sabato 8 novembre 2014

Interstellar - la nostra recensione





Sinossi, con qualche rivelazione nota dal trailer e situazioni riportate nei primissimi minuti della pellicola. SE NON VOLETE LEGGERE MINIMI SPOILER, ROBA DA ESSERE SCRITTA DIETRO LA COPERTINA DEL DVD  A NOLEGGIO, SALTATE AL PROSSIMO CAPITOLO.
Siamo probabilmente nel futuro, ma tra campi coltivati e pickup rugginosi sembra di stare nell'America rurale degli anni cinquanta-sessanta. Un po' dalle parti di Non Aprite quella porta o Jeepers Creepers. Tra pannocchie a perdita d'occhio e bifolchi con cappellino da baseball, barba e salopette da operai.  La Terra è malata e sta morendo. Le colture non attecchiscono, i cieli sono pieni di sabbia strana, la country music è tornata di moda. La società moderna cerca sempre più nuovi agricoltori e vuole che le persone non pensino ad altro, al punto da negare sui libri di testo strane diavolerie "tecnologiche", come il fatto che l'uomo sia mai stato nello spazio.

tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana

Ma allora non c'è stato, direte voi, l'uomo sulla Luna? No, tutta una montatura architettata tra russi e americani a chi sparava la balla più grossa. Un trucco da guerra fredda per far spendere soldi infiniti a una nazione rivale in una corsa allo spazio infinita. Ma gli americani hanno vinto creando una maxi-balla, i russi perso spendendo un sacco di soldi a replicarla infruttuosamente. Gli americani hanno usato per l'allunaggio un set e trucchetti cinematografici che hanno già ben riprodotto i Myth Busters su Focus Channell, Adam Kadmon ci ha fatto un pezzo e tutti ci hanno creduto. Storia vera. Incredibilmente simile a cose che già circolano oggi in rete...
Il mondo vuole meno ingegneri e più pannocchie, per sopperire al fabbisogno mondiale, al punto da scoraggiare nelle nuove generazioni qualsiasi altro indirizzo di studio. Nel futuro di ogni nuovo americano incombe sempre un trattore.

fin da piccini! niente transformers per lui...

In questo mondo un padre di famiglia vedovo, Cooper (Matthew McConaughey, che qui somiglia incredibilmente a Christian Bale e recita altrettanto bene... sarà l'effetto di lavorare con Nolan), ex pilota della (mai esistita ufficialmente) Nasa, vive anche lui una nuova esistenza di agricoltore, sbarcando il lunario extra aggiustando e reimpiegando alla causa delle pannocchie gli ultimi reperti di una tecnologia quasi scomparsa dal pianeta (e ufficialmente mai esistita). Le sue toste giornate passano così trasformando i computer di droni-spia in molto più utili componente per trattori agricoli. Cooper ha due figli. La cucciola di papà, la piccola Murph (Mackenzie Foy, molto brava), ha ereditato da lui la passione per lo spazio e le cose complicate come la matematica, la fisica e roba da liceo scientifico. A scuola per questo le danno quasi della strega, ma nel futuro diventerà una ricercatrice aerospaziale (Jessica Chastain, un po' spiritata e dal dubbio senso dell'umorismo). Odia un po' il padre per il nome assurdo che le ha appioppato, citazione diretta della "Legge di Murphy", ma che su una femminuccia non calza bene, al punto che il sensibile fratellino la sfotte sempre in tema. Il maschietto, Tom (Thimothèe Chalament), ha buone potenzialità ma l'attrazione verso il trattore è forte in lui e diverrà in futuro un drago dell'aratro meccanico (Casey Affleck, redneck nato, ottima prova). Tutto procede lento in quello che potrebbe sembrare un film degli inizi di M.Night Shyamalan (quelli belli), fino a che la famigliola con tanto di nonno Donald (John Lithgow, sempre bravissimo) viene coinvolta in strani avvenimenti paranormali, che il padre risolve con "roba strana gravitazionale" senza chiamare un esorcista. Se chiamava un esorcista stavamo sempre in un film di M.Night Shyamalan (di quelli belli), del resto, non in una pellicola dal contenuto pseudo-scientifico, settore prettamente Nolaniano. Da qui, di mistero in mistero, Cooper intraprenderà, seguendo misteriose coordinate misteriose, un viaggio verso l'ignoto a bordo di una navicella spaziale. Incontrerà nel mentre i personaggi misteriosi interpretati da Michael Cane e Anne Hathaway. Avrà a che fare con robot esteticamente simili a pacchetti di sigarette. Giuro. Vedrà cose da trip acido folle. L'obiettivo di Cooper sarà trovare un nuovo futuro per il genere umano ma questo comporterà forse non poter più vedere i suoi figli, non poter più tornare a casa. Perché per poco tempo che impegnerà nella sua missione sulla Terra passeranno in realtà degli anni. Anni che vivrà nello spazio. Solo. Nello spazio. Con Anne Hathaway. Non credo sarà una insostenibile tortura... ma tra i due non c'è forse molta attrazione... sembra.

(1 di2) Nolan agli attori: Ok! Bene Matthew, ora le mostri il pacco!!


(2 di 2) Nolan agli attori: no scherzavo, ammazza che faccia che avete fatto ah ah ah ah, coppia dell'anno!!
Due parole NO SPOLIER sull'atmosfera del film: Mi fermo qui nel racconto, non voglio svelare troppo perché in effetti non vi è molto da svelare. La trama è piuttosto semplice e qualcuno ne intuirà lo svolgimento in breve tempo. Ma la pietanza, pur già nota ai fan della fantascienza (ho in mente giusto un paio di anime giapponesi, Gunbuster di Anno e La voce delle Stelle, debutto folgorante di Makoto Shinkai, ma al momento mi vengono in mente anche film come Aliens di Cameron, Pandorum di Alvart, Sunshine di Boyle, con un goccio di Solaris di Tarkovskij, tacendo su pellicole che potrebbero avere riferimenti più spoilerosi), è comunque gustosa. Non la classica trama ad orologeria, imprevedibile quanto Inception e The Prestige. Meno sorprese narrative qui dal vulcanico regista-sceneggiatore Nolan, coadiuvato come sempre dal suo fratellino Jonathan in un progetto pare a lungo cullato. Ma questa non è affatto la sua opera minore ma anzi una nuova, ghiotta occasione per il regista per far tacere i detrattori che lo ritengono un esecutore freddo e distaccato delle storie che racconta.
Nolan agli attori: no, qui niente combattimenti alieni, qui ci facciamo solo delle grandi menate...ma belle da vedere, fidati...
Nolan ci mette il cuore, l'amore paterno-filiale diviene il motore di tutta la sua costruzione fantascientifica, affianca e supera qui in importanza uno degli argomenti più cari al regista, quello prediletto in Memento: lo strano fluire del tempo e dei ricordi. Come la cassetta, lo straordinario Awesome mix vol.1 , legata indissolubilmente al walkman e cuffie arancio che Starlord si porta dietro ne i Guardiani della Galassia, la registrazione audio-video diventa il legame tra spazio e famiglia.  Non sono canzoni dei Jackson's Five ma le registrazioni delle voci e volti dei parenti destinate ai cosmonauti di Interstellar svolgono lo stesso lavoro. Con Interstellar Nolan guarda dritto al cinema dai lunghi silenzi e spazi immensi di Malick, (non temendo temerariamente il confronto). Ma in fondo lunghi silenzi e spazi immensi legati a un fluire strano delle ore tra sonno e veglia ce li aveva già fatti intravedere in Insomnia, stupendo quanto sottovalutato film ambientato in un "bianco perenne".

lo spazio è pieno di luoghi bellissimi e pieni di vita... bah...
Il film coniuga tanta vastità visiva con lo strano calore (perché in fondo digitale) che fuoriesce da una telecamera fissa che riporta gli astronauti a contatto con i parenti, un uso originale delle telecamere dai tempi di Paranormal Activity (sempre per non citare da Cannibal Holocaust...) in poi, forse il primo dell'era "pad", ma potrei sbagliarmi. La pellicola fa tanto galleggiare lo spettatore in scenari sognanti, giganteschi quanto inospitali dove all'uomo si accompagnano solo monolitiche entità a forma di pacchetti di sigarette (Kubrick? forse) quanto incede nello sbirciare l'intimità dei protagonisti, racchiusa a forza, in piccoli quadri digitali in movimento dove l'immagine del volto è sempre ravvicinatissima, enorme (e al cinema si nota). Ci sentiamo spioni manco guardassimo, molesti, le conversazioni che hanno i nostri "vicini di treno" con dei parenti, faccia-faccia, telecamera a telecamera in face time sullo schermo di un moderno Iphone. Forse "face time" è una parola che bene racchiuderebbe a sintesi tutte le mille parole che sto spendendo. Immagini e sentimenti  che appaiono sempre lontani, trascendono il presente, memoria su disco di rapporti che restano per la incommensurabile distanza, tanto persi in spazio e tempo quanto essenziali, asettici, puntuali negli update e accolti con rispetto e timore, quanto le bollette del gas. Perché testimoniano, a chi vorrebbe glissare, che la vita "va avanti" anche se si è lontani, pur se il proprio lavoro è per i famigliari a casa, per il futuro. Le nuove generazioni che forse non saranno più nella possibilità di salire su di un  trattore. La vita di chi sta sulla Terra si consuma velocemente come una candela davanti agli "spazianoidi" (di gundammiana memoria, vorremmo). Persone rimaste a casa che in un breve susseguirsi di comunicazioni-asettiche-svogliate dalla Terra, passano da bambini che solo ieri si cullavano a uomini che oggi davanti al monitor appaiono adulti, coetanei se non più vecchi degli stessi genitori.

da grandi spazi a telecamere fisse su volti che sullo schermo appaiono immensi
Chi registra dalla Terra non vede. Fa atto di fede, nel timore di parlare con persone che si credono ormai morte o che in ogni caso non vedranno mai più, comunicano con tutto l'amore che può e il tempo permette ancora di provare. Inviano per anni filmati senza alcuna risposta dall'altra parte, raccontando loro una vita che non potranno mai condividere. Anche qui potevo essere più sintetico, riferendomi ad Aliens di Cameron, alla scena in cui Ripley accarezza con la mano su uno schermo l'immagine della sua (un tempo) bambina, ormai (con l'aspetto di una) donna adulta (e morta da poco). Un'immagine a cui il personaggio di Sigurney Weaver dedica piangendo una ninna nanna.
Il rancore, l'amore, la disperazione, il rimorso per non essere tanto vicini da poter anche solo sfiorare, realmente, i propri cari. La rabbia di non poter camminare sulle strade della propria città perché a chilometri di distanza, l'incubo di essere persi, dimenticati. Circostanze che logorano e spingono verso una depressione vivida palpabile. Resa al meglio da personaggi interpetati da attori incedibilmente in parte, bravissimi nel rappresentare questi sentimenti contrastanti. Le emozioni arrivano dirette agli spettatori e in questo la pellicola richiama l'ottimo Gravity di Cuaron. Di nuvo la gravità, come in questo Interstellar, più o meno a rappresentare sempre il peso dei corpi quanto delle emozioni. Le scenografie sono totalizzanti nella loro dualità. Chi si trova nello spazio "vive nel bianco", è prigioniero di strutture vitali-abitative  essenziali, lapidarie, asettiche bare da sonno spaziale quanto angusti, futuribili, cunicoli. Labirinti di lunghezza infinita e geometria formalmente riconoscibile in figure geometriche semplici. Luoghi-non-luoghi, con echi alla stazione spaziale internazionale, che riportano alla memoria il leggendario 2001 Odissea nello Spazio di Kubrik. Con una musica classicheggiante quanto straniante, di similare suggestione, a sottolineare austerità dei luoghi. A renderceli inospitali. Vorremmo davvero qui L'Awesome mix vol.1 per sentirci più a casa.

Non potete immaginar come si "muove questa cosa"...roba che il "Travelgum" non potrebbe mai salvarvi...
Chi si trova sulla Terra è ugualmente prigioniero di un mondo "marrone fango". Vive nelle gabbie fatiscenti costituite dalle loro abitazioni, di legno, tarlate dalle intemperie, perennemente assediate e ammalate da costanti tempeste di terra che rendono irrespirabile l'ambiente esterno, che obbligano a mettere sul tavolo da pranzo i piatti alla rovescia, per tenerli protetti dalla polvere, per non contaminare le pietanze.  Tanto gli astronauti che coloro che sono rimasti sulla Terra, a intossicarsi di terra su un mondo sempre più brullo e "terroso", sono parimenti incatenati a un destino ineluttabile, definitivo. Accadrà qualcosa di brutto e accadrà a breve. Se le cose andassero male e gli astronauti riuscissero comunque a tornare, potrebbe non esserci vita umana ad accoglierli. Tutti vivono su un filo delicatissimo, in balia di ostacoli continui e che in pochi secondi possono compromettere speranze di anni.

Nolan agli attori: ti butto ora in faccia della terra, ma tieni la mascherina bassa o non si vedono i tuoi occhioni! No, non sono sadico...
Il film è questo in buona sostanza, senza alcuno spoiler rilevante. Una lunga esperienza visiva, appagante, imperdibile, fatta di sentimenti e grandezze siderali quanto piccolissimi (ma giganti sullo schermo) spazi emotivi.
Forse per qualcuno una pellicola troppo lunga nei suoi 165 minuti. Consiglio di arrivare in sala carichi di caffeina, magari evitando la peperonata. Tra ritmo narrativo "meditativo-contemplativo", la dolce colonna sonora e il lento moto delle astronavi qualcuno inevitabilmente potrebbe cadere tra le braccia di Morfeo e perdersi qualcosa di bello. 
Bravissimi gli attori, come già ribadito, belli anche se incredibilmente-affascinantemente vintage gli effetti speciali. Tute spaziali dalla ampia visiera a oblò, che richiamano sempre in qualcosa l'estetica noliana-batmaniana, prendiamolo come segno di "stile". Robot a forma strana che appaiono surreali quanto "i palloni-spia" del telefilm classico inglese Il Prigioniero. Sembrano costruiti direttamente dai mattoncini del Tetris. Scubettano nel  muoversi e la cosa più simile al reale cui asomigliano sono appunto dei pacchetti di sigarette. Dimostrano che la spettacolarità nella rappresentazione cinematografica dei robot passando da Terminator a  Pacific Rim si è estremante ri-sintetizzata ai sogni geometrici anni '60 nell'approdare al Nolan-pensiero di Interstellar. L'era dei robottoni umanoidi semplicemente "è morta", superata, nel futuro saranno solo oggeti a forma di barattoli dei pomodori. Curioso.

Quello è un robot nolaniano... fa cose pazzesche e assomiglia alla mascotte di Italia '90...
Passiamo alle navi spaziali e di nuovo ci troviamo in bilico tra classico e moderno. Navicelle con un sistema di guida che pare la giostra del "calcinculo" dei vecchi lunapark, quando un bel giocattolo alla Batman. Esteticamente dalla forma con fin troppe analogie provenienti dal "sacchetto di patatine di McDonalds" nella sua forma schiacciata. Comunque dall'aria più "truzza" delle navette a "cartoccino del latte" di Star Trek.
E poi non possiamo dimenticarci dello spazio e della rappresentazione grafica di cose oggi solo teorizzate. Un gran lavoro e c'è tutto un ben di Dio di "roba cosmica" che non vi voglio anticipare. Roba da puro trip chimico, magari un po' fricchettona, ma sempre godibilissima.

ecco un'immagine da trip acido anni settanta, con le giuste sostanze si vede pure Silver Surfer che si fa una canna..
C'è anche nella pellicola, per gli scienziati in erba una "area didattica" piena di grafici e formule matematiche misteriose sullo studio della gravità, ma il regista ha pietà di noi e glissa un po'.
A fare le pulci, quando il film tenta di giocare la carta "umoristica" gli esiti sono per lo più tragici. Fortuna che dura poco.
Un ottimo overture visivo. Una pellicola che va assaporata scena per scena ma che una volta ultimata probabilmente non vedrete più, tanto vi sarà entrata sotto la pelle.
Il finale è secondo me banalino, ma non brutto, come il pre-finale, tutto zucchero. Ma i fan di Gundam apprezzeranno.
Merita.
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2 commenti:

  1. Sinceramente mi ha delusa un po'... buon cast, belle musiche e a me piace molto Nolan ma questo film non mi è piaciuto tantissimo...

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  2. Ciao! in effetti è un film un po'diverso dagli altri di Nolan, anche perchè era stato pensato inizialmente per Spielberg. Mi immagino che i robottini alla fine ricordassero sulla pagina quelli visti sul finale di A.I. con medesime "astronavi"e " pianeta ghiacciato"al seguito. Nonostate una successiva"nolanizzazione"dello script , la sceneggiatura, oltre ad essere molto lenta, manca dei soliti twist del regista, è piuttosto lineare. Per me poi l'atmosfera è così al top che compesa tutte le magagne, finale "così così"compreso, ma in effetti è un nolan depotenziato...^_^

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