martedì 2 aprile 2013

Ichi the killer



Gli Anjougumi sono il clan Yakuza che governa il territorio. Presso un mega-palazzone ha sede la loro associazione, sale da gioco, appartamenti degli affiliati e dei dirigenti. Un autentico piccolo mondo, al cui interno c'è anche un apparato di “polizia” a gestire ordine e sicurezza, tra le cui fila milita il “buono” della situazione, il boss Kakihara. Masochista e torturatore per vocazione, Kakihara ha allargato con un coltello l'apertura della sua bocca (indovinate a chi si è ispirato Nolan per il Joker di Ledger?), è pieno di piercing ma è, a modo suo, integerrimo ed efficiente.
Qualcuno si è infiltrato nel mega-palazzone e sta facendo strage di affiliati. È un killer spietato le cui incursioni nel Anjougumi plaza sono guidate da un tizio piuttosto losco che viene chiamato semplicemente “il vecchio”.

Ichi vorrebbe-potrebbe essere il vigilante definitivo, l'arma finale per distruggere la Yakuza, la via per riportare l'equilibrio in questo strano piccolo mondo. Veste come un supereroe ed è così letale con le arti marziali da riuscire a fare letteralmente a pezzi i suoi avversari, grazie all'esecuzione veloce dei suoi calci unita alle affilate lame retrattili poste sui talloni dei suoi anfibi. Quando parte è semplicemente letale, un frullatore di carne yakuza.  Ma in quest'opera tutto gira al contrario. Ichi non sta del tutto a posto di testa. È, per essere specifici, un sadomasochista. Ragiona come un bambino di 6 anni, piange a dirotto e agisce di impulso, si fa manipolare facilmente, nasconde un cuore nero come la notte. Prova godimento nell'essere umiliato, assapora nell'atto il pregustare della sua prossima-imminente vendetta, l'annichilimento del nemico, di cui per lo più rimangono arti recisi, teste decapitate, cui consegue per lui anche una soddisfazione di tipo sessuale... Trova eccitazione nella violenza, non conosce pietà, non conosce giustizia. Lui è il killer n.1 (“ichi” per l'appunto in giapponese è “1”). Tra Kakihara e Ichi sarà battaglia e moriranno montagne di persone nei modi più perversi e subdoli che potreste mai immaginare. Sebbene non ci sia nessun vero buono, spererete fino all'ultimo che Kakihara ce la faccia perché, pur volendolo, con l'andare avanti nella narrazione diviene impossibile parteggiare per Ichi.
L'epopea dura 3 anni, dal 1998 al 2001. Tutto liscio in quattro maxi volumi senza troppi strascichi.

Il pubbico non rimane indifferente, anche se qua e là prova a destare lo sguardo. Ichi è “forte”. Un gigantesco pugno allo stomaco con cui l'autore vi squarcia letteralmente il petto, vi estrae il cuore e lo fa bruciare (Indiana Jones cit). La narrazione è chiara, il tratto convincente e la scansione degli eventi frenetica. Il lettore è letteralmente torturato: da un lato vi è la spinta, l'eccitazione di vedere il proseguo di una storia così bene raccontata, di contro vi è la consapevolezza di addentrarsi in qualcosa di moralmente, ricercatamente disturbante, qualcosa che se si vedesse in mano a un bambino partirebbe in automatico lo schiaffone e il monito “non lo leggere mai più!”.
Chiariamolo subito. Yamamoto scrive opere forti, estreme, dove la “carnalità” è un esatto mezzo espressivo. Non è un autore di opere “da adulti” solo perché ci sono sangue e tette a iosa; è autore per adulti per il modo in cui affronta temi scomodi, per il suo indagare nella zona d'ombra tra lecito e illecito, per lo scrutare tra marcio e pornografico in cerca di una qualche forma di bellezza e redenzione. Se entrate nel mood giusto lo amerete, come amerete anche le opere di Takayuki Yamaguchi, come amerete il comics Crossed (di cui abbiamo già parlato QUI). Se non ci riuscite potreste provare per queste opere il sano disgusto tipico dello stare a osservare un piccione schiacciato sotto un autobus in mezzo a una strada: un piccione con le budella di fuori e con residui escrementi spruzzati dalle viscere a servire da impiattamento, splendidamente e realisticamente disegnato, ma pur sempre un soggetto non preferenziale di osservazione, a patto che non si voglia rischiare di vomitare (che è sempre atto più nobile dell'indifferenza, ma tant'è).

Il manga in Giappone piace. Segue, lo stesso anno, un adattamento cinematografico che “spacca”, un film che diviene una delle pellicole orientali più note e citate. Spesso accostata (a torto) a Old Boy e Battle Royale, più propriamente vicine alle decostruzioni-disumanizzazioni di Tsukamoto e al suo teatro dei mostri marini, all'imprescindibile cult fuori-orario ghezziano Tetsuo – the iron man. Miike dirige e di colpo il suo nome ha un peso a livello internazionale e diviene amico di Tarantino, con cui collabora per Sukiyaki western Django e per cui (Tarantino produce) si presta a un gustoso cameo in The Hostel. Miike si inspira fin da subito a Tetsuo, dimostrando un amore viscerale per la pellicola, al punto da volere nel cast del “suo” Ichi cinematografico anche lo stezzo Tsukamoto, cui affiderà la parte del Vecchio. Per interpretare Kakihara viene scelto Tadanobu Asano, straordinario attore che ha recitato insieme a Kitano in Taboo, Takeshis' e Zatoichi (sì, un altro ichi... un personsaggio cieco del videogame Guilty Gear si chiama appunto Zato-one...). Un attore versatile, che ora lavora molto a Hollywood, dove di recente ha vestito i panni di Hogun, uno dei tre fedeli cavalieri di Thor nel colossal marvel omonimo e tornerà a rivestirli nel suo prossimo imminente seguito. Ma è stato anche nel cast dello sfortunato (ma immeritatamente) al botteghino Battleship e sarà della partita in 47ronin, film del rilancio action (?) di Keanu Reeves. Ma per chi maneggia di pellicole orientali più o meno misconosciute e maldistribuite in Italia è stato anche Susanho in Gojoe e il giovane Khan nel colossal Mongol e ha partecipato in film di Tsukamoto come Gemini e Vital. Il Kakihara-rivisitato-Miike di Asano è più sbarazzino del serio uomo in cravatta del manga di Yamamoto, potrebbe benissimo essere una delle più storte incarnazioni di Johnny Depp: capello biondo, abiti dai colori improbabili e improponibili. Ma il chara è lo stesso, amabile-odiabile di sempre. Per Ichi viene scelto Nao Omori, attore che di lì a poco reciterà per Kitano in Dolls, attore noto anche come doppiatore, che di recente ha prestato la voce a Akio Kazama in From up on Poppy Hill, cioè “la collina dei papaveri” di Goro Miyazaki (di cui abbiamo già parlato QUI). È fenomenale la disinvoltura con cui in Giappone un attore passi dall'interpretare un pazzo sadico maniaco a dare la voce per un film di animazione dedicato al pubblico femminile senza che i benpensanti si inalberino... Il “suo” Ichi è proprio brutto e disturbato, perde perciò il fascino del personaggio a fumetti dove, tutto sommato, è molto più facile scambiarlo con un character positivo. Tale scelta deve essere sicuramente stata presa in virtù di tempi brevi della mesa in scena. Ritmo sincopato accompagnato da tamburi pressanti, macchina da presa che non concede scampo, che getta gli occhi dello spettatore nelle fauci delle immagini più crude. Tutto ai massimi livelli, il titolo di “capolavoro” è decisamente meritato, anche se il “vero” capolavoro di Miike sarà 13 assassins...ma questa è un'altra storia. Il film viene portato in Italia da Dynit, in una sontuosa versione doppio disco che vi consiglio caldamente di acquistare se amate il gore, l'estremo e l'action più scatenato.



E che dire della versione dvd pubblicizzata nel trailer qui sopra? Una specie di sacca di sangue !!!

Nel 2002 segue un adattamento animato più vicino al manga, invero piuttosto bruttino.

Nel 2003 è il momento di un secondo live-movie, 1 – Ichi, che adatta le parti del manga inerenti al passato di Ichi, alla sua formazione di assassino. Ma il vento è calato, il fatto che non sia più Miike alla regia ma un certo Tanno lo getta nel dimenticato.

Per Ichi negli anni a venire parla sempre e solo la gloria della pellicola di Miike e il bodycount dei suoi morti virtuali su schermo: una delle pellicole più splatter di sempre.
Finalmente Panini, divisione Planet Manga, ha annunciato, attraverso l'annuale conferenza stampa del Mantova Comics'n'games, qualcosa che era un bel pezzo che aspettavo. Così tanto da aver ormai perso ogni speranza. Il fumetto Ichi the Killer, l'opera che ha reso grande Hideo Yamamoto come autore e immenso Miike come regista. Speravo nell'arrivo di Ichi per l'esattezza dai tempi dell'annuncio dell'acquisizione da parte di Planet Manga dell'altra, celebre, opera di Yamamoto, il cerebrale-mattoide-filosofico-pervertito Homunculus, fumetto che tanto ha colpito alcuni lettori per la carica visionaria e tecnica pregiata di sceneggiatura, quanto ha sconvolto anime candide che pensavano di approcciarsi a Yamamoto con la disinvoltura di sfogliare un numero di One Piece.

Leggere oggi Ichi the Killer è il modo migliore anche per approcciarsi all'omonimo film di Takashi Miike, se ancora non lo avete fatto. Senza questa “premessa” il film appare fin troppo geniale e imprevedibile, ma anche di difficoltosa fruizione per l'utente occasionale. Mi viene spontaneo fare il parallelo con Watchmen di Moore e relativa pellicola di Snyder: se parti dal fumetto godi come un riccio, se parti dal film vieni travolto da tremila informazioni ed esci con il mal di mare e la sensazione di esserti perso qualcosa. Se aggiungiamo il dettaglio che la pellicola di Miike è una autentica riproposizione della top ten delle scene più cruente di Ichi the Killer, che a sua volta è uno dei fumetti più cruenti di sempre, viene facile immaginare come molti spettatori non abbiamo retto fino ai titoli di coda. Ecco quindi la fondamentale utilità della pubblicazione italiana a fumetti, ottimo viatico per entrare a sbirciare nella disadorna e squallida tana del bianconiglio dell'opera di Miike. Grazie Panini, ora ci aspettiamo una versione cartacea da paura, magari lontanissima da quell'abominio che hai fatto con L'Attacco dei Giganti o il primo adattamento di Bastard! Speriamo di poter presto elogiare in questa sede un bell'adattamento di questa interessante opera. 
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1 commento:

  1. Film incredibile, difficile abbinare cinema d'autore a tematiche e argomenti così estremi. In occidente sarebbe stato irrealizzabile

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