domenica 30 marzo 2014

Sabotage

 Arnold che spara con grosse armi...



Prendete lo scrittore di "Training Day" e il regista di "End of Watch" e avete già le basi per un thriller poliziesco solido come il granito. Prendete la trama di "The Shield" sul “treno dei soldi” e fatela durare il giusto, ossia 2 ore e non 6 stagioni. Innaffiate con armi pesanti antiaeree, macchinoni grossi tre corsie, gente che si mena duro con ketchup che esplode ovunque, sesso lesbico tra modelle gnocche che non serve, ma se c'è non dispiace, cocaina e dollari sporchi a pioggia per fare “trama torbida”, carri armati, musica cool, Sam Worthington brutto sporco e cattivo che manca solo lecchi un coltello come il cattivo classico di Ken il Guerriero, Terrence Howard che defenestrato da "Iron Man 2" è quindi incazzato nero, musica gangsta yo yo che truzza paiura. Poi pigiate tutto al massimo perchè deve entrarci, e starci comodo, uno dei più grandi action hero di sempre, il prodigio austriaco, l'Ercole della pesistica reganiana, il solo e unico Arnold Schwarzenegger (il cui cognome mi vanto di scrivere a memoria sempre corretto). In pratica quando The Shield incontra Commando. Immenso. 
Certo Arnold non è più un giovanotto, non può fare tutto da solo, ma se deve girare parti da Clint Eastwood funziona ancora alla grande e può regalarci nuove perle. In fondo lavorava in team anche ai tempi di Predator e il film era comunque una bomba. Siamo tutti gasati e sudati, ci aspettiamo un sacco da questa pellicola, probabilmente già troppo. Vi faremo sapere. 
Talk0

venerdì 28 marzo 2014

Tartarughe Ninja

Primo trailer!! E fesserie varie

Se New York è invasa dai mostri, ninja del clan del Piede e pericolosi alieni, c'è una sola soluzione! Sono verdi, pompati, seguono il bushido e adorano la pizza...
Le creature fumettistiche di Peter Laird e Kevin Eastman, nate nell'underground e poi celebrate e magnificate da uno storico cartone americano (con ampio contributo giapponese), campione di ascolti e giocattoli degli anni '80-'90 e da poco tornate in edicola anche da noi, hanno finalmente ricevuto, dopo i Transformers e speriamo anche con stesso impatto, la cura di Michael Bay, sempre sotto egida Paramount, a base di steroidi e figaggini-tamarraggini varie.

 Alla regia il sempre celebrato (?) Jonathan Liebesman ("La Furia dei Titani", "Al calare delle Tenebre", "Non aprite quella porta -l'inizio"... speriamo bene), la sceneggiatura nelle salde manine (sì, queste sì) di Josh Appelbaum ("Protocollo Fantasma", "Alias", "Life on Mars" e accreditato per "Beverly Hills Cop 4"... non male), Andrà Nemec (stessi titoli più o meno) e Evan Daugerthy (che aspettiamo su "Divergent" ad aprile, dietro il pasticciato "Biancaneve e il cacciatore" e accreditato per "G.I.Joe 3"). Nel cast “umano” fa bello sfoggio di sé, nel ruolo della reporter April O'Neill (classica icona sexy, castana con frangia e occhi scuri prosperosa, con le poppe strizzate sensualmente nella sua tutina gialla... ma io guardavo le tartarughe o lei? Non rimembro bene...), la sublime ninfa conosciuta al mondo come Megan Fox, creatura ultraterrena che fece la fama (vera) dei Transformers nonostante non brilli esattamente di doti recitative (ma chissene...). A vestire il casco metallico e i muscoli del cattivissimo Shredder, leader dei ninja del Piede, è stato chiamato il bravissimo (e imponente) William Fichtner, mentre il mitico Danny Woodburn, uno degli attori nani più celebri (a me ha fatto impazzire in "Babbo Bastardo" e "Io, me e Irene"), vestirà gli appropriati panni del maestro-mentore delle tartarughe guerriere, Spliter. Il cast è ricco e comprende anche Will Arnett, Whoopi Goldberg (mi pare sia la non vedente che c'era anche nella serie), Abby Elliott ("E alla fine arriva mamma"... ci siamo capiti).

Le tartrughe saranno interpretate (e non ho chiaro se si tratti o meno anche di motion capture) da Pete Ploszek (attore ancor in erba), che brandirà le katane di Leonardo, Noel Fisher (visto anche in "Twilight" come il Vampiro Vladimir, ma anche in "Final Destination 2" e in molti altri telefilm) che brandirà i nunchaku di Michelangelo, Alan Ritchson (già Aquaman di Smallville) che sarà Raffaello e sventaglierà i suoi sai e Jeremy Howard che infine sarà Donatello e le darà con il suo bastone (attore bruttino a cui fanno sempre fare zombie, mostri spaziali e addetti della posta alieni e pluribracciuti come in "Men in Black 2").
Purtroppo, per gli amanti dei mitici avversari delle tartarughe ci sono brutte notizie. Niente Bebop e Rocksteady! 
Non ci saranno e mancano già!!
Io che sono nato a metà del settanta ho vissuto appieno la mania delle tartarughe ninja, anche se ero già grandicello per i pupazzi. Ricordo quando nel bar vicino alla scuola fece la comparsa il cabinato della Konami con quattro stick e una grafica che, per allora, era davvero da fuori di testa

Poi me le sono ritrovate in un numero di Savage Dragon come guest star (era pubblicato su Spawn, etichetta star comics) e ho scoperto delle tartarughe più cupe, underground, estreme. Non mi sono negato neppure i mitici film, che non ricordo così brutti ma ho tanta paura a rivederli e rimanere deluso (all'epoca ero un fan e, ripeto, la grafica del videogame visto qui sopra era ai tempi qualcosa di galattico). Ricordo comunque che alle medie mi regalarono una cassetta di Vanilla Ice...
E quando con il secondo film delle tartarughe uscì questo pezzo ero gasato a palla:


Ecco cosa succede se non conosci abbastanza in fretta i Led Zeppelin... ed ecco perché è meglio tenere certi film nello scrigno dei ricordi...
Ma torniamo a noi!Torniamo al trailer.
É in pratica un film dei Tranformers con le tartarughe al posto dei robot. Stessi palazzi che esplodono, stessi rallenty, stesse scene estreme un po' alla Call of Duty (la scena sulla neve pare modern warfare 2... ma sappiamo lo smodato amore di Bay per il genere militaresco) stesso Bay pompo-classico. Ma le nuove tartarughe digitali sono uno spettacolo puro, dinamiche, cariche di dettagli, perfino “realistiche”. Ci hanno messo una vita a mostrarcele in movimento e devo dire senza se e senza ma che ne è valsa la pena, i nuovi personaggi spaccano e Bay è come se avesse già i miei soldi per biglietto, versione home video e magari qualche pupazzo (magari Lego). La Fox è esattamente la gnocca che deve interpretare, in pratica è perfetta anche se muta. 

Fichtner nei ruoli da villain è fantastico e da lui non mi aspetto mai niente di meno che la sua performance in "Drive Angry". Ci sono le battute già nel trailer, speriamo siano tante e divertenti. Ma può Michael Bay rifare Transformers con le tartarughe? Può farne un film da 196 minuti, di cui 186 di azione forsennata e 8 di gag alla Vanzina, musica sparata a manetta e dieci miliardi di inquadrature al secondo come suo solito? Ripeto, non dico che sia un male e potremmo potenzialmente vedere il film di arti marziali più tosto del secolo, ma forse non mi sarebbe dispiaciuto un approccio meno urlato, magari anche meno figo e di impatto, magari come quello utilizzato da Del Toro su Hellboy, dove alla velocità di azione corrisponde anche un po' di introspezione (che magari sarà presente pure qui, sto parlando per presupposti facilmente smentibili a posteriori). Perché in fondo si parla di eroi reietti, che vivono nelle fogne e sono allenati da un maestro che ha perso la sua umanità mutandosi in un topo. Dei paria, ma con un codice morale, anche se di fatto non tutti disciplinati allo stesso modo, tutti allievi modello di una tradizione e onore che la città di superficie ha perso. Un aspetto crepuscolare che i cartoni animati giocoforza mettevano in soffitta, inquadrando più che fogne grossi cartonati di pizza, ma un aspetto che nell'opera originale c'è e sarebbe brutto perdere anche qui, tra mille bellissimi botti e botte.


Il film ci interessa. Seguiremo con passione il suo percorso fino alla sala. E saremo più che contenti di premiarlo se merita. 
Talk0


mercoledì 26 marzo 2014

Hercules – il guerriero



Cosa si può dire alla fine di questo trailer se non: “Sì, per Zeus, sei tu Hercules!!!!”.

Noi ve lo avevamo già anticipato secoli fa (CLICCA QUI), quindi i nostri fan già sapevano della graphic novel di riferimento e dell'avvento di questa pellicola che già in poche battute si presenta spaziale oltre ogni immaginazione. Se non lo sapevate ora lo sapete e non potete più ignorarlo. The Rock torna a rullare nel fantasy e lo fa in grandissimo stile, con muscoli guizzanti, olio abbronzante, parruccone che lo fa assomigliare a Laura Pausini (ma non avrei il coraggio di dirglielo di persona). 

Quest'omone è nato per roteare spade e spaccare teste a draghi con tre nerchie e anche se saremo obbligati a reindossare gli odiati occhialetti 3d, noi la fila per ammirarlo in Imax la faremo, faremo un pellegrinaggio a piedi verso l'Imax piuttosto. Perchè The Rock è Hercules e potrebbe incazzarsi se diamo buca. È come se dal trailer sentissimo il dolore che il nostro westler del cuore procura a povere creature digitali inermi. Da questa pellicola perfino i mostri digitali ricorreranno alla protezione animali per farsi tutelare. La Paramount è pronta per il colpaccio. Ma, serio, non è che 'sto nuovo taglio di capelli jungle non distrarrà troppo? Cioè, nei primi secondi del trailer pare abbia un gatto morto in testa e subito dopo lo vediamo con un animale morto in testa. Storicamente-mitologicamente corretto, ben inteso...
Talk0

martedì 25 marzo 2014

Congratulazioni Dott. Maurino!!!

Off Topic: interrompiamo la normale programmazione per un augurio a un nostro fan!

Il Maurino è uguale a lui...

Oggi abbiamo deciso di festeggiare sulle nostre pagine un caro amico, nonché abituale lettore delle “conseguenze”, che è arrivato a un importante traguardo. È un giorno speciale, unico. Bellissimo, perché si chiude un capitolo della propria vita e se ne apre un altro, perché la mamma è felice e bella come non la ricordavi, perché cammini galleggiando nell'aria. É altresì (per chi la vive male) un giorno psichedelico, perché lo si passa quasi interamente prima nel pallone per la tensione e poi da ubriachi in posti che non si ricorderanno e circondati da gente che non si è mai vista prima e non si ricorderà poi. Purtroppo è ahimè anche un giorno bruttissimo, perché segna la fine della scuola e di gran parte della adolescenza, perché non è così facile poi, oggi, trovare un posto nel mondo del lavoro. Ma bando alle malinconie! Oggi si festeggia! E per donare all'evento un po' di goliardia, così misera dalle nostre parti, mettiamo in calce un paio di filmati di forte componente goliardica su situazioni (tutte sperimentate da me in lauree padovane...) che a un giorno di laurea non possono mancare (anche se uno cerca di evitare) anche se con la laurea stessa non c'entrano nulla.
Gara di rutti


Scoreggia incendiaria


Ubriachezza molesta


e per chiudere una canzone, che a me fa sempre piangere e che ti sia di buon augurio per vivere al meglio, in pieno, la nuova bellissima fase della vita che hai davanti



Con affetto. Talk0

lunedì 24 marzo 2014

Orfani n.6

...e rinascerai con dolore

Rey lo scartato. Tutti quelli che puntavano su di lui o Felix circa la vera identità del combattente conosciuto come Pistolero sono rimasti con in mano un pugno di mosche. Torniamo un attimo nel passato. Le sostanza con cui pasticciano i corpi dei giovani Orfani rendono i corpi forti ma instabili i caratteri. Dopo aver cercato di “sedurre” in qualche modo la Mocciosa, Rey si ritrova così con una frattura scomposta e con un biglietto di via da campo Dorso Duro. Tuttavia la professoressa Juric decide per un secondo impiego del ragazzo. Nuove sostanza da assumere e dagli effetti ancora più imprevedibili, possibili mutazioni fisiche, possibili poteri esp. Tanta forza ma un biglietto di sola andata verso la follia. Per amore di vendetta Rey sceglie il trattamento. E il suo corpo muta.
Nel presente accade quanto di più inaspettato potreste immaginare. È una rivoluzione copernicana per l'asset della serie, una svolta così radicale che non ho cuore di raccontarvela, voglio la scopriate da soli. Arriveranno risposte che per alcuni sono conferme, non mancheranno belle sorprese in un cliffhanger che ci proietta già al prossimo arrembante capitolo. Ma noi siamo tristi perchè in questo numero non ci sono loro, i nostri grandi eroi morali del racconto. Gli orsetti gommosi. Eroi silenziosi che da soli hanno catalizzato i primi mesi di vita del fumetto riempiendo di domande (e perplessità) le teste degli sfortunati fruitori. Nell'attesa di un loro (non) graditissimo ritorno non possiamo però rinunciare a proporvi la “caramella del mese”, a volte l'unica vera ragione per aggiornarvi circa questa testata. Considerando le mutazioni di Rey, ci sono venute in mente i classici “denti da vampiro” di zucchero! Dolciume amatissimo dai dentisti di tutto il mondo.

Il buon Recchioni scrive un numero bello tosto, ricco di trovate narrative e con l'unico neo di leggersi a velocità luce. Un'autentica svolta, che giunge del tutto inaspettata ma graditissima. L'azione la fa prepotentemente da padrone e tra sparatorie, combattimenti corpo a corpo e inseguimenti c'è spazio pure per situazioni del tutto nuove come quelle di tipo “onirico-horroristico”. I disegni di Dell'Edera uniti ai disegni di Niro offrono un piano visivo eccelso. Molto delicato nella caratterizzazione dei personaggi giovani, il tratto di Dell'Edera diviene “potente, grosso e cattivo” nel descrivere i chara adulti. Le tavole sono sempre estremamente dinamiche e viene fatto uso di inquadrature eccezionali in quello che forse è il miglior spettacolo visivo fino a ora proposto. I colori di Niro caricano le tavole di una “fotografia” totalizzante e metallica che ricorda per certi versi film come “Traffic”, ottima per offrire peculiare fascino a ogni sequenza. La scena onirica, tra influenze da horror giapponese (tra pioggia battente e figure spettrali che risalgono da una natura distorta) e colori virati di un giallo-verde malato è il fiore all'occhiello del numero.

L'unico difetto è che giocoforza nell'introdurvi il prossimo numero dovrò raccontarvi cosa è successo di così pazzesco in questo. Non perdetevelo! Talk0

sabato 22 marzo 2014

47 Ronin

Il seppuku spiegato dai Teletubbies


Keanu Reeves, trovato ai margini di una foresta maledetta, viene adottato da un warlord giapponese, Yamaga. Siccome Reeves è un meticcio e non un sangue puro samurai di 'sta fava, il warlord gli allestisce una specie di cuccia per il cane e autorizza i suoi samurai a dargli qualche calcio nel culo nel caso si trovino nei pressi. Keanu vuole però bene alla figlia del warlord e brama davvero essere accettato dal padre adottivo. Così calcio nel culo dopo calcio nel culo e Ciappi a volontà nella sua ciotolina ad allietarlo, Keanu arriva a quarant'anni senza nessuna sensibile miglioria a vitto e alloggio. Si scopre che Keanu è poi dotato di una forza straordinaria e potrebbe agilmente e velocemente ficcare nel culo le rispettive katane a tutti gli acidi stronzetti samurai che a turno si bulleggiano di lui. Ma non lo fa, mai. E questo perché lui ci tiene a fare il bravo, ad essere accettato, in lui scorre potente il classico masochismo giapponese che tanti cartoni animati alla "Remi" o "Il Grande sogno di Maia" ci hanno insegnato a conoscere. Il nostro un giorno fa poi una cosa clamorosa, riesce ad abbattere una specie di demone gigante in computer grafica che insidia la foresta (probabilmente mandato da qualcuno) e il merito dell'impresa se lo prende il samurai (Hiroyuki Sanada) a cui ha appena salvato l'inutile vita. E questo viene promosso!! Da questo punto il samurai Kuranosuke assume per motivi tecnici il nome di "Merda di Samurai". Il padre adottivo, che è arrivato a eventi conclusi, ha palesemente capito che la Merda di Samurai non ha fatto un cazzo, anche solo per il fatto di vedere quest'ultimo tremante in un angolo mentre Keanu è ancora ricoperto del sangue del mostro. Ma promuove lui. Questo sì che è onore e rispetto.

Poco dopo arriva in zona Tokugawa (dal nome mi pare il tizio che unifica il Giappone poco dopo che lo avevano già fatto Nobunaga e Toyotomi... ecco a cosa serve giocare a Sengoku Basara) affiancato da un loschissimo tizio di nome Lord Kira, al cui seguito c'è pure una strega (Rinko Kikuchi, già vista in Pacific Rim, sempre bellissima). Kira punta ai territori di Yamaga, non ha problemi a usare una strega, per espandersi accetterebbe perfino una delle offerte di Game Stop (quelle tipo: “Play Station 4 a 99,99 euro” cui seguono in piccolo le causali “se ci porti la ps3, 10 giochi appena usciti a prezzo pieno belli e non cagate, tre action figures di Assassin's Creed firmate dallo scultore in copia limitata, una Playstation 4 che hai preventivamente comprato ma non da Game Stop, 400,00 euro caricati su scheda psn non usata, tua sorella se gnocca”.). Kai, ossia il personaggio interpretato da Keanu Reeves (sì “Kai”, come il rantolo di un cucciolo colpito da una mazza), siccome è mezzo demone e siccome è stato trovato nella foresta maledetta, percepisce la strega e informa Merda di Samurai del pericolo. Naturalmente il pagliaccio reagisce come se Kai fosse folle: “Una strega? Ma ti droghi? Striscia per terra meticcio!”. Ricordiamo per i meno attenti che 4 minuti prima Kai gli ha salvato la vita da un demone ed è tipo ancora coperto dalle viscere dello stesso. Ovviamente il samurai non farà nulla. Dopo un paio di tentativi di complotto in cui risulta palese anche a un idiota l'uso della stregoneria, ma di cui si incolpano i locali, il warlord padre adottivo per “lavare l'onta” fa seppuku. Risultato: i suoi samurai decadono di rango e diventano “Ronin”, ossia “samurai senza padrone”, un ceto sociale che li accomuna in linea gerarchica a muschi e licheni. Ora, Merda di Samurai scopre che forse doveva fare qualcosa, ma nel dubbio lord Kira, che nel frattempo ha già la benedizione del daimiyo per sposare la figlia di Yamaga allo scadere dell'anno di lutto, decide di buttarlo in un pozzo per “n” mesi. E il pubblico in sala esulta per il cattivo! Finita la prigionia, Merda di Samurai medita vendetta contro lord Kira. Andrà a cercare gli altri ronin e organizzerà qualcosa di clamoroso per dei ronin, qualcosa di mai visto nella cultura giapponese: un attacco suicida. Naturalmente prima andrà convinto a unirsi alla allegra combriccola anche l'amato, apprezzato, indispensabile fraterno amico Kai, da poco venduto a degli olandesi tatuati per i combattimenti in arena contro creature realizzate in computer grafica. Come finirà?

Non vi tedierò con la storia ufficiale dei 47 ronin perché, semplicemente, nemmeno io la conosco approfonditamente, non l'ho capita davvero e potrei farvi spoiler per quei (pochi) aspetti che vengono riportati in questa pellicola e poi è troppo “giapponese”. Ed è forse questo il punto cruciale. Al di là delle vicende, il mio è un autentico gap culturale, perché tutto gira intorno all'onore del samurai e alla questione del seppuku per dimostrarlo. Per esprimervi al peggio le mie limitate capacità mentali, ecco quello che di questi temi provo a intuire. Circa il seppuku. È un aspetto che ho già visto rappresentato in diversi film, soprattutto di Kitano, in situazioni assurde dove l'onore dei samurai si fa base all'onore degli yakuza. Situazione tipo (una roba simile la trovate in “Brothers” di Kitano), uno yakuza serio ed educato, che non ha abusato di birra Asahi, va da un altro Yakuza che ritiene importante per espandere il suo clan ed esordisce : “Devi unirti al mio clan di yakuza, il mio capo è un figo!”.
L'altro, dall'aria cool ma intento nell'esplorazione nasale, ribatte: “Ma non so nemmeno chi cacchio è!”;
Il primo caccia fuori il solito coltello rituale per suicidi senza il quale nessuno Yakuza esce mai di casa e si denuda il petto per sventrarsi esponendo serio: “Per dimostrarti che è una persona degna d'onore, ora mi sbudello davanti a te con una squadra da disegno! Gggghhhaaaaa Ggghannnnn”;
Colpito dal gesto, commosso alle lacrime anche se non sapeva esattamente chi fosse il primo, il tipo che si scapperava sentenzia:“Apprezzo il modo temerario con cui stai morendo e mi stai smerdando di sangue e budella il salotto! Dopo il tuo funerale mi legherò al tuo capo in eterno!”
Ed è una cosa a cui tengono un casino nella tradizione nipponica! Una vita per il proprio onore. C'è chi riderebbe di una cosa del genere o la considererebbe solo pazzia. C'è chi farebbe battaglie giudiziarie di anni per dimostrarsi innocente pur se colpevolissimo. In Giappone no.Tanto che se qualcuno non accetta il seppuku o rimane indifferente alla cosa è un bastardo (vedasi “Outrage” sempre di Kitano)! Certo si applicasse anche alla politica italiana un tale concetto di onore vedremmo volti nuovi in parlamento ogni tanto... Comunque, una questione pesante quindi, che se non trattata con il dovuto tatto appare facilmente ridicolizzabile per il non nipponico.
Ugualmente difficile da spiegare è la questione samurai-ronin. I samurai sono una casta privilegiata che ricopre varie funzioni statali, sono guerrieri ma anche amministratori di potere. Nel caso della dipartita del padrone divengono ronin, una condizione di paria, reietti, con la speranza di un subitaneo ricongiungimento nell'aldilà. Un'altra visione estremizzata con lo scopo pratico però di eliminare in un solo colpo la “vecchia amministrazione”. E anche qui non c'è “gruppo misto” che tenga... Per noi che cambiamo casacca e partito come le scarpe è ancora più difficile. Il film cerca, in un disneyano volo pindarico, disperatamente e incoscientemente di farci accettare peculiarità culturale così estreme, farcendo pure con elementi fantasy. Come se aggiungere alla storia un drago, i folletti e Gigi Riva 
"Non ci sono nella pellicola, ma sarebbe
stato bello abbattere ninja con il pallone!"
Il personaggio di Keanu Reeves dovrebbe essere il simbolo di chi sceglie la via della spada come precisa scelta di vita, un soggetto che diviene “arma” del suo signore riconoscendone onore e rispetto. Signore locale che rappresenta poi in senso lato lo Stato, l'onore del territorio in cui vive. Kai non è tecnicamente un samurai ma sostanzialmente ne incarna coraggio, onore, fedeltà, le principali peculiarità. A uso e consumo degli spettatori (brutto da esprimere ma formalmente vero), gli altri samurai sono altrettante “armi”, ma nella prima parte della pellicola sono sono samurai di nome, tronfi nel rango, ancora inconsapevoli sull'onore. Così solo quando divengono ronin, decadendo di rango e livellandosi con Kai, iniziano a capire le sue ragioni e a comprendere meglio il loro ruolo. Solo da quel punto saranno “preparati e disperati a sufficienza” e anche la questione inerente al luogo in cui nella pellicola prendono le “nuove” spade rappresenta questo passaggio e la successiva rinascita. Ma finora sto parlando solo di “intenzioni” della pellicola, che purtroppo si scontrano con una messa in scena confusa, sbadata e poco partecipe.
Il fulcro della vicenda è giocoforza Kai, il meticcio interpretato da Keeves. Funziona per farci immedesimare nel personaggio in quanto elemento occidentale, ma per me è un errore che i samurai, che dovrebbero essere i personaggi principali, vengano descritti come acidi bastardi razzisti per tutta la prima parte della pellicola. La redenzione appare forzata e frettolosa e di 47 ronin se ne approfondiscono a dire tanto tre. Decisamente poco. Aggiungere elementi della mitologia locale anche a cacchio, mostri volanti, diavoli, monaci-serpenti è la salsa che fa vendere i biglietti di film anche non riuscitissimi, come "La Furia dei Titani" insegna, e un bel mostrone è più di impatto di una pippa sul bushido. Ma perfino questi elementi non funzionano, sono più “roba colorata che appare e poi scompare” senza un perché. Elementi che annacquano e pasticciano il tono dell'opera e soprattutto sono mal gestiti. Scene miraboloanti nel trailer si riducono spesso a poca cosa (Il tipo tatuato da scheletro ganzo e inquietante? È un marinaio danese, lo vedrete per 10 secondi, sulla locandina è grande quanto il protagonista. Il gigantone in armatura metallica? Non ha nemmeno un nome, dura due minuti, la sua fine è quanto di meno epico si potesse concepire) e portano in sala persone che della storia effettiva, del seppuku ecc. non è che ci capiranno molto (perché spiegato malissimo), persone che usciranno un po' interdette (anche dal finale) dicendo: “Ma che cavolo di film ho visto?”. Per finire, in un film di samurai non dovrebbero mancare grandi combattimenti tra samurai. Qui abbiamo zuffe degne di bambini dell'asilo che smanacciano con le scope in cortile.
"Manco un combattimento decente! Fatemi almeno
tirar giù un pilastro per sfogarmi!"
Quindi tiriamo le somme. Un film sui samurai che tratta male la figura dei samurai: vi staranno sulle palle da subito tutti i personaggi. Effetti speciali colorati ma messi a casaccio e incompatibili, poco funzionali, spesso inutili in relazione alla serietà del contesto narrativi e che non durano in scena più di una scoreggia. Effetti che falliscono proprio sul fattore epico che dovrebbero fornire, essendo protagonisti di scene scarne, confuse, decisamente poco soddisfacenti. Un film con samurai in cui i combattimenti fanno cagare. E pagare due o tre sword-men a insegnare due o tre colpi non è che fosse cosa impossibile. Direte quindi: “Ci sarà almeno gnocca?” Poca. Poco nulla. La mancanza di questo elemento, da sempre il salva-gente della boiata action classica è grave. 
No, purtroppo qui lei non c'è...

Perché vederlo quindi? Perché il trailer attira e le schifezze con mostri in computer grafica ci piacciono sempre. Ma dopo una prima visione l'entusiasmo si smorza di brutto. Si sarebbe preferita una storia più cruda e filosofica. Andava benissimo anche una storia più scema ma con elementi fantasy gestiti bene e un ritmo narrativo uniforme. Su tutto sarebbe bastato vedere katane danzanti e scene cazzute come in 13 assassins. Qui tutto è parco e presto dimenticabile. E dire che ci andava bene una tronzata tipo “Furia dei Titani in salsa Naruto” per farci contenti. Spreco. 
Talk0

martedì 18 marzo 2014

Marshal Law

Teste decapitate, sublimazioni falliche, suore tatuate, tizi vestiti con sacchi della spazzatura, prostitute cosplayer, eroi sadomaso, lerciume, sangue, steroidi, donne nude con sottofondo di bandiere americane, feste depilatorie in piscina, madri cattive, serial killer, corone di spine, scritte sarcastiche presenti su ogni superficie animata-inanimata, sangue e vomito. Benvenuti nel mondo sporco e cattivo di Marshal Law.

San Francisco. A seguito di una spinta tecnologica volta allo studio e utilizzo di sostanze mutogene, di chiara origine post-nazista-superomistica la città ha le strade piene di tizi che hanno scelto di incasinarsi il dna e diventare dannati supereroi. Un po' sono diventati super per venire incontro a esigenze politiche di spinta ultra-cattolica, una specie di super-ordine degli eletti autorizzati da Dio. Un po' sono diventati super per vestire uniformi da soldato e combattere una maxi guerra nella Zona, il cui territorio era esteso dal centro America al Rio delle Amazzoni e ora, schifati da tutti come i reduci ai tempi di Rambo, vagano senza meta ubriachi e molesti. Un po' sono diventati eroi perché una potente società, se vuoi, ti fa diventare supereroe gratis se passi a fare un giro nel suo personale parco dei divertimenti e potresti sviluppare un potere mutante random, magari qualcosa di utile, magari no, ma vuoi mettere la sorpresa? Tanto potere riversato in tanti idioti per lo più pazzi, autolesionisti, fanatici. Le recenti scosse telluriche hanno ulteriormente scatenato il caos, la città è ora per metà macerie, divise in aree comandate da superuomini pazzi, fanatici, decisamente anarchici. Una polveriera spaventosa ribattezzata San Futuro, nella speranza che un futuro, qualsiasi ma diverso da una megadetonazione, possa mai arrivare. Il governo locale si è arroccato in una specie di dittatura militare. Sulla skyline di San Futuro ai margini dei detriti di San Francisco, capeggia la torre “Innalzati America”, al cui vertice svetta una statua dello Spirito Pubblico. Al suo fianco il palazzo dell'unico giornale, “L'occhio pubblico”, mentre per il resto solo palazzi del nuovo Distretto di Polizia. 

La città è in armi. Ma la speranza di un domani c'è ancora. Da poco è tornato in città lo “Spirito Pubblico”, il più potente dei supereroi, uno di quelli belli e puri, nati prima che essere un portatore di mantello colorato fosse sinonimo di vomito e perdizione. Il nostro è di nuovo a casa dopo un viaggio nello spazio durato per lui due anni ma che sulla Terra sono stati 25, i 25 anni più brutti di San Francisco. L'eroe carico di valori e spirito patriottico è pronto a un nuovo catechismo morale, a una nuova fiera dei valori buoni e sta per suggellare la sua personale promozione alla famiglia perfetta di stampo americano, convolando a nozze con Celeste, una “sirena”, una supereroina bellissima e castissima quanto in grado, come lui, di volare. Luci della ribalta e fama per uno Spirito Pubblico che qualche scheletro nell'armadio comunque lo ha. Dietro il sorriso smagliante e la tutina colorata, tratta gli esseri umani come lui li vede, come insetti.
A contrastare tanta luce con sange e pazzia c'è il dormiente. Un serial killer dai poteri spaventosi che sta inanellando una serie di vittime, tutte rinvenute con addosso un costume come quello di Celeste. Un brutto spettacolo per l'opinione pubblica, un pessimo spot per l'industria fabbrica eroi.

C'è un solo uomo che può indagare sulla delicata situazione e nel contempo piazzare qualche calcio alla derelitta rappresentativa terroristica superumana locale. È un super ”venduto” alla polizia, un giuda che si aggira tra le strade di San Futuro in un uniforme nazi-sadomaso, stivali a punta con speroni cowboy, una specie di giubbetto riportante la scritta “fear and lothing” ricoperto di catene, in testa un cappellaccio da sbirro che ricopre una maschera da schiavo fetish, spine d'acciaio strette intorno alle braccia e un numero assurdo di armi da fuoco ad arricchire il cinturone, sul quale pendono maschere di eroi strappate, non troppo dissimili a scalpi. Opera in incognito nella vecchia derelitta città, ha base in un covo segreto nel quale passano le fogne, lavora da solo. Lo chiamano Marshal Law (già dal nome pare il fratellino di Judge Dredd), il “caccia-maschere”, l'unico eroe del circondario. Ha grossi problemi nei rapporti interpersonali, gli piace fare molto male ai super, non si piega alle logiche della politica. Odia lo Spirito Pubblico perché credendo in lui si è ficcato una uniforme e ha visto più volte la morte nella Zona, negli occhi dei suoi commilitoni utilizzati come carne da cannone. Farà di tutto per terminare quel bastardo perché in lui sente qualcosa di sporco. Marshal Law, il buono. Fate voi. Ma da poco è cambiato, l'amore di una ragazza, Lynn, lo ha cambiato. Il recente terremoto li ha fatti incontrate. Lui mostro pieno di rancore, lei persona propositiva, attiva nella lotta contro l'imperante super-statalismo di San Futuro. Lei lo ha riempito d'amore e forse gli avrebbe aperto con il tempo gli occhi con i suoi studi e le sue idee. Sotto la maschera si iniziava a scorgere un uomo. Peccato che il mondo sia pieno di pazzi supers e la vita di lei in un attimo venga stroncata, dal classico fesso mascherato. Lynn poteva davvero cambiare Marshal, ma le istruzioni per diventare un uomo migliore, un uomo felice, non ha fatto in tempo a dargliele. Ma il cacciamaschere, il “venduto”, tra gli scatoloni della casa rimasta vuota troverà gli appunti di Lynn.
Se amate i fumetti il nome di Patt – “Slane”- Mills dovreste averlo tatuato da qualche parte sul corpo. È uno degli scrittori inglesi più cazzuti, brutti, scorretti e cattivi di tutti i tempi, uno dei tipacci che hanno aperto la strada ad altrettanti tipacci come Garth - “Preacher”-Ennis. Non lo cito a caso Ennis, Marshal Law fa con più sintesi e stessa cattiveria (e una sferzata brutale alla Miller) quello che “The Boys” di Ennis ha fatto nel recente. Solo che Ennis nel farlo ci ha trollato impropriamente per troppe pagine, mentre il buon Patt ha più cuore e a romperci troppo le palle non ci pensa. La formula, la “mission”, girali e rigirali è quella: prendere tutta l'iconografia dei supereroi, tutine e buoni sentimenti e coprirla di umane bassezze e farne critica sociale. Perché non è detto che chi possiede l'arma-potere più grande e più forte, sia anche una buona persona. Diffidate bambini, diffidate. E come un autentico kamikaze anarcoide Mills non si limita a urlare le sue invettive contro i comics americani (e l'America tutta) dagli ufficetti inglesi di 2000 A.D., patria del Giudice Dredd. Mills pubblica Marshal Law direttamente in America, e sotto etichetta Marvel. Ma del resto sono tempi di grande vivacità culturale e in nostro Marshal Law ha tutto l'appeal per colpire il pubblico migliore dell'epoca, quello che da poco ha apprezzato (1986) il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Miller. Se amate i fumetti di classe come "The League of Extraordinary Gentlemen", sicuramente il nome del suo realizzatore grafico Kevin O'Neill non dovrebbe esservi nuovo. Su Marshal Law si esprime con un tratto ruvido, acuminato, grottesco quanto, alla bisogna e a sorpresa, carico di mille bellissimi dettagli, trovate folgoranti, deliri pop. Un Simon Bisley meno anarchico del 17% insomma.

Dalla combinazione dei due esce uno spettacolo visivo davvero fuori scala, personalissimo, audace, profondo. Dietro alle mille spacconerie del poliziotto cattivo e alla satira spiccia sulla “fallocrazia superomistica” si trova realmente un percorso di crescita interiore, un messaggio critico non banale, persino una bella e dolorosa storia d'amore. Marshal Law sa farsi voler bene e ricordare. Anche perché è un'opera abbastanza definita, raccolta in un'unica deluxe edition all'estero. È un bene quindi che oggi RW Edizioni abbia deciso di ripescarlo e pubblicarlo integralmente, dopo che dalle nostre parti è arrivato solo il primo arco narrativo, la cui storia più o meno vi ho inquadrato. Attualmente sono stampati due volumi (il secondo in ristampa mi pare) su tre, con quest'ultimo speriamo imminente. Un bel modo di riscoprire un piccolo classico, un eccessivo, sessualmente attivo, dissacrante, volgarotto ma inaspettatamente coinvolgente e profano classico.
Naturalmente come tutte le cose di “nicchia” è un discreto disastro da trovare, bisogna chiedere espressamente e farselo tenere da parte, magari specificando all'addetto che si scrive, alla faccia del correttore automatico, “Marshal Law” con una “l” finale sola e non “Marshall Law” (se non volete tornare a casa con un fumetto su Tekken). Se siete tra coloro che detestano i supereroi e non aspettate altro che vedere uno pseudo-superman prenderle di santa ragione da un pazzo sadico, è sicuramente una lettura stra-consigliata. Se amate le storie profonde e “pensose” sui superoeroi, specchio delle tematiche superomistiche e pop-palestroidi dei primi '80 (alla Watchmen, ma diciamolo a bassa voce), un giro ve lo consiglio comunque. 
Talk0


lunedì 17 marzo 2014

La Buona Stella

Istruzioni per costruirsene una

Carlo Verdone (si chiama con un nome diverso ma negli ultimi 30 anni, se escludiamo il prete pazzo di Zora la Vampira, Carlo verdone fa sempre e solo Carlo Verdone e quindi lo chiamo qui Carlo Verdone) sta con una smandrappina (Eleonora Sergio, adeguata) dopo aver divorziato dalla moglie. I figli non hanno gradito l'iniziativa paterna e hanno deciso di vivere con la madre. I figli sono interpretati da Lorenzo Richelmy, che fa per copione l'arrogantello insopportabile e Tea Falco, che fa la dissociata madre single e parla come la tipa della comune di "Un Sacco Bello". Che reciti così o su istruzione di Verdone, non si riesce a quantificare razionalmente quanto sia irritante il suo modo di parlare, si vorrebbe strapparsi le orecchie, per non dire peggio. Anche perché è un'attrice carinissima, molto tenera, magari ha questa voce perché molto timida, la dizione non è tutto, chissenefrega della dizione, ma starle dietro è una faticata. Sono parti troppo fastidiose che se hanno lo scopo di martirizzare maggiormente la figura di Verdone il risultato è troppo esagerato, passano per mostri personaggi per cui dovremmo tifare “contro” il personaggio di Verdone. 

Torniamo al film. La madre muore e i figli, pur controvoglia, sono costretti a dividere il tetto con il padre e la compagna, che odiano di default, fino al punto che ogni tipo di convivenza risulta davvero impossibile. Anche perché i figli sono davvero totalmente e ingiustificatamente stronzi (oltre che attori tremendi, che paiono recitare vuoti monologhi infiniti... ma forse la colpa è anche della scrittura) e Carlo Verdone non fa davvero nulla per far fronte alla situazione (recitando il solito insostenibile nevrotico che vorrebbe imitare Allen). Fortuna che interviene Paola Cortellesi (si chiama con un nome diverso ma è sempre Paola Cortellesi, supponente come nell'ultimo Zelig e senza un guizzo che sia uno), la nuova vicina di casa, di mestiere cacciatrice di teste come Clooney in “Tra le nuvole”, ma dal cuore tenero. La Cortellesi riuscirà ad entrare nei cuori dei “Verdone”, sistemerà il caotico quadretto familiare, traghettando la storia su un finale del tutto “inaspettato”.


Vorrei partire dai pregi, perché il film ne ha diversi. Verdone parla alla nostra disastrata nazione invitandoci a stringere i denti e volerci bene, nonostante fuori di casa abbiamo il mare in tempesta e nessuna fiducia per il futuro. La buona Stella rappresenta infatti la madre che non c'è più di una famiglia già in cocci, l'equilibrio affettivo perso, la rotta-sicurezza-coperta di Linus che non si può più percorrere ma non si può continuare in eterno a piangere. Nonostante tutto si può e si deve andare avanti, anche se è difficile, anche se i confronti padre-figli vanno solo verso gli addii, come cantava Cat Stevens in “Father and son”. É un mondo brutto, in cui i sogni vanno messi da parte, magari tutti devono rinunciare a qualcosa, ma un mondo accidentato che si può continuare a percorrere, se si resta insieme a tenersi per mano. Anche il personaggio della Cortellesi, che vive nell'infrangere futuri altrui, non se la passa bene. Vive in quanto esperta nel licenziare gli altri e pertanto è quotidianamente bersaglio di minacce e angherie, cerca per senso di colpa di cercare un nuovo lavoro per quelli che licenzia in una eterna lotta contro i mulini a vento, vive da sola nelle sue depressioni ma è sempre propositiva, ottimista nonostante tutto e contro tutto. Ma l'affetto, l'amore che solo una famiglia può dare, è la giusta cura anche per lei, la coperta si può allargare un po'. Messaggi belli, propositivi, magari non troppo originali ma che servono oggi, fanno stare bene. 
Ma poi anche 'sta cosa che tutte le attrici si innamorano di Verdone... deve essere la stessa cosa che fa Allen, ma io che Micaela Ramazzotti, la Buy, la Rocca, la Cortellesi cadano per copione tutte nelle braccia del solito nevrotico, schivo, deprimente e un po' rompipalle e privo di particolari evidenti meriti Verdone, perché “è buono” ma buono in che modo non lo si capisce mai, il film sorvola con sottofondo musicale Barilla... la trovo sempre una forzatura insostenibile, anche se in fondo è un cliché che lo spettatore si aspetta ... Menate varie a parte, il film ugualmente scorre, convince nel ritmo, Cortellesi e Verdone si muovono con fare esperto sul set, ma fallisce miseramente sulle spalle dei ragazzi. 


Sopra l'ho già detto di straforo, non so se è per la sceneggiatura, non so se è per quella strana dizione della Falco, sono l'anello debole. In loro c'è anche qualcosa di buono ma è poco sviluppato e ogni volta che sono in scena l'istinto (e parlo sempre e solo dei personaggi, non degli attori) sarebbe di dargli un calcio nel culo. Insostenibili. E almeno un po', ripeto, durante tutta la pellicola vorremmo volergli bene ma niente. Invece quando la vita gli procura qualcosa di brutto (come l'audizione) ci troviamo a esultare come allo stadio nonostante la scena voglia farci provare ben altro. Il che non è bene. Magari poi sono io, ripeto. Contraddittorio dunque, ma non brutto. Mi è piaciuto di più il film prima però, quello con la Ramazzotti. De gustibus. 
Talk0  

venerdì 14 marzo 2014

Terra Formars

Stare lontani 20 metri se non piacciono bacarozzi, scarafaggi, zanzare e schifezze volanti varie

Oggi partiamo a palla con una intro musicale a tema!


Per terraformare Marte, ossia per rendere il pianeta rosso abitabile per la razza umana, gli scienziati si sono inventati qualcosa di pazzesco. Sparare delle piantine atte a inseminare il pianeta e accompagnarle con l'immissione sullo stesso di schifosissimi, ma utilissimi e resistentissimi insetti che possano mangiarle e prosperare. Creature in grado di adattarsi alle insostenibili temperature del pianeta, creature in grado di impiantare un ecosistema (secondo il tizio del manga, io non saprei di fatto...). Creature comunque facilmente sterminabili, in quanto in millenni non è che sono state soggette a particolari mutazioni. In 500 anni Marte è abitabile, fresco e rigoglioso. Ma pieno di insetti che nel tempo sono, ahinoi, mutati in super-scarrafoni antropomorfi palestrati. Non se lo aspettavano sulla Terra. Un primo equipaggio umano armato di DDT ha fatto una magra figura. Così gli scienziati hanno deciso di mandare sul pianeta rosso un secondo team, questa vosta non composto da astronauti, ma da un manipolo di gente pericolosa e psicotica sulla quale hanno allegramente svolto pasticci genetici. Tizi in grado di mutare a loro volta in super-insetti, debellare gli scarrafoidi, spianare tutto per ripopolare, magari portare a casa qualche campione. Ma se le cose andassero male? Se i nuovi non volessero tornare a casa? Di questo passo magari i nuovi umani-insetti domineranno Marte, così dovranno poi gli scienziati inviare uomini-uccello, poi uomini-serpente, poi uomini-gatto, poi uomini-orso... sì pare una puntata dei Simpson...

Certo le premesse non invogliano. Tifare per un uomo-zanzara poi, non è esattamente il massimo della vita.
E invece è una discreta figata! Un manga dall'anima action e dalle folte tinte horror-splatter, che al di là delle premesse trash e da suggestioni trash yugi-ohesche (ogni tizio diventa un super-insetto tipico con proprie abilità e “colpi speciali” illustrati come una carta pokemon o yugi-oh appunto) si dimostra ben disegnato e carico di un ritmo travolgente. Tra scenari alieni molto ben dettagliati e un chara design davvero solido, bello e non “troppo” banale, tra le pagine del fumetto troverete scontri pazzeschi per esagerazione e componente splatter, una conta dei morti sconvolgente e un reale, palpabile senso di angoscia per il diramarsi sempre più verso il baratro della vicenda. E siamo solo al numero 1! Se amate Gantz, tanto per ritmo sincopato e tematiche alien-pulp che per impianto grafico (che fa altrettanto uso della componente digitale per creare soprattutto oggetti e colorazione, aspetto che magari non piace a tutti), buttatevi direttamente a cannone su questo Terra Formars senza aspettare un secondo. Vade retro se cercate qualcosa di meno “urlato”, magari ironico e sociologicamente accettabile, magari pure meno sessista, del capolavoro di Oku. A maggior ragione se non sopportate la perfetta e precisa rappresentazione, zampetta per zampetta, pelo per pelo, aluccia schifosuccia per aluccia schifosuccia di ogni schifoide terrestre, dalla mosca al calabrone, dalla simpatica zanzaruccia al cervo volante. Ad ogni modo anche per chi colleziona farfalle, una lettura con il vape acceso è consigliabile...

Come tutte le cose dalla forte personalità schifoide, aspettatevi un bell'anime di futura pubblicazione, già annunciato.
Devo dire comunque di aver scoperto un sacco di cose interessanti sugli insetti! Non dico che metterei in mano a un bambino questo manga, pieno di teste decapitate e pus purulenti, ma un certo interesse alla “Focus” la possiede. C'è una grande ricerca e cura nello studio e rappresentazione degli schifoidi e si scoprono pure cose scientificamente esatte quanto drammatiche sulla profonda resistenza e forza delle bestiacce zampettati. Certo mi dessero un secondo e mezzo per empatizzare con il tal personaggio e il tal suo potere. Senza farvi spoiler, in questo numero 1 si passa più tempo a leggere la descrizione del potere del tal insetto piuttosto che vedere fisicamente in azione i vari personaggi, che letteralmente vengono presentati e sterminati in due o tre pagine. Certo se volevano spiazzare ci sono riusciti alla grande, il numero due si fa mooolto interessante.
Star Comics confeziona un pregevole volumetto con doppia sovracopertina, bella carta e un cospicuo numero di pagine che per ora ha l'unico difetto di essere abbastanza introvabile. Il volume 2 è previsto per aprile e la serie è ancora piuttosto giovane. Probabilmente vedremo prima l'anime piuttosto che leggere il manga.
Ed eccovi infine un bel trailer del manga, in attesa dell'anime (altra cosuccia che in Italia sarebbe bello avere quanto prima..)



Aspettando Bug's life 2...
Talko

martedì 11 marzo 2014

Rush

In Bluray e DVD

Lo sport è da sempre lotta tra se stessi e altri uomini. Più la lotta incalza e si mettono in luce due o più campioni a contendersi un titolo, più il pubblico esulta, rivive geneticamente l'arena dei gladiatori aspettando la sconfitta-morte (figurata) di uno dei contendenti, ama o odia. Così il pubblico diventa anch'esso una variabile, amico o avversario sempre pronto a far sentire la sua voce. Giudica anche la vita privata degli atleti, accusa e si indigna per un calo di rendimento, fischia il campione che un momento prima idolatra. Perché non si ragiona più in termini terreni, si parla di “miti” e il pubblico si sente autorizzato a parlarne non riferendosi a uomini, ma a medaglie vinte o perse.
Due sportivi, due piloti. Hunt e Lauda. Il primo un nome che molti non appassionati ai giorni nostri fanno fatica a collocare, il secondo uno dei massimi uomini giunti a pilotare una Ferrari. Bandiere di uno sport, la formula 1, che non a caso è soprannominato il circo dei motori, spettacolo che fa tappa in tutto il mondo e da sempre affascina e vende. Vuoi per la doppia competizione tra uomini e motori, due mondi che non sempre riescono insieme a comunicare, vuoi per la sensazione di pericolo costante che fa di ogni gara una possibile sfida contro la morte, che un tempo giungeva con sinistra costanza e che i più cinici aspettavano di vedere, vuoi per il glamour fornito dall'“altro” circo, quello delle modelle-ombrelline, delle star e degli sponsor che sempre presenziano e sfilano tra una gara e l'altra (e che in Italia, perché sono stronzi o perché sono miopi non ci fanno mai vedere... ma inquadrateci le ombrelline, chissenefrega dell'inviato trombone ai box che spara banalità!! Fine sfogo...). Oggi i tempi sono cambiati, c'è molta più sicurezza nelle gare automobilistiche e motociclistiche. Oggi c'è anche molta più noia nel seguire integralmente certe gare (colpa dei cronisti stranoiosi rai per lo più e della endemica mancanza di inquadrature sulle ombrelline... questo l'ho già detto ma va ribadito...), ma ripeto, vediamo questo dato anche in positivo. Il rischio rimane e anche di recente gli appassionati delle due e quattro ruote piangono vite spezzate di giovani piloti. Ma tutto continua, la voglia di velocità, bene interpretata anche dal titolo di questo film, che inneggia al vivere la vita “di fretta”, è una pulsione irrefrenabile tanto per i piloti quanto per gli spettatori.

La sfida tra Hunt e Lauda è quasi uno spartito codificato sull'agonismo motoristico, permette agli appassionati di rivedere attraverso queste vicende migliaia di altre sfide intraprese da persone diverse quanto incredibilmente simili. Perché il mondo delle corse è spesso anche drammaturgia.
Hunt era percepito come guascone, eccessivo, spericolato, donnaiolo, l'anima della festa. Lauda dava l'impressione del tipo schivo, quasi antipatico, preciso, un po' misogino. Non che i due uomini fossero solo questo, ma il pubblico attraverso i media del tempo li vedeva così e la pellicola sposa l'impressione attuando la classica tecnica di sintesi drammaturgica. Così attraverso Hunt e Lauda vengono incarnate le due “maschere” tipiche del pilota. Da un lato lo spericolato, in grado di imprese impossibili in quanto benedetto dall'incoscienza e spinto dal cuore. Dall'altro il calcolatore, l'uomo che agisce e migliora basandosi sulla conoscenza tecnica delle specifiche del mezzo, che riconosce e memorizza tutte le curve, l'uomo di cervello. Lo spericolato in genere è quello che il pubblico più ama, rapito dall'imprevedibilità che questo scatena. Il calcolatore in genere è il rompipalle che, se benedetto dall'auto più potente, è in grado di uccidere la competizione già al secondo giro, distaccando di chilometri ogni concorrente. Ma la vita è uguale per entrambi, ugualmente pronta a elargire gioie e dolori che vengono sempre amplificati sotto la lente di ingrandimento della celebrità. E se la vita è imprevedibile, incredibilmente quello che è il proprio rivale è anche l'uomo che più assomiglia, che può essere l'amico più sincero e disinteressato.

Mettere in scena questo mondo non è cosa facile. Perché ci sono i motori da un lato, da rendere credibili e scattanti con gli effetti speciali, e i sentimenti dall'altro, a cura magari di bravi attori che possano dare il giusto peso ai primi. Il rischio “telenovelas” è altissimo e molte pellicole che hanno affrontato il tema “donne e motori” ci sono cadute. Laddove la via più comoda è mettere al centro i sentimenti e i dialoghi e mettere del tutto da parte le meccaniche di gara, risparmiare sugli effetti e relegare le competizioni alla sporadica visione della scaletta delle tappe di una stagione, un paio di ricostruzioni obbligatorie e poco più. Specularmente il rischio “documentario” è ugualmente alto. Laddove venga messa in soffitta tutta la drammaturgia per inquadrare solo curve (di fatto una componente drammatica c'è anche in Fast'n'Furious). Equilibrio è la parola chiave, unita in questo caso a una robusta e realistica cornice storica. A fare film belli sulle corse e piloti ci hanno provato in molti, ci sono riusciti in pochi. Io ricordo ancora con affetto Joe Tanto (Driven.cit.), ma mi rendo benissimo conto dei mille limiti della pellicola in cui è protagonista. Per comprendere questo mondo non basta passione, occorre un innato occhio critico-storico. Per questo ho applaudito da subito il fatto che a dirigere una pellicola sulla formula 1 fosse Ron Howard. Ho ancora negli occhi il suo Apollo 13. Mi ricordo ancora la mia totale ignoranza sui fatti dell'Apollo 13 e una mia amata compagna di classe che mi ha “spoilerato” il finale (che credo fosse noto a tutti) rovinandomi la pellicola. 

Pellicola bellissima, ben recitata e storicamente ricostruita, a perfetta sintesi dell'avventura spaziale americana. Se la strada di Howard è lì descrivere “un mondo da un episodio”, il regista sceglie la stessa tecnica per Rush. Per offrire una summa delle storiche rivalità tra piloti si focalizza sulla “rivalità di un anno” tra Hunt e Lauda, potendo così fotografare al meglio uno specifico momento storico, la seconda metà degli anni '70 e nello specifico la stagione automobilistica del '76, riproducendo determinati avvenimenti e determinate gare in un credibile, solido inquadramento. Hunt vs Lauda. Simpatico contro antipatico, bello contro bruttino, mondano contro solitario, biondo contro moro. Hunt e Lauda sono in tutto e per tutto speculari (l'ho già usato questo termine e credo lo farò ancora) al punto da essere archetipi. Una scelta perfetta già sulla carta.
La scelta di questi nomi specifici permette di parlare molto anche del mondo che si trova al di là dell'abitacolo da gara perché raccontare la vita di questi piloti lo permette. Così vediamo come lo sport come business non possa vivere senza gli sponsor a veicolarlo e condizionarlo. Vediamo come le fan e divette si buttino sui campioni tanto per la luce mitica che emanano, tanto per l'incoscienza che li spinge a giocare costantemente con la morte, quanto per la copertina e la fama riflessa che comporta uscire con una star. Vediamo però anche il contrario, come un pilota perdente si ricavi un margine di fama proprio in quanto esce con una star del cinema. Assistiamo alle limitazioni che la vita del pilota comporta, come impossibilità di vivere qualcosa di diverso dalle gare per via di un lavoro totalizzante sui motori a cui seguono spesso crisi in ambito familiare. Abbiamo l'occasione di cogliere le motivazioni di chi sceglie di vivere a fianco di un pilota che rischia la vita: tanta fama, ma anche notti insonni. 

C'è anche l'occasione di riflettere sui pericoli connaturati con questo sport e spesso sottovalutati, laddove anche con la prospettiva del “senno di poi” diamo un peso diverso a quelli che per i fan sembrano solo capricci, come la volontà dei piloti di sospendere una gara per maltempo, osteggiata dai colleghi in quanto significa principalmente, al di là di ogni possibile-prevedibile rischio, subire una perdita economica. Il cinismo della stampa. L'amicizia virile tra piloti. I fan italiani. Perchè dico i fan italiani? Perché è sempre la solita iterazione su pellicola delle buffe-assurde amenità che gli stranieri attribuiscono a noi italiani. Roba da prendere a schiaffi le guide turistiche, che illustrano ai vacanzieri un mondo che sarebbe il nostro, ma che non esiste nella realtà. Roba da sorriderci sopra per non piangere, laddove in quel di Trento nella metà degli anni '70 l'italiano medio è rappresentato da una coppia di baffuti, ruspanti (e simpaticissimi) siculi a bordo di una Duna (o simile) tenuta insieme dall'adesivo da pacchi. Probabilmente nel bagagliaio era presente il mandolino di ordinanza, perso in un taglio di pellicola.
Tutti temi, che sfilano nel contesto di scenografie e costumi sgargianti seventy, dettagliati e accurati, catturati da una fotografia luminosa ma non invadente. A questo si unisce un lavoro magistrale per le ricostruzioni delle corse automobilistiche. Sfrecciano su circuiti storici copie fedeli delle macchine dell'epoca in mano a piloti professionisti e gli effetti speciali, il ritmo del montaggio e le “coreografie di gara” offrono un autentico spettacolo visivo.

Pur nella scelta di “sintesi” il film, già da quanto sopra esposto, appare quanto mai complesso e “grosso”. Riprodurre tutte le gare e gli avvenimenti del '76 di Hunt e Lauda è impossibile e improponibile a meno di non farci una miniserie di 13 puntate. Ugualmente affrontare tutti i temi esposti necessita di dedicare un congruo tempo dagli stessi. Howard fa i miracoli e si destreggia con grande talento in tutti i campi supportato da un magistrale cast di attori. Magistrale perchè pesca dallo star system gli interpreti più adatti a incarnare al meglio i personaggi. Chris “Thor” Hemsworth interpreta Hunt. È un attore specializzato in ruoli da "figaccione" da tenere d'occhio. Quasi un caratterista, non profondo quanto Brad Pitt, ma con la faccia e il mood giusto per essere ottimo per un numero considerevole di ruoli: dall'eroe all'amante, dallo sportivo alla vittima sacrificale in un film horror. Fisico statuario, occhi azzurri e sorriso che fa partire l'ormone alle donne, Hemsworth non è privo di autoironia e in questo travalica i limiti del semplice “belloccio”, risultando anzi piuttosto simpatico. In Rush mette in luce anche (da me) inaspettate doti drammatiche che me lo fanno vedere ancora puù simpatico e si vuole inevitabilmente bene al suo personaggio. Peraltro è decisamente più affascinante dell'Hunt originale, un omone muscolare ma dal nasone pronunciato e dall'improbabile caschetto biondo (ma che all'epoca usava). Daniel Bruhl interpreta Lauda. L'attore è per lo più noto per Goodbye Lenin e una filmografia prettamente europea, ma ha fatto capolino anche in Bourne Ultimatum e Inglorious Basterds di Tarantino, dove ha vestito i panni dello sfortunato in amore soldato-eroe-nazionale Fredrick Zollen, un ruolo da antologia. Bruhl è versatile e i personaggi che interpreta sono diversissimi l'uno dall'altro, tuttavia il suo Lauda è deciso, convincente, ossessionato e dolorante, una figura quasi Shakespeariana. Ma a mio avviso eccede in cupezza e antipatia, discostandosi un po' dall'originale. Nel suo caso il trucco lo rende perfino più bruttino di Lauda, ma voglio pensare che sia un effetto ricercato nell'economia della storia. Olivia Wilde è una Suzy Miller, starlette compagna di Hunt, più complessa e raffinata di come a primo impatto appare e nelle sue brevi scene riesce a dominare la scena. Alexandra Maria Lara, che interpreta Marlene Lauda, è altrettanto brava e trasmette vividamente nello spettatore le gioie e angosce del suo personaggio. Menzione anche per Pierfrancesco Favino nel ruolo di un Clay Regazzoni compagnone, profondamente umano e altruista. È un peccato che il suo ruolo sia così piccolo, ci sarebbe piaciuto vederlo di più.


Rush è quindi una bella pellicola che regala un ottimo intrattenimento e lascia qualcosa nello spettatore. Non è esente da difetti, primo fra tutti una certa compressione del narrato che lascia con la voglia di vedere di più, conoscere maggiormente le vicende. Fosse stata una miniserie di 13 episodi sarebbe stata perfetta, ma non possiamo certo lamentarci. Howard, allontanate da sé le trasposizioni dei libri di Dan Brown sembra rinato e pronto a nuove sfide. E speriamo che il suo progetto a lungo cullato dell'adattamento della saga della Torre Nera di King prenda effettivamente forma. 
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