italian job, Need for Speed, Torque, Xxx, ecc.). Un action che pare qualcosa di simile a Walker Texas Ranger. Recitato discretamente, divertente con riserve, tutto sommato innocuo. E Liam Neeson è perfetto anche qui, come sempre, tutto il cast è appropriato, molte scene action divertenti, la fotografia patinata quanto basta, il ritmo discreto. Ci può stare. Può divertire anche se è moooooooooooooooooooooolta la sensazione di "già visto". Ma "fuori dal mainstream" ci sono chicche inarrivabili come The Raid e relativo seguito, piccole bombette come il secondo La notte del giudizio - Anarchia.  Si può fare di più. Anche un po' più di Maggie Grace in bikini, come in Taken 2, non sarebbe guastata..Poca gnocca...che è sempre un male per il mondo...
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martedì 10 febbraio 2015

Confession - Kokuhaku di Fukumoto e Kawaguchi

Come sanno tutti gli alpinisti del mondo, il monte Owari se affrontato sotto una tempesta di neve può essere letale. E al grido di "montagna assassina" al posto del più realistico e pragmatico "alpinista pirla", qualcuno comunque cerca di affrontare l'escursione verso una sperduta baita nel giorno peggiore dell'anno. La spedizione si compone di sole due persone, perché il resto del gruppo ha decisamente tirato pacco dopo aver visto il meteo e perché, in ogni caso, fa brutto tornare in un posto dove pochi anni prima è morta misteriosamente una loro amica, Sayuri. Ma il burbero Ishikura e il fighetto Asai non vogliono perdersi la gita e così vanno dritti a morte certa quando prima uno di loro si ferisce gravemente e in seguito si perdono nella tempesta di neve. Morente, Ishikura sente il bisogno di liberarsi dai peccati prima di incontrare Buddha, così confessa ad Asai, l'unico vero amico di tutta la vita, di essere stato lui, in un impeto di rabbia da amante respinto, a uccidere Sayuri. L'uomo piange e chiede perdono, Asai glielo concede e Ishikura sembra abbandonarsi al suo destino felice. Ma la sfiga è dietro l'angolo. La tempesta di neve si dirada e la baita è a un passo. Toccherà sopravvivere. Ma sarà contento Ishikura di aver rivelato all'amico il suo crimine, ora che potrebbe continuare a vivere in pace? Sarà contento Asai di dover sopportare il peso di quel segreto senza cadere in tentazione e dirlo alla polizia? Tra i due inizierà una guerra psicologica all'interno del piccolo rifugio, in attesa dell'arrivo dei soccorsi.
Con il clima rigido maledetto di questi giorni e il tempo risicatissimo, fa sempre piacere imbattersi in un manga veloce, autoconclusivo, intrigante e machiavellico come questo Confession , proposto da Planet Manga e disponibile in fumetteria da gennaio. Sembra davvero di avvertire il freddo che permea questo manga. La storia è abbastanza convenzionale, semplice ma tesa, ben gestita e "interpretata".  Lo svolgimento è ordinato, scandito dalla successione dei colpi di scena, chirurgico nel creare tensione grazie al consueto, matematico, rigore dei thriller nipponici. C'è chi ci vedrà arrovellamenti mentali degni di Detective Conan o situazioni paranoiche alla Death Note o ossessioni sul ruolo del tempo degne dei romanzi di Keigo Higashino. Lasciate da parte le suggestioni da film action-survival statunitense, qui è tutto introspettivo e poco urlato, con un oggetto spostato sulla mensola di un armadio che fa molto più rumore di un elicottero che esplode. I due protagonisti, facce speculari della stessa moneta, allestiscono un continuo gioco del gatto con il topo, prettamente psicologico,  pieno di colpi di scena e rovesciamenti di prospettiva dovuti al successo o meno di azioni che valgono quanto punti di una partita a scacchi. Ogni stanza della baita, con i suoi oggetti e i suoi accessi, diventa una piccola zona di battaglia da difendere, blindare nella prospettiva che il nemico, reale o ipotetico, la invada. Ognuno tiene caro il suo spazio e le sue carte. Il narratore ogni tanto cambia anche il punto di vista, seguendo tanto Asai quanto Ishikura ed è una vera boccata d'aria fresca. Dietro l'angolo c'è sempre la prospettiva che gli eventi precipitino e l'ansia sale di pagina in pagina perché anche noi intuiamo le contromosse. Anche i dialoghi, tesi e che volutamente "girano a vuoto" vanno a incrementare il disagio del lettore, l'autore gioca con l'incomunicabilità e ne fa quasi un manifesto in alcune geniali sequenze dove mette letteralmente davanti il fatto-naturale dello scorrere del tempo alla descrizione dei dialoghi.  Fukumoto ha un grande senso della tensione e i suoi personaggi sono drammatici quanto credibili, apparentemente semplici ma sempre più dettagliati e "sporchi" pagina a dopo pagina, al punto da capovolgere la percezione anche del lettore. Ma il manga non potrebbe essere tanto incisivo se non fosse per gli ispirati disegni di Kawaguchi, semplici solo a una lettura superficiale, magari retrò, con l'addentrarsi nella lettura si rivelano precisi in ogni dettaglio, essenziali, potenti e disperati. C'è molta violenza ma resta sempre accennata, nascosta tra le vignette, come in agguato e quando esplode, in pochissimi casi, lo fa in modo dirompente. Una bella prova.
Una lettura interessante, magari troppo lineare per essere ricordata come un classico, ma che si fa amare per i mille dettagli. Un ottimo intrattenimento per i giorni di neve.
Talk0

giovedì 5 febbraio 2015

John Wick - la nostra recensione



Due parole sul film: John Wick è un personaggio fittizio super-armato ed esperto di sterminio di massa interpretato da un attore bolso e senza più minimi guizzi recitativi che ultimamente ha deciso di dedicarsi alle coreografie di kung fu, pistolettate e basta. In pratica uno stuntman e in questo film è pure diretto da gente che faceva gli stuntman, garantendo la massima coerenza possibile del prodotto: qui si picchia e si spara e basta.  Magari la trama viene scritta su un post-it ma chissene. Quello che dovete sentire in sala è solo bang bang bang per 90 minuti. E magari pure divertirvi a cannone.
Il film ha comunque questo pensierino alla base.
John ha uno strano passato alle spalle che pare uscire dritto da un fumetto di Brian Azzanello e costituisce l'unica vera idea interessante di tutta la pellicola. John veste di nero, è grosso, ha la faccia cattiva giusta dello spaccamondi, tante, tante pistole, una Mustang '69 badass full black che ruggisce come una pantera. Tanta gente solo a nominarlo si caca sotto. Così come per "Voldemort", si preferisce riferirsi a lui con un nomignolo più rassicurante. L'uomo nero. A differenza però del 97% degli eroi-antieroi-supereroi-supercriminali ora al cinema, John pare una persona "normale", dove "normale" sta per Charles Bronson  stra-motivato a far trionfare il "bene risentito" in pellicole tipo: "ll giustiziere della notte 25: chi ha ucciso il mio criceto la pagherà". Gente "normalmente" incazzata ma che non vive con un costume colorato addosso o in location - cartoline stile Abu Dhabi, piene di puttanoni, muscle car e di birra Corona. John, ed è qui la forza del personaggio, sembra un tizio qualsiasi e l'immedesimazione del tizio qualsiasi in lui è totale. Al solo guardare John che stermina sullo schermo milioni di comparse, uno si sente bene, appagato e pronto ad affrontare un altro giorno del cavolo nella routine. E cosa c'è di meglio dell'uomo comune timido che sbrocca giù duro e asfalta il pianeta terra? Forse l'uomo comune che ha già asfaltato il pianeta terra e sta solo aspettando la nuova occasione-pretesto per farlo. E il pretesto per svegliare il mostro-interiore arriva presto, risibile quanto volete, ma arriva.
La cosiddetta trama: All'inizio del film vediamo John in forma umana, con l'attore che lo interpreta in una fase quasi di rinascita recitativo-drammatica che paiono i tempi che recitava con la Bullock. John è un sereno, noioso, uomo sposato, felice. Purtroppo però una brutta malattia gli porta via la tanto amata consorte e John non può prendersela con Dio, scatenando una guerra ultraterrena, perché il budget del film, roba da tre happy meal piccoli, non lo permette. Magari nel seguito si potrà fare qualcosa, vedo bene un crossover Drive Angry - John Wick, roba che costerebbe almeno 6 happy meal, ma per ora dobbiamo stare con i piedi per terra. E così John subisce. Depressione, cucina svogliata a furia di quattro salti in padella, poca voglia di continuare a vivere. Ma ecco il pretesto tanto atteso per la strage. Cioè la svolta narrativa. In casa arriva l'ultimo regalo della moglie, una cucciolotta affettuosa che speriamo non sia stata in una scatola in balia del corriere Bartolini per oltre un mese. La cucciolotta è allegra, intelligente, recita meglio di Reeves, vincerà qualche premio. La vita sembra almeno un po' più sopportabile per John Wick, oggi tutto intento a comprare il Ciappi e coccolare la pupottola. Per sfogarsi senza comprare una playstation poi si arrangia. Va a farsi giretti sulla pista dell'aeroporto locale con la sua Mustang. Sì quest'ultima cosa pare all'inizio strana, ma poi con il proseguo del film si spiega in modo chiaro: John è (metaforicamente) il fratello cattivo di Satana e tutto il mondo pur di non fargli girare le palle (garantendosi una brutta morte) gli permette di fare tutto quello che vuole. Pochi giretti nell'aeroporto dopo, John è sulla sua Mustang d'epoca a fare la benzina presso un distributore frequentato da truzzetti gangsta-wannabe. Un bulletto si avvicina. Anzi, "IL" bulletto. La vittima sacrificale perfetta, l'esserino odioso che magari nella vita vera riesce a rompere l'anima ma che sul grande schermo, in orgasmo catartico il protagonista riesce sempre a fare a pezzi con calci in faccia. Il bulletto, l'unico in 400 miglia che no sa chi sia John Wick (perché viveva all'estero, scopriremo), vuole la sua macchina ed è disposto a pagare bene. John dice che non è in vendita. Il bulletto minaccia. Un secondo dopo arriva quello più sveglio dell'entourage del bulletto a rimbrottarlo e  a scusarsi con John per l'insolenza del bamboccio. Perché John è sempre il fratello cattivo di Satana, lo sanno tutti ecc. ecc., anche se ora copra Ciappi, ricordiamolo.  Ma il bulletto non demorde e la sera stessa con altri bulletti (che vivevano all'estero? Questo non ce lo diranno..) gli si fionda in casa, lo tramortisce (cosa strana per l'uomo nero, il fratello cattivo di satana ecc. ecc. che comunque qui le prende come un fesso), gli uccide il cane e ruba l'auto. Il bulletto, felice, giunge da un meccanico fidato, il meccanico vede l'auto e sbianca e lo schiaffeggia. Il bulletto è il figlio cretino di un boss locale che ben conosce John, chiama il papi e dice che lo hanno picchiato due volte in tre ore. Il papi vuole incontrarlo ed è allora che anche lui lo prende a sberle. Perché è sicuro che ormai il figlio abbia praticamente una condanna a morte incisa sulla fronte. Il papi cercherà di far ragionare John e non riuscendoci allestisce una spaventosa guerra preventiva contro di lui mentre questi è intento con un martellone a dissotterrare dal pavimento della sua villetta una montagna di armi. Come finirà la pellicola? Seguono bang bang bang per quasi due ore.
John Wick, il b-movie che aspettavamo. Questo è un film che fa la selezione all'ingresso. Non tiriamo in ballo "La vendetta di Porter", "Man on Fire", Man from Nowere,  "Il corvo", "Il punitore", "Un giorno di ordinaria follia" o altri grandi classici del revenge-movie. Qui siamo a minimo sindacale, zero o quasi interesse-approfondimento dei personaggi (a  parte un paio di mossette cool), zero sorprese narrative e chi entra in sala sa benissimo di cosa ha bisogno ed è già stato sbeffeggiato dai parenti che hanno sentito le recensioni tv in stile: "chi ha ucciso il mio Fuffi la pagherà". Ma questo non importa. E la cagnolina a me ha pure commosso. Tutto quello che conta è la solidità granitica e un po' burina del progetto. Un film 99% azione e 1% di trama, nelle mani di gente che se ne intende di botte e spari. Gente volenterosa che assembla per il protagonista (che naturalmente è affetto de semi-immortalità per il tipo di film) legioni e legioni di bersagli umani. Si perde davvero il conto a volte  e capita pure che lo perdano anche i registi, dove travolti da body-count ultra-generoso, dimenticano qua e là di aggiungere gli effetti visivi di spari o buchi in faccia. Il ritmo è tanto concitato, sembra un lungo livello di un videogame spara-spara, si perdona letteralmente tutto il "già visto" narrativo, si viene travolti dal rimbombo dei colpi, si va a casa e si è sereni. Reeves è bolsissimo, tremendo, smorto, non fa nemmeno finta di dare realismo al personaggio, magari schivando un colpo o due, avanza e spara come il più motivato Steven Seagal, con nessuno che lo colpisce. Colpisce e spara in fronte, ri-colpisce e spara in fronte, sempre con armi più grosse e cattive. Ed è immenso in questo, iconico e ironico. Il resto del cast esiste. Nel senso che ci sono pure succulenti personaggi come il boss di Michael Nyquist, il cecchino di Willem Dafoe, l'assassina subdola di Adrienne Palicky, il direttore dell'albergo Ian McShane (sempre immenso). Solo che sono parecchio messi da parte in ragione del ruolo-vortice del protagonista, comparse (pur sfiziose) o bersagli mobili. Certo la parte di trama relativa all'hotel Continental come la questione delle "monete degli assassini", trasportano per un istante il film in una specie di mondo parallelo, strano e cool, abitato da oscuri personaggi con proprio codice d'onore, rituali e cotillons, ed è davvero una figata, pare una trovata uscita da un numero di 100 bullets di Azzanello. Fa quasi pensare, per un istante, che messo in mani migliori poteva saltarci fuori un piccolo classico. Perché sì, di quel 1% di "trama" alla fine devo parlare comunque. Ed è tragico. Non si può solo accumulare personaggi cool, bisogna pure farli interagire. Mancano i minimi sindacali dell'intreccio narrativo, climax e anticlimax. Un personaggio chiave a metà film non c'è più e si perde quasi il senso di quello che si sta vedendo. Gli sprechi di personaggi sono ovunque. Ma non importa, ci si diverte comunque e si vuole vedere fino a che punto arriva il nostro allegro sterminatore. Riuscirà a vendicare il cane? Riuscirà ad essere felice? Ma chi governa un mondo tanto marcio? Risposte che avremo magari presto, perché per il successo a profusione della pellicola è in cantiere già pronto un numero 2. Perché alla fine John Wick è il film action da vedere senza essere costretti a skippare sulle scene dove non c'è azione. Ci hanno già pensato i registi. Nemmeno lo sforzo di schiacciare il tasto ffw, tutto già pronto. Cosa si può volere di più?
Come direbbero i Nirvana
Here we are now, entertain us....e pure quello che segue...
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domenica 1 febbraio 2015

Dylan Dog n. 341 : Al servizio del caos



Sinossi breve senza spoiler: Il nuovo telefono Ghost 9000 sembra aver portato a Londra, e nel mondo, un'ondata di pazzi come ai tempi degli Uccisori (numero 5 storicissimo amatissimo). Il produttore dell'aggeggio, John Ghost, chiama a indagare Dylan Dog, mentre le vittime si moltiplicano.
Giudizio breve senza spoiler: un numero con spunti interessanti, ma dal punto di vista narrativo davvero bruttino.  Disegni più che validi, giusto per farci incazzare.
Il commento, con spoiler acclusi, leggere a proprio rischio e pericolo: Andiamo per punti.
1) John Ghost: In città è arrivato un nuovo supercattivo, si chiama John Ghost e risponde a tutti i requisiti della perfetta "nemesi" per il nostro indagatore dell'Incubo. Entrambi hanno un guardaroba pieno di vestiti identici, entrambi hanno un assistente fedele, entrambi sono di bell'aspetto e hanno uno spiccato successo con le donne, entrambi guidano una macchina con targa "personalizzata". Ma uno è biondo e l'altro moro, uno ricco l'altro povero, uno veste bianco e l'altro nero, uno tecnologico l'altro tecnofobico, uno immanicato alla grande e l'altro giusto con un amico che una volta contava qualcosa e che per esigenze di trama sta in villeggiatura. Naturalmente, ma questo è ricercato e voluto, uno è il "bene", l'altro il "male". E Ghost, che parla direttamente ai lettori abbattendo la quarta parete come DeadpoolRiccardo Terzo di Shakespeare e il deputato Underwood di House of Cards è stracontento, felice, di essere il cattivo per eccellenza, un cattivo fieramente integrato nel suo paese, l'Inghilterra. Recchioni gioca con la cultura pop per rendere più gustoso il concetto. L'Inghilterra, illustra nell'albo, ha tante facce e una di queste potrebbe essere proprio John Ghost. La terra di Albione è patria di  eroi (di carta e celluloide) come James Bond ma anche/ancora "colonia capitalista cattiva" (anche nell'accezione moderna il "male" non cambia, il paese ricco tiene in schiavitù il terzo mondo che in catene di montaggio disumane produce i nostri beni di lusso). L'Inghilterra è terra dove puoi incontrare artisti anticonformisti (ancora di sola carta e celluloide) come Alan Moore (o, nello specifico, suoi tremendi fan-cloni usciti in trip dopo la lettura di Fungi di Yuggoth e altre colture, andatelo a recuperare che è uscito da poco rieditato da Panini), ma anche personaggi dello spettacolo tipo lo chef televisivo Gordon Ramsey (anche questo citato e disegnato, Gordon entra a far parte del cast di Dylan Dog, grande evento di questo numero... naturalmente scherzo, lo preciso perché molti lettori sembrano carenti di senso dell'umorismo) e se ti va di grassa, e conosci davvero chi conta, nella capitale ti imbatti pure nella Regina. Tutti personaggi-icone riconoscibili di un affresco in cui John Ghost, dicevamo, è parte. Ghost che  con la sua multinazionale ha tra le mani un po' tutta la tecnologia del futuro, dallo spazio alla nutrizione, dall'intrattenimento alla comunicazione. Mancava nell'Inghilterra di Dylan Dog un epigono maligno e ultra-capitalista riconoscibile e potente come Bill Gates (o il suo quasi-clone di Transformers 4 interpretato da Stanley Tucci), il riccone cattivo e Recchioni ci regala questo John Ghost, pronto a irrompere sul mercato con il suo personale I-phone, il Ghost 9000, che tutti vogliono e tutti cercano e probabilmente tutti spia e manipola. John Ghost è arrivato e tutto il mondo narrativo di Dylan Dog andrà necessariamente "filtrato" con questo nuovo elemento. La cosa ci dispiace? No, affatto. I tentacoli di Ghost (e non solo i suoi, scopriremo) danno anzi l'opportunità di scrivere un mare di storie interessanti e nuove sul rapporto-scontro tra uomo-tecnologia. Il personaggio è ancora tutto da scoprire e il fatto che abbia tanta baldanza va benissimo.
2) Irma il telefono: negli ultimi numeri abbiamo visto come le resistenze di Dylan alla tecnologia si siano sempre più abbassate e ora siamo allo zenit: anche al nostro eroe tocca compiere il grande salto. A monte il "barbonismo", anche lui si fa lo smartphone. Glielo regalano, ma lui se lo tiene comunque. Bene, e con il Ghost 9000 con cui fare i selfie è arrivata anche l'intelligenza artificiale integrata: Irma, che ha doti apparentemente sconcertanti. Riesce ad avvisarti, non si sa con quale sistema di telecamere, se qualcuno sta per spingerti sotto un treno. Ride alle battute di Groucho. Compie ricerchine in rete. Ecco, per fare in modo che Irma possa sfoggiare le sue doti multimediali-investigative ci vengono regalate le assolutamente folli pagine 45 e 46. Al di là della verbosità folle, quello che succede in quelle pagine non so se sia una svista dell'autore ma è qualcosa di pazzesco. SPOILER Dylan deve indagare su morti strane relative all'uscita del nuovo smartphone e prende l'incarico dal produttore. Ora, al momento di prendere l'incarico, un cretino avrebbe chiesto al produttore, che gli ha appena esposto come le vittime non siano collegate tra loro e che crede possibile la via paranormale, il nome dell'artefice dello smartphone. Invece Dylan non lo fa. Si porta a casa in cambio lo smartphone omaggio e lascia smanettare Groucho a trovare informazioni sul possibile costruttore. Groucho le trova in un attimo (prende wikipedia), tre minuti, e allora Dylan riceve una telefonata "inaspettata" dal produttore-Ghost che gli dice dove può trovare il costruttore. Dylan si irrita. Irma il telefono ha comunicato in tempo reale a Ghost la sua ricerca e questo lo ha chiamato. Privacy violata. Più avanti il nostro indagatore smemorato si dimentica pure di questo "controllo a distanza" dimostrandosi un cretino, ma è doppiamente cretino perché ha preso un incarico senza aver fatto a Ghost la più banale delle domande: "chi ha fatto questo aggeggio e dove lo trovo?". FINE SPOILER La trama sembra davvero essere stata "forzata" per introdurre Irma e la cosa non funziona benissimo. Inoltre se tutte le indagini del futuro saranno svolte da wikipedia (come già nei numeri passati..) ci si potrebbe chiedere a che pro chiamare un detective. Parte anche il dubbio che avendo reso parzialmente inaccessibile Scotland Yard a Dylan, Irma supplica nei casi in cui a Dylan servano risposte immediate. momenti in cui lo sceneggiatore di turno non c'ha voglia o le pagine per fare tutta la nuova utilissima trafila (ipotetica) che temo possa essere: "vai da Carpenter, Carpenter ti caccia, vai da Rania, Rania cincischia e ti aspetta fuori, Carpenter lo scopre e ti minaccia, Rania viene cazziata, Carpenter si accorge della buona fede di Dylan e supporta" (chiamiamola pure "supercazzola alla Don Matteo" per intenderci..)
3) Un po' di mal di testa post lettura. Chiarito come il personaggio di Ghost di  per sé vada bene e come l'introduzione di Irma ci lasci in parte sconcertati per i "modi", la storia del mese di Dylan Dog ci è parsa parecchio strana, surreale. Probabilmente è tutto voluto, come il nostro eroe siamo stati manipolati da John Ghost. L'idea di utilizzare la cultura pop, da Ramsey a Bond, per rappresentare Ghost come una delle tante diverse facce dell'Inghilterra "che ci è nota" ci piace, così come ci piace la rappresentazione ultra-realistica di Londra, tra Underground,  Harrods, Backingam Palace, il Tower Bridge, tutto "da cartolina". E il lavoro dei disegnatori è encomiabile, a livello visivo l'albo è davvero notevole. Ma il problema di tutto questo albo per me si potrebbe restringere a questo oggetto, vetusto, appena accennato e ormai quasi cimelio del passato: "la cartolina". Immaginette iconiche dei luoghi di villeggiatura che nel cenozoico ci scambiavamo con amici e parenti per farli morire di invidia per essere stati a Imperia a luglio. Per descrivere "l'Inghilterra di John Ghost", Recchioni ci bombarda di "cartoline", immaginette pop ed ecco Alan Moore, Ramsey, la Regina, Harrods, lo speudo-Iphone. E dove l'immagine non è tutto o risulta ambigua, ecco che i personaggi descrivono a parole i luoghi, dicono proprio che ci si trova davanti al ranch di Skyfall, con tanto di macchina alla Bond acclusa e protagonista di una scena alla Austin Power atroce e buffa in un contesto come Dylan Dog ma che molti fan, non si sa perché, hanno gradito (contento per loro). Ma al di là delle cartoline, pur gustose, cosa c'è di Dylan Dog in questo numero? La storia è una cosa così SPOILER Dylan trova l'autore del telefonino, senza alcuno sforzo-indagine. L'autore gli dice che ha fatto una cazzata e forse l'oggetto porta sfiga e Dylan se ne va senza chiedere altre spiegazioni o rimedi o chiamare in aiuto, chessò Wells o dire alla polizia di ritirare il prodotto. Dylan va dal produttore, gli dice di ritirarlo dal mercato perché "glielo ha detto quello". Il produttore non lo fa perchè tra sei mesi c'è l'aggiornamento riparatore previsto e per allora la gente si sarà scordata dei morti per strada. Dylan non si ribella o il pubblico percepirebbe il mega-cattivo meno incisivo. Dylan giura a se stesso che vuole tenere il telefonino. Arriva qualcuno di inaspettatto (davvero non si spiega) a coccolarlo. E finisce così. FINE SPOILER Ok, passiamo che pure qui c'è un'interessante riflessione sulla forza dei media di alterare la realtà e le coscienze (un punto a favore di Recchioni). Passiamo che anche questa è una storia di "presentazione", passiamo che come canta Ligabue "Il meglio deve ancora venire". Siamo sempre, comunque, fiduciosi. Ma proprio la scena dell'auto di Bond, una delle "cartoline" atte a mettere insieme la storia del numero, mi fa sorgere se non una riflessione un "pensierino", come quelli delle elementari. Mi pare di rivedere una vecchia puntata dei Simpsons dove a dei bambini viene chiesto come rendere il cartoon Grattachecca e Fichetto più appetibile a loro. E tutti che entusiasti vogliono, su suggerimento degli adulti, che i loro eroi siano coinvolti in avventure spaziali con robot e alieni. Poi arriva Marge che li convince a sua volta e allora ai bimbi gli va bene pure che Grattachecca e Fichetto abbiano storie di vita famigliare. E tutti ugualmente entusiasti. Tutta roba che una fava c'entra con un gatto e un topo che si picchiano, un prodotto che in origine era horror-splatter-comico. Vedere la macchina di Bond  e Gordon Ramsey, la Regina e Moore tutti insieme mi fa lo stesso effetto straniante, pare (perchè ci ho parlato, incredulo) che alcuni fan amino quelle scene, le trovino "bellissime". Ora ho gli incubi. Magari tra due o tre mesi mi vengono a dire in riferimento all'ultimo numero di Dylan Dog che non ho ancora letto: "wow, che figata la scena della partita di calcio in cui Dylan segna il rigore contro l'Arsenal!!!" Certo, possono essere scene divertenti, anche decontestualizzate, perché no, ma se quello diventa il top della testata e della storiella di base "chissenefrega, non è vitale",  io alzo le mani, hanno vinto loro e forse cose di questo tipo vanno benissimo ed è giusto che ce ne siano sempre di più in una testata che, una volta, ma solo per i tromboni, era horror di taglio investigativo e crepuscolare. Una testata che viveva di sfumature e funzionava anche senza i quadretti detective-polizia degni di "Don Matteo", senza il momento "action-tamarro" alla Michael Bay (che però non guasta mai se fatto bene) e senza che qualcuno urlasse "quello è il cattivo!" (che però non è detto sia un male, ripeto). Si riusciva comunque a creare tanti piccoli mostri-umani e umani-mostri, qualche volta. Bisogna, di nuovo, adattarsi a questa nuova visione della testata. Siamo sempre e comunque fiduciosi. Ma almeno personalmente storie che giustifichino maggiormente il ruolo del "detective" le leggerei più volentieri. 
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