martedì 29 luglio 2014

Mad Max: Fury Road, primo incontro con il nuovo Max


Direttamente dalla Comicon di San Diego, regno dei nerd e delle novità cinematografiche, ecco una delle più gustose e attese novità della futura stagione filmica marchiata Warner Bros. Un ritorno in grande stile per il grande regista George Miller a uno dei suoi brand di punta:  Mad Max. Uno dei personaggi più iconici degli anni '80, il ruolo che ha portato alla ribalta Mel Gibson, la principale fonte di ispirazione di Bronson (e non dite Buron Son...) e Hara (insieme a Bruce Lee) per Ken il Guerriero,  nonché il film che ha dimostrato, insindacabilmente, che in Australia, nel periodo pre-Hugh Jackman, si producevano film anche diversi da Mr.Crocodile Dundee ed Einstein Junior. Ve lo ricordate? Sì, so che in questo momento state tremando di orrore...


Ma non divaghiamo.
Mad Max è ancora lì, scolpito nella memoria di chi ha visto le sue 3 pellicole, come uno dei più grandi maschi alfa di sempre. Prima  vendicativo poliziotto di un'epoca post-atomica fatta di deserto e sangue, condannato a inseguire e infine uccidere gli assassini della sua famiglia a bordo di una truccatissima auto Interceptor dotata del motore di un aereo (Interceptor). Poi ramingo fallito ma combattivo barbone che vive rubando al cane le sue scatolette mentre nel nuovo medioevo i buoni diventano sempre più fanatici  e cadaveri e i cattivi sempre più luridi (Mad Max). Infine nuovo messia di una terra arida alimentata dallo sterco (leggi "metano") e comandata da una regina sexy e crudele interpretata da Tina Turner (Mad Max, oltre la sfera del tuono). Capolavori del road movie e della fantascienza in genere. Pellicole che hanno innovato, riscritto le regole, opere seminali con cui in molti hanno fatto i conti. Un universo brutto fatto di quotidiana povertà che vive e sopravvive grazie all'oro nero per eccellenza: la benzina. Un epica fatta di auto truccate, autotreni blindati, boomerang (certificati australiani limitati) taglienti e taglia-dita, giganti  bambini comandati da nani, bambini randagi, acqua contaminata e fucili carichi, a doppia canna, da portare anche solo per entrare in una toilet, insieme a un paio di pugnali magari. Un mondo violento ma anche lisergico, spirituale, che si estende in infiniti deserti nei quali l'uomo è sempre troppo solo con se stesso, in balia della pazzia e del rimpianto. Un mondo primo di acqua, arido anche a livello interiore, dove la glioria del passato rimane conservata nelle diapositive. Uno scenario grottesco popolato da muscolosi punk coperti di borchie, scimmie albine ammaestrate, sedicenti stregoni, gabbie da combattimento gladiatorio e leggi brutali con pene mortali decise dal caso, per puro sollazzo.  Un intero mondo visivo e un affresco sociale letteralmente mai visto prima, peraltro ripreso in modo folle con telecamere piazzate su macchine sparate a 100 miglia orarie. Volevamo tutti un numero 4. Ma Miller era già altrove, a riscrivere le favole con il bellissimo Babe. Del resto a un genio non si comanda.  Poi a sorpresa iniziarono a girare voci di corridoio su possibili sequel, anno dopo anno. Max doveva essere ancora Mel Gibson, poi Gerard Butler, infine Tom Hardy. E quando la ruota girata dal gobbo anfitrione piumato di Dryland si fermò su Tom Hardy, il grande George Miller decise di tornare all'amato Max. E quello che segue è il tanto atteso primo trailer del quarto capitolo (o reboot?) delle avventure del più famoso eroe postatomico di tutti i tempi (dopo vengono Kenshiro e Vash the stampede, ok).


In tre minuti 30 anni non sono mai passati e ci ritroviamo bambini in sala, dopo aver eluso il vm 14 e la sorveglianza della maschera (oggi non ci sono più le maschere al cinema... a volte se ne sente la mancanza). Stessa polvere, fiamme e gas, stesso marciume e riti pagani tra catene e auto fortificate. Siamo a casa. Se voi non lo siete urge recupero home video, che di sicuro in questo clima non sarà difficile tra mille possibili riedizioni.
Ci piace il mondo visivo di questo nuovo-vecchio Mad Max. Un mondo che sembra essere rimasto uguale a se stesso in oltre 30 anni per inquadrature, stile, violenza, senza essere minimamente intaccato dalle mille manie della modernità, dalla computer grafica a tutti i costi, dall'aggiunta di spot e spalle comiche per attirare supposto giovane pubblico. Mad Max al 100%, genuino, figlio di un futuro-passato schifoso che con il tempo non è invecchiato di una virgola.


Ci sono le auto e sono putride come un tempo, armate di spuntoni di legno, borchie e vetri blindati. Tizi truci affamati di prede e di benzina le guidano oggi come ieri sulle praterie brulle e leggendarie dell'Australia in un variopinto disturbante carosello. Tutto è sporco e usurato, acuminato e rattoppato, pittato dei colori di guerra come nelle tribù più primitive. Ormai videogiochi, fumetti e cinema hanno sdoganato ampiamente questi veicoli e scenari, questi eroi lerci che razzolano nella spazzatura,  ma il Miller-touche si sente sempre, si avverte dal punto di vista del realismo, della plausibilità rinnovata qui dalla pellicola digitale più puntuale e tagliente, dalla fotografia più sporca. Non aspettatevi che queste macchine volino come in Fast'n'furious rimanendo intatte. Preparatevi a spremute di rottami con carneficine annesse in barbecue da grigliata estiva. Pura violenza visiva. Pure troppa, forse. Questo ci fa temere la scure censorea più del dovuto-lecito, perchè film cazzuti come Mad Max non se ne fanno più da molto tempo e i produttori odierni preferiscono servire pappette colorate insapore e ricche di calmanti emotivi. Forse rivedere un Mad Max spietato come alle origini sarà difficile, ma per ora non vogliamo pensarci, volgiamo lo sguardo al bicchiere mezzo pieno.
Max non ha più le fattezze di Gibson. Scriverlo sembra un'eresia ma la Storia ha voluto così. Prima dell'Arma Letate e del Braveheart, prima del regista che inchioda lui stesso alla croce Jim Caviezel, Mel Gibson era Max. Un ragazzo giovane e sorridente con una bella famiglia che di colpo diventa spirito della vendetta nel più classico (almeno all'apparenza) rape'n'revenge. Però Max invecchia di pellicola in pellicola, cambia di postura e baldanza, diventando sempre più cinico e distaccato verso il mondo, disilluso, in una prova d'attore che si fa sempre più difficile, complessa. Non un'eredità facile. Ma già da questo trailer intuiamo (e speriamo sia così per tutta la durata della pellicola ) come sotto il noto completo in pelle, borchie e doppietta di ordinanza, lo sguardo è sempre quello, doloroso e stanco ma determinato, e Hardy riesce bene a far rivivere l'eroe contro-voglia milleriano. L'eroe per caso che sopravvive a mille scontri con il volto tumefatto ma lo sguardo di ghiaccio, sospinto nel futuro solo da un'incrollabile volontà e da piccoli disperati che di tanto in tanto trovano sicurezza sotto la sua doppietta. Un ruolo da pistolero western-crepuscolare certo non facile ma che siamo convinti Hardy interpreterà al meglio.
Tom Hardy ci piace. Ci è sempre piaciuto, dai tempi di Bronson e di Warrior, passando per Il ritorno del cavaliere oscuro. Letteralmente è una montagna di muscoli, ma questo non gli impedisce di essere un bravissimo attore, capace di grandi cose. Vi invito caldamente a trovare e divorare le pellicole citate pertanto, ne vale la pena.


Non potevano mancare donne e bambini, tanto cari a mostri e carnefici. Anche da questo punto di vista il cast è ricco. Ma il traler per ora non ci mostra altro, la nostra fame è già sazia, almeno per un po'. La sceneggiatura porta ancora il machio milleriano ed è sicuramente un bene. Nel cast figurano anche la splendida Charlize Theron, nel ruolo della Imperatrice Furiosa (un richiamo alla regina di Tina Turner?), Zoe Kravitz, figlia di Lenny vista di recente negli X-men, e Rosie Huntington-Whiteley, bionda inglesina fatale dal cognome stronzo che fungeva da "donna oggetto" in Transformers 3. Degni di nota anche il gigantesco Nathan Jones (il suo personaggio si chiama Rictus Erectus... un nome altisonante quanto inquietante) e il sempre bravo Nicholas Hoult (che tanto ci è piaciuto in Warm Bodies).
L'attesa è ancora lunga, ma seguiremo con passione l'intero progetto. Per ora butta decisamente bene. Talk0

lunedì 28 luglio 2014

Transformers: l'era dell'estinzione. Per le fan di Mark Wahlberg e chi ama tornare bambino


Premessa-cronistoria della strategia politica Hasbro-americana per il reclutamento truppe: I Transformers sono giocattoli creati dalla Hasbro a metà degli anni '80 per un pubblico di acquirenti di età scolare. Pertanto i prodotti legati a questo brand devono soddisfare il core business. In sintesi, vi invito a seguire per punti i grafici che seguono. Oppure saltate tutto che è uguale.


Sono giocattoli, cioè roba fatta per giocare, colorata. Giocattoli bellissimi dal design figherrimo. Ma prodotti così fragili in genere che basta un soffio di vento per farli crollare e rompere un braccino, perdere un missilino, distruggere lo stronzissimo diadema dalle mille antennine sulla fronte del pupazzo.  In sostanza si rompe e si ricompra per rompersi ancora e ricomprarsi, che tanto il denaro cresce sugli alberi. Questo è il primo grosso risultato. Ma c'è di più.


Sono i nuovi soldatini. Al grido di "collezionali tutti", che farebbe svenire ogni genitore, il pupo si scopre sedotto dai pupazzi per ben tre motivi. Ci sono le storie alla televisione, storie spaziali e potenzialmente cruente ma innocue. I pupazzi si trasformano, stimolando l'apprendimento (dicevano sempre negli anni '80 esimi psicologi... :) ), partendo dal più amato giocattolo di sempre, le macchinine. I pupazzi sono tutti armati di fucilini che per lo più sparano. Fucilini che come per i G.I. Joe vengono prontamente venduti in replica a dimensione reale, quando il trasformer stesso non diviene lui una pistola.


Strategia di reclutamento: Con un giocattolo si appassionano i bambini al mondo militare. Non una cosa nuova, poiché da sempre si fabbricano spadine in legno, ma una cosa potenzialmente utile a livello politico. La stessa cosa si fa oggi con i videogiochi alla Call of Duty, che dovrebbero essere vietati ai minori ma che di fatto sono per il 99% giocati da minori. L'arma attrae sempre, non c'è niente da fare, se c'è pure una storiella sotto di buoni e cattivi è pure meglio.


Effetto collaterale molto "Peace'n'love": Naturalmente a questa equazione di fondo è scappato un passaggio fondamentale, forse per colpa del buonismo dei cartoni animati americani, della torta di mele anni '80 e dei Duran Duran. Così, invece di un esercito di supersoldati con il fisico di John Cena, la natura ha evoluto i bambini degli anni '80 fan dei Transformers in simpatici collezionisti che pur hanno foraggiato per anni  la Hasbro. I bimbi soldato erano perduti, ma in futuro chissà, magari...

il primo Transformers in sintesi: donne e motori, stessa erezione
Rivoluzionare il brand con film cinematografici di Michael Bay, parte 1. Divenuto notorio che i Transformers non hanno più il successo di un tempo, anche per colpa di nuove serie che dagli anni '90 sono realizzate con computer grafica semplicemente orribile o grafica semplificata-economica alla Dexter's Lab, si attua a metà 2000 una strategia di rilancio cinematografico ad opera di Bay. Lo scopo è far tornare i ragazzini a comprare pupazzi, ficcando qua e là decise sterzate d'occhio, proprie del cinema di Bay, ai mille sogni di una carriera militare possibile. I transformers sono pericolosi robot alieni forti e bene armati, ma anche i soldati U.S.A. possono tenergli testa e il reclutamento prevede tanti amici, grande paga, pistole vere e posteggio in zone di guerra pericolose quanto club vacanze a Sharm el Sheik. Wow. Il ragazzo americano qualsiasi della pellicola possiede sì un autobot Camaro e frequenta una strato-strato-strato-gnocca come Megan Fox, ma lo spettatore scoprirà che i militari non sono da meno e se ti arruoli potresti avere come compagno di branda Tyrese! Emh... La pellicola ripropone il classico sogno americano, in cui a un giovane ragazzo attore cane e antipatico come Shia LaBeouf capitano solo cose fighe anche se non se le merita unicamente perché si trova in un film di Michael Bay. Pertanto in virtù di questi "doni" a un certo punto viene necessariamente (giuro) arruolato nell'esercito. Sì, lo so, non fa una piega. La storiella parla di come l'età adulta (militare, magari) inizi con l'acquisto della prima macchina e incredibilmente centra l'obiettivo. A corollario scontri tra robot ad libitum buffi ma cazzuti dove pistole giganti non mancano mai. Anche se poi la gente in sala odia LaBeouf come la scabbia, il film è così colorato e spielberghiano (dall'influenza del produttore) che gli si perdona ogni cosa, machismi americani compresi. Inoltre la scelta di utilizzare un registro comico alla American Pie e bravi attori come Jon Voight, Anthony Anderson e Turturro piace. Trama semplice e, dicevamo, paracula. I robot sono fighi, si muovono e trasformano così velocemente che non si capisce nulla, ma tutti esultano felici mentre il transformer Bumblebee piscia olio sulla testa di Turturro. Successone. L'esercito fa un figurone con le nuove armi da tracciamento laser.
il secondo Transformers in sintesi: egizi e scoregge fanno sempre (?) ridere
Rivoluzionare il brand con film cinematografici di Michael Bay, parte 2: anche causa sciopero degli sceneggiatori (un evento nefando che ha distrutto sul nascere capolavori come la serie tv Heroes) il polpettone cambia impasto. La storiella questa volta dice che bisogna andare al college per scopire cosa fare da grandi (ma si ha nel contempo una gran voglia di andare a sbirciare nelle caserme), ma il college è un luogo dove si fanno solo conoscenze buffe e si incontra materiale umano disposto al sesso. A corollario insostenibile menata robotica in salsa pseudo egizia.  Non funziona tutto bene come nella prima storiella.  Da qui e per le future pellicole, per evitare mal di testa, sarà necessario resettare il cervello sulla trama che riguarda i robot. Meglio dimenticare che aprire gli occhi davanti a spaventose falle di sceneggiatura e logica scaturite da battute tipo "la Terra è per noi un pianeta ignoto, mai visto". Combattimenti robotici ancora più estremi e cazzuti, dotati di fortissima componente splatter. Umorismo e ambientazione che ricordano Natale sul Nilo. Un LaBeouf e famiglia al seguito insostenibile. A rivederlo oggi risulta meno disastroso che in sala, ma è un film imperfetto che non ha fatto molto bene al brand, allontanando di fatto molti spettatori. Disordinato nello svolgimento, sostanzialmente privo di trama, svogliato nella recitazione, con un senso della commedia presa dal peggiore Adam Sandler (perfino i robot fanno battute scurrili e razziali, gli animali si inchiappettano di continuo, la madre di Labeouf va in acido e tristi cose di questo tipo), il film regala tuttavia scene action davvero estreme e spettacolari da vedere e rivedere al rallentatore insieme alle inquadrature zozze di Megan Fox. Di nuovo i robot sono fighi ma confusi nei movimenti e trasformazioni. Migliaia di fan svengono in sala vedendo in azione il componibile Devastator dotato di scroto o la versione upgradata di Optimus Prime. L'esercito suona le campane del reclutamento proponendo i nuovi mezzi blindati leggeri. Un flop "virtuale" però, poichè ha incassato una cifra stratosferica. Serve un ritorno a qualcosa di più classico.

il senso di Transformers 3: se vuoi la bionda devi avere almeno la macchina che vedi qui o superiore
Rivoluzionare il brand con film cinematografici di Michael Bay, parte 3D: Clamorosamente Megan Fox litiga con Bay e non è presente nella pellicola. La sostituisce una modella inglese completamente composta e rivestita in lattice di cui nessuno oggi si ricorda più il nome. La storiella vuole che dopo auto e college Shia LaBeouf si trovi effettivamente un lavoro, ma chi ti dà il posto di lavoro potrebbe essere una persona che non ti piace (mentre l'esercito è sempre una bella e grande famiglia e Tyrese è il nostro migliore amico). Scontri tra robot a piacere in salsa cospirazionista dal minutaggio spaventoso. Anche qui un reset di memoria sugli eventi passati dei robot è di rigore.  Se i film dei transformers sono lunghi in genere, questo è eterno. Davvero. Dopo i primi 90 minuti si avverte l'esigenza di andare a casa a dormire sereni. Anche perché i primi 90 minuti sono divertenti ma riempiono, stoppano, con un LaBeouf totalmente fuori controllo che vorremmo riuscire a picchiare grazie a un upgrade della tecnologia 3d. L'attore urla, picchia il muro, esaspera i suoi tic nervosi e dimostra ancora più che nel numero due la sua vera essenza: non serve a un cazzo all'evoluzione della trama dei transformers. Non serve perché nessuno si identifica in lui, nessuno vuole vederlo su schermo, nessuno capisce dove il suo personaggio voglia andare a parare. E lui recita orribilmente, con tutta la spocchia possibile a rendersi odioso. Il male del brand qui diviene così evidente che pare giusto l'accorgimento di segarlo definitivamente dalle future pellicole. Non mancherà a nessuno. Anche in questo caso a soccorso della pellicola arrivano i robot e diecimila effetti speciali al seguito tra palazzi in caduta libera, astronavi e teletrasporti interplanetari. Le animazioni dei robot sono spettacolari e finalmente l'azione risulta abbastanza chiara. Ma tipo l'Optimuns Prime volante era più figo nel film numero 2 e per idiozie di sceneggiatura il capo degli autobot rimane impigliato a dei cavi per 30 minuti di film a dimostrazione che la sceneggiatura è piena di cazzate era decisamente migliorabile.  Il carrozzone è immane e divertente se visto in due comode volte. Insostenibile tutto di filato. La novità per l'arruolamento bellico sono delle tute modello scoiattolo volante che permettono di paracadutarsi e planare (sembrano evoluzione di quelle sviluppate dal compianto De Gayardon), ideali per avvicinarsi in volo a Chicago mentre è in atto una invasione aliena. Queste tutine sono oggetto di una scena lunga, cretina e decisamente mal girata.  La trama è bruttina, probabilmente più di quella del capitolo 2. Ma c'è così "tanta roba" che per ogni passo falso ci sono almeno tre idee valide. Altro successone.
il più grande attore del momento
Rivoluzionare il brand con film cinematografici di Michael Bay, parte 4. Bay arriva al dunque. Ci mette un po', ma ce la fa. Cosa piace a grandi e piccini più delle auto? I dinosauri! Cosa vorrebbero migliaia di fan dei Transformes? Vedere morto-vaporizzato Shia LaBeouf ed eliminati gli insostenibili spottini dell'esercito. Anzi, vediamo per una volta l'esercito come cospiratore, brutto e cattivo, che non è poi un male. Ma il centro la pellicola lo fa con il protagonista. Mark Wahlberg. Wahlberg incarna alla perfezione il ragazzino che negli anno '80 vedeva e collezionava i Transformers. Un ragazzino cresciutello, ma non uno sfigato-obeso-"de-palestrato", che cerca ancora nel suo garage di assemblare robottini buffi. LaBeouf non ha mai compreso cosa significava parlare a tu per tu con i Transformers, perchè è figlio di una generazione che nemmeno li ha visti in tv i Transformers o comunque ha ben altri miti. Wahlberg è invece perfetto e il pubblico vero di riferimento, quello dei trentenni, a pelle, lo capisce. Questa è la chiave vincente della pellicoa, ma di questo parleremo più diffusamente qui sotto. Di sicuro possiamo dire che Bay per una volta non ha fatto da volantino per il reclutamento. Di questo gli siamo incredibilmente grati.

I brand di successo non muoiono mai
Rivoluzionare il brand con film cinematografici di Michael Bay, parte 5 . Già in produzione il quinto capitolo. La saga non sembra ancora avere alcun segno di cedimento e di fatto il capitolo 4 apre la strada ad almeno una nuova trilogia. Bene. I fan ringraziano. I detrattori invece hanno tutta la mia stima e simpatia. Arrivare a vedere un film che non gli piace per la quarta volta pur di dire, non retribuiti, che, per l'appunto, non gli piace, è un gesto che ha qualcosa di eroico, sovrumano. Non credo che la formula negli anni andrà a modificarsi molto, ma sono convinto che piccoli miglioramenti possano ancora esserci. Non troppi però, o le fan dei Linkin Park poi se la prendono..

immagine di puro trolling per addetti ai lavori..

Sinossi: Sono passati alcuni anni dalla maxi distruzione di Chicago a seguito di combattimenti tra robot alieni. Shia LaBeouf e la sua famiglia non sappiamo dove siano e cosa facciano, ma ce ne sbatte una sega. Uno pseudo Bill Gates (Stanley Tucci, bravissimo) ha raccolto qualche cadavere alieno e ci ha fatto esperimenti sopra allo scopo di creare nuova tecnologlia Ipad (ma non era la stessa cosa che faceva il Settore 7? Erano forse inetti?). Un militare cocciuto e potente (Kelsey Grammer, la amatissima star di Frasier, qui in un ruolo truce ma convincente) si è alleato con un oscuro cacciatore di taglie Transformer (dove l'ha conosciuto? Chat dei fan di Shia Labeouf?), Lockdown (con tanto di mega astronave dotata di ciurma e animali trasformabili), allo scopo di eliminare ogni traccia di robot dalla terra, buoni o cattivi che siano. Optimus Prime e soci vivono così alla macchia, fino a che il capo degli Autobot, in fin di vita, viene "acquistato" dall'inventore-redneck Mark Wahlberg. Un simpatico quanto improbabile genio autodidatta in canotta unta che cercherà di rimetterlo in sesto. Sarà un macello. Seguono botti, ri-botti, esplosioni, inseguimenti, trasformazioni, ri-trasformazioni, boooom e badabooom e cose così. E poi arrivano i dinosauri. E tutti in sala piangono di gioia.


Pop art cinematografica anno 2014

Cose Belle:  Parliamo di un film di Michael Bay con protagonisti dei robottoni parlanti. Per l'esattezza parliamo del quarto film della serie. Ripetiamo quanto sopra già espresso. Solo un pazzo masochista potrebbe spingersi in sala a lamentarsi, per la quarta volta,  non pagato, perchè è un film di Bay e ci stanno robottoni parlanti. Tuttavia se avete fino ad ora vissuto in pace e tranquillità senza Transformers e volete provare ad andare al cinema a vedere un film divertente, questa è l'occasione giusta. Non occorre aver visto le pellicole precedenti, la storia funziona molto meglio del solito, i personaggi si dividono per interpretazione tra bravi e simpatici. Gli effetti speciali sono bellissimi, i robot sono dettagliati come non mai e le loro animazioni sono per la prima volta davvero chiare e convincenti, certe scene sono così epiche che fanno tornare gli spettatori in sala all'età di 13 anni. Altra cosa buona, sono stati segati quei tristi-triti spottoni militaristi abituali dei film di Bay, per intenderci, le solite cacchiate-spaccone tipo "mandami la pioggia ", scoiattoli volanti e puntamenti laser vari, argomenti-pretesto-inutili volti solo a dimostrare che l'esercito americano reale ce l'ha più duro anche di implausibili robottoni alieni disegnati, con serie in tv alle tre del pomeriggio dopo Mio Mini Pony. La campagna arruolamento è sospesa, speriamo lo sia per sempre e ne siamo grati. Ma soprattutto rispetto alle altre pellicole dei Transformers non c'è lui, uno dei peggiori attori della Terra, il ragazzino scelto da Spielberg (produttore esecutivo) probabilmente perchè gli ricordava lui da bambino imposto a Bay e ficcato a forza pure nell'ultimo Indiana Jones. Manca il supponente, irritante, antipatico, odioso, insignificante, noioso, isterico, sfigato, apatico, diarroico, inetto Shia Labeouf.

potete prendere questa foto, stamparla e schiacciarla con un piede...avrete un buon effetto tridimensionale e relax..
Ora non ci crederete, ma togliere dai Transformers militari esaltati e Shia LaBeouf e aggiungervi personaggi divertenti e una trama semplice ma plausibile è un gigantesco passo avanti, quel tanto che basta a ridare credibilità e fascino a un progetto che, nonostante la presenza di attori di peso come Malkovich, Turturro e la McDormand appariva sulla carta, per limiti vari, già concluso. Al contempo sul lato dell'effettistica non si possono che elogiare significativi passi in avanti nella resa dei robot. Eliminate le ultra-complicate scene di trasformazione del passato e gli ultra-dettagliati vecchi modelli tridimensionali, oggi abbiamo una resa più realistica dei personaggi e, se possibile, dei robot di diverse lunghezze più belli da vedere (il tutto comunque avviene in modo organico, non troverete di punto in bianco un Optimus Prime diverso e la storia rende bene i vari passaggi di cambiamento del chara).  Bay ha saputo prendere il meglio da una serie che, ricordiamo, ha fruttato incassi miliardari ed è riuscito a dare nuova linfa al progetto. E lo ha fatto tornando umilmente sui suoi passi e tradendo alcuni suoi marchi di fabbrica, non una cosa da poco. Qualcuno dirà che Wahlberg e compagni sono poco ispirati, cosa opinabile, ma Grammer e soprattutto Tucci sono qui degli autentici fuori classe, capaci di catalizzare l'interesse su di una trama che, a pensarci sopra, è decisamente meno banale del solito, meno urlata e più intima, perfino più cupa. Nello specifico il personaggio di Tucci ha delle evoluzioni pazzesce, si pone effettivamente delle domande e agisce in modo meno ovvio di quanto all'inizio appaia. Mi auguro di rivederlo anche nei prossimi capitoli. Un bel lavoro.

Cose si fa a non invidiare almeno un pochino Michael Bay...qui con la biondina del film
Cose meno belle ma colorate: Resta il fatto che parliamo sempre di un franchise il cui core business sono bambini di 13 anni e che necessita un reset del cervello per ogni visione. Sì, perché non ci possono venire a dire che "La Terra è un pianeta a noi sconosciuto" quando ci cadono per caso da milioni di anni più volte, non possono dirci che bisogna decriptare dei messaggi alieni quando di fatto le comunicazioni avvengono, in perfetta tranquillità già da diversi anni, non possono venirci a dire che hanno un mega computer in cui è infusa tutta la loro storia ma che nessuno di loro ci ha mai fatto caso. Dal nulla arrivano l'All Spark, la leva di comando (o qualcosa di simile), il teletrasporto e il trasformium senza che nessuno spieghi come sono in relazione. E poi dal nulla compare sempre qualcuno di notissimo, fondamentale, che appena due minuti prima, per svariate ore di pellicola, non era stato mai neppure citato.  Vabbeh. Torniamo tutti tredicenni un po' distratti e godiamoci questi film per quello che sono, colorati ottovolanti, molto divertenti da vedere ma da rivedere a piccole dosi, dilazionati nel tempo. Del resto questo non è Il padrino, ma l'adattamento di un cartone animato pensato per bambini, anche se pieno di tocchi di classe e piccoli regalini "splatter" per far piacere agli spettatori più adulti.

sono Optimus Prime in una evidente metaforona fallica
Conclusione: Dopo questa stremante maratona ho una gran voglia di dormire per tre giorni. Il quarto film dei Transformers è divertente, forse il migliore film della serie o comunque a livello del primo. Finalmente possiamo assaporare oltre a sempre splendide scene di inseguimento e tramonti con in sottofondo i Linkin Park una trama che unisce abbastanza bene il tutto. Finalmente abbiamo a che fare con personaggi che possono assomigliare a qualcosa di umano, che esprimono sentimenti autentici e fanno cose coraggiose quanto a volte spiritose. E poi ci sono i dinosauri. Se non vi irrita la prospettiva di un finale così aperto da sembrare quasi non-sense e cercate qualcosa da alternare in sala allo splendido Purge-Anarchy e al prossimo film del Pianeta delle Scimmie in uscita il 30, l'ultima pellicola di Bay potrebbe fare per voi. Non ho parlato della componente femminile, mi dicono dalla regia. Beh, diciamo anche in questo film non siamo messi male, ma che i grandangoli sulle chiappe della Fox non ci sono più. Magari qualche ragazza ringrazierà. 

In realtà Shia LaBeouf l'ho schiacciato io in un momento di stress...sono sempre il vostro transformer preferito?
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giovedì 24 luglio 2014

Dr. Who - siete pronti per conoscere il nuovo dottore?


Protegge la Terra dalle minacce aliene. Si sposta nello spazio usando un'astronave davvero singolare chiamata Tardis. E' uno dei signori del tempo, guardiani dei più grandi segreti del cosmo. E' immortale, ma il suo aspetto e carattere cambia di rigenerazione in rigenerazione. E'  il personaggio più amato dai cultori inglesi della fantascienza, protagonista di una serie televisiva che ha da poco compiuto i 50 anni. E? il Dr.Who.  A volte sfuggente, a volte folle. A volte determinato a volte quasi in balia degli eventi. Sempre al servizio della pace. Negli anni, quando i Men in Black ancora non erano stati ideati,  ha combattuto ogni tipo di minaccia interplanetaria con disinvoltura e classico humor inglese, spesso accompagnato da donne avvenenti e compari pasticcioni. Grazie a una felice intuizione, si è deciso di farlo impersonare con il tempo da vari attori. A tre o quattro stagioni con un cast si cambia il dottore, con rimpianto ma con la voglia di sperimentare nuove prospettive tanto caratteriali quanto di trama. Così dottori più giocosi e istrionici si sono succeduti a dottori più pacati e tormentati in un perfetto equilibrio di lungo corso. Con tanto di mini-film evento che riportano in auge i passati amati dottori, come lo splendido "Il giorno del dottore", realizzato per il cinquantesimo e in cui compaiono, sebbene per pochi istanti, praticamente tutti gli interpreti del personaggio.


E non solo. In pochi fotogrammi, mentre tutti i "dottori" rispondono alla "chiamata alle armi" da diverse dimensioni spazio-temporali, inaspettata e con l'effetto sui fan paragonabile alla detonazione di un'atomica, ecco comparire questa breve inquadratura.

BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOMMMM!!!!!!!!
In anteprima, con uno sguardo incazzato come pochi, il film ci faceva conoscere la futura incarnazione del dottore. L'attore Peter Capaldi. Inutile dire che sembra il Dr House dei Dr Who, ed è dannatamente un bene (Hugh Laurie peraltro sarebbe stato un fantastico Dr Who...) . In un istante sono partite mille seghe mentali sulla natura della nuova stagione, quella che partirà da qui ad un mese negli Uk e speriamo presto da noi. In riferimento agli eventi dell'ultima stagione si parla di atmosfera più cupa e di un dottore più risoluto che mai nell'intenzione di eliminare radicalmente qualche alieno di vecchia data. E una serie come Dr Who in 50 anni ha sfornato un numero pazzesco di alieni.

Se credete che il robottino rosso al centro sia buffo, non avete ancora visto una puntata del Dr Who..
Tante aspettative quindi, in parte placate da questo formidabile trailer, se siete fan attenti a non eccitarvi troppo...

Ma come lo vediamo noi impreparati mangiaspaghetti l'inglesissimo signore del tempo, conosciuto in due pomeriggi e non cinquant'anni fa per lo più? C'è chi non lo sopporta e amen. C'è chi lo apprezza sul lungo corso e chi lo trova simpatico da subito.
Nella serie convivono alieni colorati bellissimi, a volte buffissimi, a volte tanto moderni quanto così retrò da far tornare alla memoria le "scope volanti" di Star Trek. Effetti speciali davvero belli quanto a volte volutamente vintage. Uno strano omino che spesso estrae una bacchetta alla Harry Potter (e se amate il maghetto scoprirete che ha parecchio in comune con il signore del tempo). Episodi drammatici conditi sempre con humor che spaziano dall'horror al fantasy passando per la fantascienza. Un bel mix di vecchio e nuovo che punta tantissimo su un personaggio sempre diverso, come dicevamo, quanto originale e fuori dai canoni classici cui siamo abituati. Un personaggio  strano di sicuro, parecchio inglese, sopra le righe di sovente, forte ma pasticcione e divertente, saccente e sbadato quanto determinato. Un cumulo di virtù in un mare di difetti che ce lo fanno sentire sempre vicino, umano.  In molti abbiamo saputo volergli bene attraverso la programmazione di rai 4 e le recenti serie disponibili in home video. Un personaggio protagonista di episodi per lo più autoconclusivi e che pertanto vi invito a seguire senza remore di vedere qualcosa che è già partito in corsa. Se amavate X-files o Star Trek e vi fa impazzire lo humor inglese (non a tutti piace), un'occhiata a questo telefilm ve la consiglio, anche in ragione del fatto che effettivamente la messa in scena cambia a seconda dell'attore che impersona il dottore e la programmazione di rai 4 già vi permette di familiarizzare con quattro o cinque attori diversi. Poi se diventate fan sfegatati potete pure dare un'occhiata alla serie spin-off Torchwood, magari. A ogni modo da quando ho conosciuto il dottore mi diverto un sacco e aspetto con impazienza di seguire le sue nuove storie. Peccato che qui in Italia le cabine del telefono non hanno mai somigliato troppo al Tardis...

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martedì 22 luglio 2014

Bunraku - mai fidarsi delle offerte 3 x 2..

mai fidarsi delle locandine fighe!!
Premessa: Siamo in estate, i grandi magazzini sono strapieni di offerte 3 x 2 e di gente che è convinta di fare così degli affari. A maggior ragione quando il titolo è sostanzialmente inedito, mai apparso al cinema, mai una pubblicità nemmeno sui detersivi, niente di niente. Dovrebbero già suonare dei campanelli d'allarme, ma questo non accade a tutti. Sospinto dal 3x2 interviene il mio lato più irrazionale e riottoso, in genere. Trattengo a stento la mossa suicida di dirigermi in cassa, ma mi monta la scimmia e a casa vado a trovare il traler.


Un sacco di attori, una pazzesca scenografia che pare un enorme origami gigante, musica truzza, tizi che si menano. Possibile che da noi non se lo è filato nessuno?  Inizio a ribollire il noto campionario di improperi pseudo-intellettuali. "Dannati distributori italiani", "miopi schiavi di Neri Parenti", "ciechi alla vera arte". Naturalmente il tutto senza stare nemmeno un secondo a valutare se il film in rete sia conosciuto, come sia stato recensito, se sia esistito o meno un motivo sensato per non distribuirlo. Il germe del 3x2 ha già giudicato da sé, ponderando tutti gli elementi dell'operazione davvero necessari. Ossia "3x2".
Il resto è pura elucubrazione allucinatorio-compulsiva, sinapsi automatiche dell'effetto 3x2, che monta fino al giorno in cui ricapito nel multistore dove è attiva l'offerta. Dove Bunraku occupa un'ala dello stabile con 60.000 copie invendute. "Dannati distributori miopi asserviti al potere!! Come potete non aver portato al cinema un film con Woody Harrelson, Ron Perlman, Kevin McKidd (che ho amato in Roma), Demi Moore! Un film inoltre con Gackt, un mito assoluto che in pratica è la Cristina D'Avena giapponese, mito!!! Poi c'è coso, vabbeh, quel bietolone mono-espressivo di Josh Hartnett, che attore-cane è cane ma ha fatto Slevin! Sceglie film in genere così validi che se recita male non si nota.

Harrelson elogia lo stile sobrio di Gackt alla premiere di Bunraku
E poi questo Bunraku, tutto fatto di origami e misticismo jappo. Con il termine stesso "Bunraku" che richiama al teatro con le bambole. In pratica (potrebbe essere, ma non lo sarà...) profondo come Dolls di Kitano!!! E in più con le botte!!! Un film di botte!! Ma si può non portare al cinema un film di botte??? Distributori dimmerda!!".
Ora. Pacifico che Bunraku sta a € 4,99 e con il 3x2 sommato ad altri due titoli da 4,99 lo paghi sui 3,30. Quei 3,30, ve lo anticipiamo se non avete tempo per l'ulteriore lettura del post,  pesano e fanno un po' incazzare appena il disco finisce sul lettore e termina il suo sporco lavoro.

tipico sguardo della mucca che vede passare il treno...
Sinossi a.k.a il metaforone: da sempre l'umanità si picchia selvaggiamente per decidere chi ha l'uccello più lungo. Dai tempi dei dinosauri fino a oggi sangue chiama sangue e l'uomo si è impegnato a costruire armi sempre più letali e suv sempre più grossi nel timore di risultare sessualmente meno dotato dei suoi nemici. Siccome è una menata che si ripete e ripete il regista in una ultrasemplificazione stronza descrive il cammino autodistruttivo dell'uomo facendo uso di colorati e complicatissimi origami gestiti da tizi in pigiama neri.

fulgido esempio di metafora stronza
Gli omini di carta, evoluzione dopo evoluzione scoprono le armi da fuoco e si fanno fuori a frotte, motivo per cui la società decide di fare un passo indietro. In un alternativo reame retrò-futuribile costruito da scenografie fatte di origami  colorati male, le armi da fuoco sono state bandite e chiunque voglia fare il capoccia deve affrontare il reggente attraverso una complicata (?) serie di duelli all'arma bianca. Il capo di questo posto si fa chiamare "il taglialegna" (Ron Perlman) e sotto di lui ci sono dieci killer professionisti capitanati dal suo numero 2 (Kevin Mckidd). La banda del taglialegna spadroneggia in lungo e in largo, ma avrà vita breve. Da un posticcio trenino di carta stanno per arrivare in città un pistolero senza pistola (Josh Hartnett) e un samurai senza spada (Gackt). I due, aiutati da un disilluso ma ancora potente alleato (Woody Harrelson), cercheranno di mettere fine al regno di terrore del taglialegna.

Ron Perlman in versione Thor per impersonare il taglialegna. Il taglio non gli dona molto..
Quando vuoi fare un film action ma te la meni troppo. Guy Moshe è un regista poco prolifico. Specialmente dopo questo Bunraku. Guy il moscio, come da qui lo chiameremo, con all'attivo un paio di video musicali e una pellicola così così crede di aver capito la formula magica per una storia memorabile. Misticismo orientale, azione stilizzata, tanti attori, estetica mega-cool. E in effetti c'è da dire che sul lato estetico, prendendo una intuizione o due da Sin City e parecchie idee dai musical riesce a creare qualcosa di originale, anche se il livello qualitativo generale è spaventosamente altalenante. Le scene si susseguono come un libro pop-up per bambini che "si apre" di volta in volta, con oggetti ed edifici costruiti da origami. Con gli origami si può costruire un sacco di cose che si trasformano,  purtroppo questi sono invero bruttini visti da vicino. Bruttini tanto. E staticissimi. Così gli attori galleggiano su scenografie volutamente artefatte, con un effetto non dissimile da quello raggiunto da Tarsem per Immortals. Solo che qui le scenografie sono dannatamente chiuse, claustrofobiche, esagerate nei colori. Il primo passo da accettare, e per alcuni il primo "NO!!" è proprio questo. Mentre in Sin City o 300 le scenografie funzionano bene, sono complementari grazie a un geniale uso del colore, qui vi è un netto muro tra attori e scenario, un muro che, rispetto a Immortals, è pure colorato male. Non siamo al cinema, siamo a teatro e non c'è un solo fotogramma che vuole farci convincere del contrario. Pazienza. Per compensare, per coinvolgerci nella vicenda, servono quindi attori particolarmente validi e bisogna dire che il cast principale in genere se la cava. E poi quando Josh Hartnett sta fermo con il cappello in testa riesce facilmente a essere confuso con un oggetto di arredo e non reca troppo disturbo. Superato questo impatto, come bambini bramosi, ci scontriamo sul secondo forte "NO!!" della pellicola. I combattimenti. Aspetto abbastanza centrale visto che dovrebbe essere un action. Ma essendo Bunraku un film action con velleità stronze, i combattimenti sono una forma mista di danza e kung fu coreografato male. Gli attori principali in genere se la cavano in questa pur strana situazione, tranne Josh Hartnett, che ha perennemente l'espressione di uno che sta facendo la coda da McDonalds anche quando dovrebbe menare le mani. A sua difesa il cetaceo cerca una qualche costruzione del suo personaggio, donandolo di un tic nervoso che gli fa ossessivamente aggiustare il cappello che ha in testa. Sì, un po' pochino. Ma gli altri sono più che validi, da McKidd a Perlman passando dall'inaspettata, bravissima, Cristina D'Avena giapponese. Scherzi a parte Gackt è un figo non solo quando canta l'intro dell'ultimo anime di Ken il Guerriero, sarebbe davvero interessante vederlo in altre più onorevoli prove. Ogni tanto il regista ha pure dei piccoli guizzi, come le scene di inseguimento stile videogame retrò o scene corali di "preparazione alla lotta" che mi hanno ricordato per montaggio e scelta delle inquadrature Mulan della Disney. Nello specifico una Mulan  maoista che zompa e salta in un tripudio di falci, martelli e picconi su musichetta epica. Magari per qualcuno un piccolo orgasmo.  Il problema vero, nei combattimenti cuore dell film, sono gli altri tizi in scena. Per folli scelte imputabili probabilmente alla visione stronza del regista ci sono palesemente e senza alcuna logica, sullo stesso "palco", le seguenti classi di sfigati.  Attori teatrali che si muovono come fossero a teatro accennando una o due mossette colpendo l'aria e recitano in quell'insostenibile (su pellicola) modo pomposo alla "fatti sotto, marrano!". Ballerini che ballano senza saper recitare nè combattere con sconfortante effetto alla West Side Story. Esperti di arti marziali che entrano, picchiano ed escono senza incidere sulla trama. E questo maxi frullato di origami, attori cani, ballerini che balzano a caso sul palco, credetemi, è qualcosa di allucinante, stomachevole. Manca una uniformità scenica o di linguaggio, tutti paiono andare in giro a caso, magari in cerca dei cestini per la pausa pranzo.  Non aiuta la musichina da film anni '40-'50, i costumi comprati a saldo tra anni '20 e le divise dell'esercito maoista senza una idea una a collegarli, le luci degli scenari che, ad ogni ora e ambientazione, danno l'impressione di trovarsi nello stesso, enorme ristorante nell'happy hour, senza che nessuno possa mangiare delle tartine. Un incubo.

Kevin McKidd, decisamente l'attore più bravo e sprecato del film. Manco sulla locandina lo mettono...
Ora potreste cercare di abbozzare, forti della spesa di € 3,30, ammettendo che ad una prima visione il tutto sembra abbastanza colorato e convincente. Ma non potrete certo glissare sui 124 spaventosi minuti complessivi della pellicola a fronte di una trama semplicemente orribile. Pasticciata, superficiale, noiosa, ridondante, con attori letteralmente buttati via nel gorgo come la Moore. La trama di Bunraku è un aborto pretestuoso-presuntuoso che getta al vento una qualsiasi possibile caratterizzazione dei personaggi. Ed è un peccato, perché spunti interessanti potevano ben esserci, la stilizzazione della violenza è un tema interessante e gli attori scelti non erano poi così male. Poteva funzionare se fosse avuto una veste più canonica, maestranze vere e non fosse stato scritturato quel tonno di Hartnett ovviamente. Ma siamo sempre al punto di partenza. La pretestuosita del Moscio, la sua arroganza nel saper conoscere e gestire regole di un genere che, di fatto, non ha mai trattato. Un ego rovinoso per la pellicola e per gli sfortunati che ci si imbattono.
Giudizio finale: Non serve spendere soldi e alambiccarsi nella costruzione di complicati origami quando il risultato finale di tanti sforzi estetici si rivela una minchiata.

la costruzione della pellicola in sintesi. Non serve colla vinilica!
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domenica 20 luglio 2014

Sex vol.1: Una dura estate di Casey e Kowalski . E se Batman decidesse di appendere il mantello al chiodo ( e fosse arrapatissimo) ?


Nota: Il fumetto di cui parliamo in questo post è rigorosamente una pubblicazione destinata agli adulti, contenente materiale grafico esplicito, di natura sessuale, che potrebbe turbare alcuni lettori.
Sinossi: Il multimiliardario Simon Cooke è tornato nella sua Saturn City. Questa volta solo come imprenditore. Non più nelle vesti di Armored Saint, il vigilante mascherato che vegliava sulla città. Quinn, la donna che gli ha fatto da madre e da assistente, la sua guida spirituale, è mancata. Simon le aveva giurato che avrebbe appeso il costume al chiodo e ha deciso di restare di parola. Il 13simo piano, il covo di Armored Saint, è ora una spettrale galleria di mobili e suppellettili coperti da polverosi teli. Non c'è più nulla della armatura, dell'auto e dei mille gadget dell'eroe, persino la sua "spalla" ha ricevuto il pensionamento anticipato. Il passato è passato, con l'amara constatazione che nonostante l'assiduo lavoro di pulitura delle strade da parte dell'eroe, nel giro di poco i nemici di sempre sono tornati. Il Vecchio, i Fratelli Alpha, la gang dei Breaks. Il male ha vinto. Shadow Lynx, ladra mascherata che compiva scorribande al solo scopo di attirare Simon tra le sue braccia, si è ritirata invece. Ora gestisce un night nella city, dove spogliarelliste si esibiscono in spettacoli che prevedono maschere e costumi da supereroi. Simon non può fare a meno di andarci, nonostante il posto non gli piaccia.
Non dovendo più gestire la sua eroica vita segreta, odiando i mille aspetti della gestione di una super-multinazionale, da sempre demandati a un piccolo esercito di burocrati, Simon si sente vuoto e inutile. Anche perché la maschera (anche quando non la portava) lo proteggeva, metteva a una certa distanza lui dal resto del mondo. Bene e male, nemici e vittime, tutto era semplificato dentro l'armatura di Armored Saint. Senza questa corazza Simon si accorge di essere stato sempre nudo. Il mondo era ed è ben più complesso, la società ben più subdola e cattiva, anche le persone all'apparenza più innocue sono corrotte. Come andare avanti senza la familiare ombra protettiva dell'armatura di Armored Saint?


Ecco che interviene l'amico e avvocato, Warren. Forse a Simon basterebbe rilassarsi un po'. Trovare una donna e mettere su famiglia. Tutto si aggiusterebbe con il tempo. Magari, ancora meglio, il ricco amico potrebbe cercare prima di divertirsi un bel po' prima. Magari frequentando quei luoghi da vip ultramiliardari da sempre esclusi ai poveri mortali di Saturn City. I leggendari Saturnari. Luoghi di perdizione alla Eyes wide shut  frequentati solo da chi conta e in cui è facile perdersi. Soprattutto per chi, come Simon, è sempre vissuto con un altissimo senso morale e non ha mai avuto a che fare con la più letale delle criptoniti. Il sesso. Qualcosa che a ogni modo ricorda al nostro eroe i momenti in cui inseguiva tra i palazzi di Saturn City la ladra Shadow Lynx.

I supereroi e il sesso. Un tema classico, anche se scomodo. Dal Watchmen di Moore al Daredevil di Miller, passando per Sin City e le sboccacciate opere di Garth Ennis, tra Preacher ai suoi arrapatissimi The Boys, facendo tappa tra i lavori più hippy di Warren Ellis come Transmetropolitan. Difficile capire chi fu il primo, ma Miller ci mise decisamente del suo, nei suoi allusivi inseguimenti ad "acchiapparella superumana" tra Daredevil ed Elektra, tra Batman e Catwoman, tra Fixer e la Gatta Ladra. Certo il massimo che si poteva pretendere un tempo era solo allusività (ma tu chiamala "allusività" l'impalamento di Elektra ad opera di Bullseye), già dagli ottanta c'è stato invece uno sdoganamento completo delle forme più esplicite, almeno su fumetto d'autore/edizioni per adulti. Oggi anche sui Marvel da edicola la questione non si dice ma comunque si intuisce, con supereroi e compagne che ogni tanto si "rivestono" seduti su un letto. Si può dire che non si respiri più un sentimento di sessuofobia, ma il tema è ovviamente tenuto ai margini, soprattutto quando si parla del classico "metaforone" che vuole allusioni sessuali quando avviene in genere lo scontro tra un eroe uomo e uno donna, di norma coperti da strettissimi costumi in latex o quasi.
Joe Casey è uno dei più noti autori di fumetto moderno. Non solo ha lavorato dietro a Spiderman e ai principali supereroi Marvel e Dc, ma ha anche creato Ben10, per dirne una. Uno scrittore decisamente poliedrico, uno che avrebbe tutto da guadagnare nel non invischiarsi in operazioni che potrebbero portargli problemi economici. Ma al contempo un autore a tutto tondo, completo, che per essere ricordato nella Hall of Fame di quelli che contano, decide di fare opere anche difficili e complesse come questo Sex. Differentemente da suoi predecessori Casey fa però una scelta di campo. Vanno bene le allusioni erotiche dei costumi in latex, ma sesso e costumi nell'età adulta vanno separati.
Educazione sessuale secondo Casey: In quest'opera Casey sembra si rivolga direttamente  al lettore di supereroi classico, che dovrebbe essere un adolescente, ricordiamocelo ogni tanto. Gli offre un personaggio che può capire, uno simile al supereroe più amato e copiato di sempre. Prende il tapino di spalle, indifeso, mentre questi cerca invano nelle bellissime vignette di Kowalski di trovare quanti più frammenti possibili dell'armatura di Armored Saint. A questo punto inizia a scuoterlo, letteralmente e costantemente, affondando una per una le sue certezze sulla vita, gridandogli in faccia di diventare adulto con tutto l'amore del genitore che ti butta fuori di casa una volta compiuti diciotto anni. Diventare grandi significa che non si fantastica più su costumini aderenti, anche se sexy. Diventare grandi significa che invece di architettare un piano per sgominare il traffico di foche del Pinguino bisogna studiare diritto e microeconomia, magari iniziare a frequentare un lavoro. Diventare grandi significa iniziare a interessarsi di politica, magari leggere i giornali. Ma il primo passo per l'età adulta è noto, istintivo anche per gli scoiattoli. La scoperta della sessualità. E Casey è pronto a snocciolare al lettore-vittima tutti i più noti e perversi anfratti di questo mondo, sulbimi nella resa grafica di Kowalski. Casey ci mostra quanto il sesso possa essere più potente di un qualsiasi morso di ragno radioattivo, come possa tanto irretire le menti quanto silentemente sovrintendere ai giochi di potere. Un tema-avversario al quale l'eroe non può sfuggire, ma con il quale si può ben imparare a convivere, dandogli il giusto posto nella vita. Magari imbrigliandolo con l'amore (cosa non si fa in fondo pur di non diventare ciechi...). Questo è in buona sostanza quello che succede o potrebbe succedere in futuro nella serie Sex. Un supereroe "asessuato" in una enorme armatura scopre che non può più indossarla (fine dell'adolescenza) e tutto di colpo si ritrova nudo (inizio dell'età adulta), spaventato, indifeso, con quella strana cosa a penzoloni tra le gambe di cui ignora l'esistenza e uso. Cercherà di infilare ovunque quella protuberanza fino a che non capirà che la vita non può, anche se sembrerebbe, ruotare tutta attorno a quella.  Scoprirà che anche se nudo (non protetto), non avrà più paura. Certo, ci sono anche implicazioni di tipo religioso in questo, richiamate dall'autore anche in relazione a certi termini (il nostro Armored Saint ha sull'armatura croci che rimandano al cristianesimo, le Saturnarie sono feste pagane, ecc. ), ma restiamo sul pezzo.
Finale: In un mondo odierno dove è possibile con un paio di click vedere tonnellate di sesso (per poi fare i moralisti da due soldi e dire "su Italia 1 è pieno di tette..."), un'opera che affronti il tema senza limitarsi a essere un esercizio erotico acquisisce un certo peso. Soprattutto se è ben scritta e disegnata come questo Sex di Casey e Kowalski. Simon Cooke è davvero un personaggio interessante e lo splendido tratto di Kowalski ce lo rende reale, con tutta la sua forza e insicurezza. Un eroe senza costume che all'inizio, nonostastane la stazza d'atleta, si aggira curvo e insicuro tra le strade della vita. Un personaggio che cresce anche da evidenti sbagli. Ugualmente interessanti sono i personaggi che accompagnano l'eroe nella sua avventura. La risoluta dark lady Shadow Lynx, che si rivela molto più umana del previsto. L'amico avvocato Warren, non si capisce in quanta misura stupido e arrivista quanto sincero.  I grotteschi criminali, naturamente anche loro caratterizzati da precise devianze sessuali e la vecchia "spalla" dell'eroe. Un bel team. Non vedo davvero l'ora di leggere i nuovi capitoli e pertanto consiglio molto caldamente anche a voi la lettura. L'albo Panini Comics è molto bello, costicchia sui 15 euro ma ne vale la pena. Come precisato in nota però, se le tematiche sessuali vi offendono, girate al largo da questa pubblicazione. 
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giovedì 17 luglio 2014

Annabelle - primo trailer dello spin-off de "L'evocazione"

No, no, io non ci provo a fare battutine su di te....manco morto....
Chi ha visto il capolavoro di James Wan, L'Evocazione - The Conjurig, ricorda con estremo terrore il volto di questa bambola. chiamata Annabelle, protagonista anche di alcune locandine della pellicola. Non è la protagonista principale della pellicola, ma le poche scene che la riguardano fanno schizzare al massimo il senso di disagio nella sala. Il feticcio demoniaco massimo. Dentro di lei dimora il male più oscuro, un'entità che ha rovinato la vita a chiunque abbia avuto a che fare con lei. Una forza difficile da contenere anche se sigillata in una prigione mistica permanente. Suggestione? Effettacci? Niente di questo, ma qualcosa di peggio. Realtà, se pure romanzata. Perché L'evocazione è un film biografico che parla della vita di due veri e accreditati esperti dell'occulto, del loro lavoro e dei mostri che hanno dovuto affrontare. E questo significa che Annabelle, la "vera" Annabelle, esiste, e si trova nel museo-prigione per manufatti occulti dei Warren, perennemente sottoposta a esorcismo ma sempre in agguato, pronta a risvegliarsi. Un oggetto di studio da anni per ogni demonologo che si rispetti. Anche solo parlarne non è un bene. Si dice che non ci sia niente di peggio, per dare potere a una entità maligna, che accrescerne la conoscenza e il terrore. Tuttavia Wan ha deciso di dedicare a quello che è riconosciuto come il manufatto diabolico più pericoloso al  mondo (troverete in rete svariata documentazione in merito... non è solo un artificio promozionale...) un film tutto suo. Affidando la regia al suo collaboratore di sempre, John R.Leonetti e la sceneggiatura a un nome nuovo del panorama, che spero depisti il più possibile dalla storia originale. Dopo tanto parlare, ecco oggi finalmente spuntare il trailer della pellicola, in uscita a ottobre.


Che dire? Lo stile sembra quello di Wan. Tra Insidious (preso in uscita il 3) e L'Evocazione, senza dimenticare un tocco di Dead Silence. L'orrore agisce più a livello celebrale, la violenza visiva c'è ma è contenuta, la confezione è di classe. Gli attori, come usuale scelta di Wan, non sono grossi nomi, ma più che validi caratteristi. Il budget, da indiscrezioni di imdb,  rimane volutamente contenuto. L'atmosfera, il punto forte de L'Evocazione, sembra esserci. Usciremo tutti pisciati addosso dalla paura (speriamo di no, che è poco elegante...)
Annabelle è più terrorizzante che mai, ma saprà il resto del cast essere allo stesso livello degli straordinari personaggi di Wan, soprattutto dei suoi amati occultologi?  Qui Lorrainne (Vera Farmiga) ed Ed (Patrick Wilson) Warren non sembrano esserci (probabilmente la storia continuerà su "The conjuring 2", questo è una specie di "Annabelle begins"...). Così come mancano gli spettacolari esperti dell'occulto di Insidious (la mitica Lin Shaye, il carismatico Steve Coulter, i buffissimi Leigh Whannell e Augus Sampson). Siamo pronti a essere sorpresi, speriamo di essere sorpresi, ma in effetti riteniamo gli acchiappa-mostri di Wan tra i personaggi più belli della recente cinematografia horror, eguagliarli sarà difficile.
Direi che le premesse per qualcosa di bello ci sono tutte. L'appuntamento con questo nuovo horror è fissato per ottobre. Intanto se volete morire di paura in questa calda estate, andate ad informarvi sulla protagonista di questa pellicola. Se ne avete il coraggio... 
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martedì 15 luglio 2014

Lavori in corso - piccola dannata influenza estiva

Ormai è un classico. Quando tutti sono pronti per partire per le ferie, con tanto di biciclette e gommoni ancorati sulle auto, a me parte l'influenza estiva. Antipatica, deprimente e un po'noiosa. Roba da stare a letto con la coperta mentre fuori fanno 40 gradi. In genere,  dura poco. Speriamo. Sono altre le persone che soffrono davvero, intendiamoci, bene o male qui rimaniamo nell'ambito delle piccole sfighe: classico colpo di freddo da condizionatore a -20 quando ci sono all'estreno + 30. Dannati centri commerciali.
Così un po'di post, ahimè, sono dovuti saltare. Spero presto in un recupero. Vi lascio (per ora, spero...)con alcuni "bellissimi" spot sui medicinali di banco noti, roba da atterrire anche chi un po'di ottimismo in corpo cerca ancora di avercelo.


E poi provate a spingere nel naso la fialetta e a riprodurre le facce ebeti come questi attori


Odio la signorina Molli con tutto il cuore...
A risentirci a breve!
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sabato 12 luglio 2014

Dragonero n.14: Lo sguardo della bestia


Continua la caccia al drago del nostro eroe in provvisoria alleanza con i bellicosi bestiarii. Ian vorrebbe comunicare con il drago. I bestiari vorrebbero farlo fuori e farci portachiavi e stivali in pelle. Ma finché tutti sono davanti a un barbecue con arrosticini e birra, tutti sono felici. Poi arriva la notizia che il drago avrebbe rapito una fanciulla dal vicino villaggio e l'azione torna a ripartire fino all'inevitabile scontro finale. Il cui esito non è poi così scontato. Al termine del racconto segue una ganzissima storia autoconclusiva sui bestiarii, ambientata durante il loro annuale raduno di caccia. E sarà tutto un'esplosione di trappole, squartamenti e bevute di idromele.
In questo nuovo numero vengono chiariti ulteriori aspetti sul legame tra Ian e i draghi. Un legame che scaturisce dalla contaminazione del sangue del nostro eroe con quello di drago, ma che va ben oltre da una possibile telepatia. Il sangue di drago "ha conoscenza" di chi lo porta, così che ogni drago ha non solo la conoscenza derivante da chi lo ha fecondato ma di tutti i draghi viventi. Come i "borg" di Star Trek, ma con maggiore autonomia di pensiero. Questo si traduce nel fatto che Ian è ben conosciuto da tutta la comunità dei draghi tuttora esistenti, situata al di là di confini a lui noti. Pertanto la dannazione del nostro eroe si fa ancora più tragica come, per diverse circostanze, potrebbe quasi risolversi in una benedizione. Ma questi sono risvolti che sono con il tempo ci sarà possibile appurare. Rimane un pochino il rammarico per una storia partita benissimo, ma che in questo numero si completa davvero in un paio di battute. Poteva davvero avere un respiro maggiore. Di contro non pecca di ritmo il racconto breve sui bestiarii. Non ci aggiunge nulla di nuovo al mondo narrativo, salvo il fatto che ci sono in giro un bel po' di bestiarii, ma la storia è divertente, discretamente splatter e, soprattutto, rimette al centro della scena questi tipacci pesantemente armati e dalle tattiche belliche estreme. Uno spasso. Enoch scrive entrambi i racconti. La seconda parte del racconto iniziato nel numero 13 è sempre disegnata da Buscaglia, con la classe e impegno già evidenziati della scorsa recensione. Il racconto sui Bestiarii è ad opera di Trono, che adotta uno stile davvero notevole. Dettagliatissimo sui personaggi e molto accurato nella rappresentazione di paesaggi molto complessi, il disegno di Trono riesce ad essere chiarissimo da seguire anche nelle, spettacolari, scene d'azione. Davvero un peccato che il tutto sia relegato a poche pagine.
Ennesimo ottimo numero per la collana Dragonero. 
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Dragonero vol.13: Nato dalle fiamme


Altopiano di Prato Alto, nel Margondar occidentale. Due pastori assistono alla caduta di una macchina volante al cui interno vi è un uomo congelato. Niente di utile, solo righe da seppellire rapidamente per non attirare attenzioni non richieste. Non fosse per il misterioso carico del veicolo: una misteriosa e probabilmente molto preziosa pietra. Un'ottima occasione per diventare finalmente ricchi. Peccato che la pietra non sia quello che sembra, ma un uovo, un uovo di una creatura potente e pericolosa creduta ormai estinta da anni. Un drago. E sembra avere tutte le intenzioni di schiudersi. A Solian, nella sua casetta in riva al mare, Ian è tormentato dagli incubi. Gli compare un drago, e questo sembra recargli una profonda spossatezza. Fortuna che il suo compagno di fatto Gmor, orco spettinato e vestito con un'oscena vestaglia, accorre al capezzale dell'eroe, tranquillizzandolo e coccolandolo. Ian partirà alla caccia del drago seguendo uno strano istinto che lo "guida verso di lui". Il drago inizierà a mettere a ferro e fuoco tutto quello che incontra. Situazione che sembra oltremodo ghiotta per un gruppo di cacciatori di mostri conosciuti come "bestiarii".
Nuovo numero di Dragonero, prima parte di una storia che andrà a concludersi con il numero 14. Si esplora maggiormente il legame tra Ian e i draghi, mistica unione che ha origine nell'uccisione del mega drago cattivo avvenuta nel primo racconto del nostro eroe, il romanzo a fumetti "Dragonero", ovviamente mai ristampato e stra-esaurito. Ian "sente" i draghi in seguito a quell'evento e la sua spada, che ha ucciso il drago, è diventata di colore nero nonchè l'arma più terribile che esista. Però questo "sentire i draghi" ha sul nostro eroe anche una specie di effetto criptonite, debilitandolo al punto da essere steso a botte da un infante. E questo ci piace, amiamo gli eroi con dei difetti o un considerevole tallone di achille. Nondimeno il racconto ci riporta a suggestioni piacevolmente sperimentate nel numero precedente. Il mondo di Dragonero è vastissimo e la mappina di riferimento offerta nei primi numeri non è che solo una piccola parte di un "terreno di gioco" che probabilmente annovera altri reami, culture e civiltà ancora ignote. Da dove veniva l'uomo congelato sulla macchina volante? Possibile che ci sia un continente dove i draghi esistono ancora e sono addirittura usati come cavalcatura? Da questo luogo verranno poi persone bellicose? C'è una tensione palpabile, si avverte un lento precipitare di eventi. Davvero una bella atmosfera. E poi ci sono i bestiarii, tipacci loschi e belligeranti la cui vita è tutta caccia e onore, piercing e grigliate all'aperto.  Raminghi, considerati portatori di sfiga, per lo più in gruppi di reietti che tra loro si aiutano. Usano per la caccia animali predatori, ghouls, armi da fuoco, uncini e diavolerie varie per costruire trappole. Sono divertenti da vedere in azione. I bestiarii funzionano, sono una delle invenzioni più interessanti e originali viste finora. Pertanto i testi di questo numero, ad opera di Enoch, sono completamente promossi. Così come molto belli sono i disegni di Buscaglia, che giocano su un forte chiaro-scurro molto "minghelliano". Una soluzione cromatica adattissima nel seguire le scorribande in notturna di un drago, laddove dalla calma del buio seguono pericolose fiammate di luce. Di contro i paesaggi sono più essenziali, ma nell'ottica complessiva di tale impostazione funzionano Molto belli e curati i personaggi. Numero interessante, di cui siamo curiosi di scoprire l'epilogo.
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