lunedì 3 dicembre 2012

The Ring

The Ring – Collezione blu ray by Dynit


Può una ragazzina giapponese in vestaglia da notte e con i capelli lunghi a coprire il viso essere uno dei personaggi più terrorizzanti di tutti i tempi? Bambini inquietanti non sono mancati nella cinematografia, il piccolo Damien di "The Omen" e le gemelline di "Shining" hanno privato del sonno più di una persona, ma erano gli anni 70. I veri mattatori delle pellicole più terrorizzanti quasi fino al duemila rimanevano grossi tipacci armati di machete o motosega o segaligni babau con guanti artigliati. Ma i tempi passano e quando lo scettro di mostro del mese passa ai mattacchioni Ghost Face di Screem il genere è in piena crisi e non fa altro che stare a parlare di se stesso. Partono remake di remake di remake e questa tendenza sembra non avere più freno. Poi qualcuno va in Giappone e torna con The Ring. Il terrore assume tutto un altro significato, si amplia. Non sono tanto gli effetti speciali, non è la ricchezza della produzione, è l'idea, il concetto stesso di orrore a essere nuovo per noi occhi a palla. Finalmente qualcosa torna a scuoterci da dentro, senza ricorrere all'esposizione di frattaglie. Folgorante: la concezione di terrore degli orientali è del tutto diversa dalla nostra. Certo è stata una vittoria facile.
Al di qua dell'oceano i tipacci di cui sopra dominano un genere particolare, non il più mostruoso in assoluto, ma quello economicamente più appetibile per i produttori: i teen-horror. Spettacoli per popcorn, risate di gruppo con qualche spavento gestito ad arte qua e là, con stacchi veloci di camera e striduli commenti sonori a sottolineare lo shock. Quello che genera paura sono, nella maggior parte dei casi, le conseguenze dirette di qualche atto stupido (o che i genitori dicono essere brutto). I nostri personaggi da film horror fanno in genere qualcosa di moralmente sbagliato, non importa che siano però dei “mostri”. Fanno le classiche cacchiate dei giovani, bevono, rispondono male ai genitori, si drogano o copulano prima del matrimonio, non aiutano il prossimo, parlano male degli anziani, ascoltano la musica ad alto volume, non vanno a scuola. Trasgredire e commettere le azioni di cui sopra in genere fa incacchiare i genitori che mediteranno un'adeguata punizione. Sono cose di tutti i giorni e chi più chi meno chiunque può immedesimarsi in certe situazioni, per lo meno potenzialmente. Anche se gli horror sono diretti a essere vietati ai minori, sono sempre i più piccini che ne fruiscono e quelli che ne ricavano la maggiore paura: “stai vedendo un film vietato, vero? Sappi che stai sbagliando e allora ti faremo cacare addosso di gusto”. Ed ecco che arriva la punizione. Il mostro-moralizzatore. La filosofia è la stessa delle favole: “se non mangi la minestra arriva l'uomo nero” (dai siate seri, non leggeteci per forza allusioni sessuali...). Ed ecco che ai trasgressori viene incontro Jason armato del suo grosso machete (ecco, appunto...). Se i pischelli si spaventano, gli adulti spesso non vedono il vero terrore in questi spettacoli, essendo vissuti ai tempi de "L'Esorcista" e de "La Cosa" di Carpenter; i teen-horror sono pappetta. Chi si diverte invece sono quelli che non sopportano certi atteggiamenti dei giovani, forse inconsciamente invidiando di non esssere più tali o non abbastanza spregiudicati, e quindi si immedesimano nel mostro sterminatore-moralizzatore. E i produttori lo sanno, nei teen-horror sopravvive solo la brava ragazza, vergine, altruista, pura e sottovalutata dai suoi compagni di sventura: in un mondo malato la purezza, quella dei deboli e degli innocenti, vince sempre. Se non fosse stato per il quantitativo di budella estratte e gli spaventi si può affermare di essere davanti quasi sempre a spettacoli a lieto fine. Al di là dell'oceano, in oriente, le cose vanno in modo del tutto differente. Mi ripeto, se l'ondata dell'horror orientale fosse capitata nei settanta, mentre da noi impazzava il migliore Dario Argento, Fulci e ci metto pure il primo Romero oltre ai giganti Carpenter, Cronenberg e Kubrick, non so se avrebbe attecchito tanto bene. Il fatto è che ci stanno sti cacchio di teen. Non me ne vogliate, amo Krueger e ne parlerò più volte con stima, ma una decina di anni fa, anche i mostri erano nella loro forma più loffia, decadente. Non intagliavano ragazzotti come ai primi tempi. Al di là dell'oceano la paura è qualcosa di atavico, a stretto contatto con il concetto di maledizione. Non importa quanto ti comporti bene nel mondo reale, personaggi buoni e altruisti sono destinati a capitolare senza scampo. Negli horror orientali esiste una colpa originale, che si perpetra nel tempo attraverso il cosiddetto “rancore”. I fantasmi orientali sono emanazione di questo rancore e infestano luoghi od oggetti in passato legati a fatti di sangue. Risiede qui la peculiarità del j-horror: non c'è un rapporto diretto tra errore – punizione, i fantasmi non colpiscono chi ha fatto loro (o alla società in senso lato, come nei teen horror) degli sgarbi; sono creature spersonalizzate, un'eco delle persone che erano, posti a guardia di un territorio: chi entra muore. Nel momento stesso in cui la maledizione o rancore colpisce, ogni via di scampo è preclusa, l'incauto personaggio è come se avesse già attivato una mina la cui esplosione è solo questione di secondi. Le colpe del passato creano tragedie, le tragedie risuonano negli anni attraverso il loro ricordo e puniscono, con il rancore, chi ha dimenticato, chi fino ad allora ha vissuto la sua vita senza patire quel dolore. Potremmo dire con un'espressione appropriata: “le colpe dei padri ricadranno sui figli”. E' come se la terra urlasse per le atrocità dell'uomo. La via di fuga da questo rancore è il “non dimenticare”, mai, le colpe passate. Il sottile messaggio di questa impostazione è sproporzionalmente più adulto rispetto ai teen. I teen dicono: “se ti droghi arriva l'uomo nero”. I j-horror indagano sulle colpe delle generazioni passate, che ora danno in mano ai giovani un presente deviato, instabile e pericoloso. Discariche, capannoni diroccati, abitazioni abbandonate. Quancuno più in gamba di me ci vede lo spettro di Hiroshima e Nagasaki, ferite aperte del Giappone, che riecheggia ancora oggi con la contaminazione delle centrali nucleari: gli errori del passato non sono serviti a migliorare il futuro, ragioni economiche spingono a mettere sempre più da parte la sicurezza del futuro. Questo può estendersi anche all'inquinamento, alla criminalità, alla corruzione della politica. Si ha la consapevolezza che anche se si opera al meglio per migliorare il mondo, la prossima generazione sarà ancora in bilico e quindi dovremo impegnarci con maggiore passione. Se il messaggio, forte, nasconde un senso civico positivo e lodevole perchè è volto alla speranza, al migliorare le cose, non nasconde la cinica consapevolezza che l'uomo è destinato a fallire di continuo a rendersi reo di collane infinite di maledizioni. Lo sguardo cinematografico risiede su questa ineluttabilità di aggiustare il passato pur con la buona volontà di aggiustare le cose a posteriori, riconoscendo le colpe della società. I fantasmi del passato, letteralmente, vengono a popolare i nostri incubi. Non si può avere con loro un confronto fisico, non si può come Ash ne "La Casa" impugnare una motosega e farla pagare al fantasma. Il fantasma è immateriale, non esiste che nella nostra mente ed è persino slegato da chi era in passato, è “altro”. Il fantasma uccide, terrorizzando, si direbbe uno shock mentale come quello praticato dal buon vecchio Ghost Rider di marvelliana memoria. La tragedia è che non c'è quasi mai via di fuga, gli spettatori dei j-horror in cuor loro sanno che prima o poi finirà male e nello spettatore cresce la peggiore delle angosce, la certezza che si stia solo assistendo ad una prolungata esecuzione di una vittima. La paura più grande di tutte, l'ineluttabilità di sfuggire a un destino tracciato da colpe di persone venute prima di noi.
 
Il successo di queste opere è straordinario. Dopo Ring ecco quindi arrivare il bellissimo Dark Water e l'agghiacciante (almeno per quanto riguarda la trasposizione televisiva iniziale) Ju-on. Nell'ondata del “pigliamo tutto dall'oriente” dalla Cina arrivano invece i fratelli Pang con la trilogia di The Eye, entra in gioco un altro mondo: il buddismo riveste di affascinanti connotazioni i legami del mondo dei vivi con il mondo dei morti, ne riparleremo. Seguono un centinaio di film, più o meno declinazione dello stesso concetto, migliaia di sequel e remake che putroppo fanno cumulo, intoppano: prematuramente viene a noia questa ondata orientale come dopo un'indigestione di peperonata. L'horror moderno intanto si evolve sullo splatter estremo e sul gioco mentale di vittima e carnefice, arriva il giustiziere Saw. Da lì a poco nasce l'horror da telecamera di sorveglianza alla Paranormal Activity e siamo già ai giorni nostri. Non ho parlato di The Blair Witch Project? Gran film, ma che scopiazzava l'immortale Cannibal Holocaust, ancora anni settanta, ancora il grande horror made in Italy. Quando la paura era lo straniero, lo scontro culturale, quando la paura era l'inefficacia della fede nel proteggere un gregge sballottato dai tempi moderni. Anche di questo  riparleremo.
Ring è il capostipite di questa ondata, dei primi anni duemila. Possederlo in blu ray è portarsi a casa un pezzo di storia del cinema horror contemporaneo.
Una cassetta vhs uccide chi la guarda entro sette giorni. Una urban legend in piena regola. Se ti rechi in villeggiatura in una località tra i boschi, potresti trovare vicino a un videoregistratore una cassetta vhs che nessuno sa a chi appartenga. Introducendola nel lettore, per la curiosità di vedere cosa effettivamente sia, vengono trasmesse dalla tv immagini strane e inquietanti. Dopo la visione del nastro si riceve una telefonata in cui una giovane voce femminile dice alla vittima: “sette giorni”. Iniziano gli incubi, la misteriosa Sadako appare come figura spettrale. Poi arriva il settimo giorno, il fantasma viene a prendere la vittima, fine dei giochi. Decessi misteriosi attirano l'interesse della stampa, qualcuno inizia le indagini. La ricerca della verità costituirà un ingegnoso puzzle da risolvere, che parte dalla visione e comprensione della cassetta stessa. Pur nella circostanza che i “detective” sono i primi a incorrere nella maledizione. Ma risolvere il caso porterà alla salvezza? Spezzerà la maledizione?
Koji Suzuki scrive questo racconto nel 1991 ed è fino ad oggi la mente dietro a tutti i Ring, orientali come occidentali, oltre che il papà di Dark Water. Sapevate che è uscito in giappone, basato sul suo ultimo lavoro “S” il film Sadako 3d, proprio quest'anno? Vi linko il trailer in attesa che qualcuno in Italia si svegli a pubblicarlo.



Ecco come è avvenuta la promozione del film in Giappone...



State tranquilli, nel caso non arrivasse mai, cosa che dubito, è già in cantiere un remake americano. The ring 3d che Imdb dà in uscita per il 2014.
Si può dire che il buon Suzuki sia un autentico maestro della tensione, il migliore nel rappresentare il “rancore” come sopra descritto. Sebbene gran parte della sua opera riguardi “The ring”, gli spunti narrativi sono sempre originali e degni di interesse e il nostro si muove agevolmente anche in ambito fantascientifico. Non è stata quindi una sorpresa che qualcuno si sia fatto avanti a proporre una trasposizione della sua opera maggiore. Nel 1995 arriva quindi Ring Kanzenbam e no, non è il Ring che pensate voi. E' un film tv misconosciuto ai più. Presente la figura spettrale che esce dalla tv? La terribile Sadako Yamamura o Samara in versione occidentale? Ok. E se fosse una bella gnocca completamente nuda? Stareste probabilmente vedendo Ring Kanzenbam.


Sì, i sub in spagnolo donano quel “tocco in più”. Wow.
Dopo questo evidente passo falso, The Ring passa nelle mani di qualcuno più capace. Al secolo il regista Hideo Nakata e lo sceneggiatore Hiroshi Takahashi, che nel 1998 realizzano la prima pellicola cinematografica. O meglio, una delle due. In parallelo viene infatti prodotto un altro adattamento del racconto di Suzuki che era il diretto seguito di Ring, dal titolo Spiral, a opera del regista-sceneggiatore Joji Iida, stessa produzione, pure parte dello stesso cast. Grande paese il Giappone: ti piace un film? Non devi aspettare 5 anni per un seguito, sperando che regista e attori ci siano ancora tutti. Basta che esci dalla sala, ancora tutto gasato, passi alla cassa per prenderti un secondo biglietto ed entri nella sala accanto dove è già in programmazione il sequel! Figata!!
Il film di Nakata è un capolavoro e diventa la testa di ponte dell'invasione j-horror in tutto il mondo. Viene realizzata anche una miniserie tv, mai vista oltre il giappone, di 13 episodi.
Il film di Iida è molto buono, ma non se lo fila nessuno. Al punto che nel 1999 viene messo in cantiere Ring 2, seguito diretto della pellicola di Nakata e Takahashi e agli stessi assegnata, che letteralmente cancella la time-line dell'opera di Iida andando da tutt'altra parte. Ma Spiral godrà a sua volta di una serie televisiva di 13 episodi da un'ora l'uno. Ma siccome non è piaciuto troppo la trama sarà di nuovo stravolta rispetto allo scritto originale di Suzuki. Per me ciò è male, Spiral mi era piaciuto...
1999, ecco che arriva il remake coreano di Ring, Ring Virus. L'opera risulta un adattamento più fedele del romanzo di Sukuzi, solo che i protagonisti hanno ora nomi coreani e leggere modifiche vengono apportate al character di Sadako, che diventa Park UnSeo, è ermafrodita, ama suo fratello, lavora con lui in un night club (...oh mio Dio, mi gira la testa....).



Ma che sta bevendo quella, roba gialla?...
Siamo nel 2000 ed ecco arrivare Ring 0: Birthday, Nakata si è stufato e fa dirigere a un altro. La storia è di Takahashi, ma si ispira comunque a un racconto di Nakata: vengono narrati eventi di 30 anni prima alla linea temporale di Ring e Sadako diviene il personaggio principale. Viene anche realizzato per l'occasione un fumetto. Ottimo successo per entrambi.
Sempre nel 2000 esce per la console Dreamcast The Ring: Terror's Realm, un bel survival horror alla Resident Evil dove Sadako impazza in un mondo virtuale. IGN lo premia con un orrido 5.4 e ha pure ragione!




Esce pure un altro gioco, Ring Infinity per una console giapponese misconosciuta, il WonderSwan, un'avventura testuale su cui mai nessun occhio occidentale ha mai avuto la possibilità di posarsi.
Anno del signore 2002, esce il remake americano di The Ring, forse la migliore pellicola di sempre del regista Gore Verbinski (che con il nome che si trova era ora si dedicasse all'horror serio), soundtrack evocativa di Hans – il Gladiatore - Zimmer. Produzione Dreamworks stra-cazzuta e danarona, la splendida e bravissima Naomi Watts, un ottimo lavoro di ri-sceneggiatura, pazzeschi effetti speciali, visivi e trucco, opera dell'immortale Rick Backer. Alla sceneggiatura collabora direttamente Suzuki, il papà, affiancato da Ehren Kruger, già sullo script di Screem 3 (non un gran biglietto da visita) e Scott Frank, lo stesso anno alle prese con lo script di un certo Minority Report.
Ho ancora negli occhi il trucco, opera del pluri-premio-oscar Rick Backer, dei cosidetti morti-di-paura. Quasi una mutazione facciale derivativa della celebre opera di Munch, un'immagine da incubo. Vedere dopo questi i morti-di-paura originali, degli attori giapponesi che al più sembrano fare boccacce con occhi da pesce lesso, è un po' straniante.
Naomi Watts in "The Ring 2"
Originale e remake americano conservano però ciascuno una propria identità, anche concettuale. Non si è operata una banale sovrascrittura, se mai si è riempito il recipiente di connotazioni diverse. Laddove l'originale parla di maledizioni e del loro modo di diffondersi a macchia d'olio, il remake parla dell'indolenza dell'uomo moderno, circondato da tecnologie che non usa o non comprende. In più scene viene rimarcato come l'uomo conviva a stretto rapporto con la sua televisione: la televisione vista come un camino per illuminare, male, una stanza, un oggetto cui dedicarsi passivamente a discapito del buon senso. La causa dell'inedia, del fancazzismo, cui ci si può liberare solo togliendola dal soggiorno, magari mettendola in soffitta. Se non ci si riesce si rischia di morirci, magari immergendosi insieme alla tv in un bagno mortale. Forse Samara, la Sadako americana, è proprio questo in senso lato: una televisione che imbambola senza farsi veramente capire per quello che dice, un oggetto pericoloso che, per farci diventare tutti suoi schiavi, vuole diffondersi, altri perdano tempo con lei. Facile che se la pellicola fosse venuta alla luce in questi ultimi anni, Sadako sarebbe stata una pagina fantasma di Facebook.
Dark Water, locandina
Successo strepitoso e stra-meritato. Ring acquista così due anime distinte e anche la prospettiva americana ha il suo fascino. La pellicola apre la strada ad altri remake di pellicole j-horror: lo splendido Dark Water di Nakata, una tenera e al contempo crudele Ghost Story su una piccola fantasmina e The Grudge, trasposizione dell'estremo e tremendo Ju-on, la cui primissima trasposizione televisiva giapponese rappresenta uno dei più spaventosi e disturbanti horror di sempre. Il Remake di Dark Water, anch'essa opera dello scrittore di the Ring, ma guarda il caso, con la Connelly riesce bene, The Grudge con Sarah Michelle Geller risulta altrettanto valido, ma si perderà in sequel un po' insulsi.
Nel 2005 si mette in cantiere Ring 2 americano, alla regia viene chiamato Nakata, il resto del cast confermato. La pellicola risulta anche in questo caso ottima. Più di un eco a Dark Water, ma in fondo lo scrittore è lo stesso e tale costruzione narrativa ci sta benissimo.Viene nel contempo realizzata una piccola perla, Rings, un cortometraggio che sarà allegato all'home video di Ring 2 e lega cronologicamente le due pellicole. Nella manciata di pochi minuti si crea una storia avvincente con un esito non scontato, assolutamente da vedere o recuperare in qualche modo. Ma il j-horror ha stancato e i critici impazzano per impallinare Ring 2 per colpe che, a conti fatti, non sono sue. Si alza un coro di “Basta”. L'import in blocco dall'oriente è momentaneamente sospeso. Ragazzine dai capelli lunghi e camicia da notte (ring) e bambini bianchi (grudge) hanno rotto.
Ora che ci siamo disintossicati, sono passati quasi 8 anni da Ring 2 americano, possiamo a mente fredda riguardare il tutto e valutare come non fosse affatto male il j-horror.
Il romanzo "Spiral" di Suzuki
Dynit oggi offre in blu ray disk la trilogia originale di Ring: Ring 1, 2 e Zero in un bel cofanetto. Ottima edizione, imperdibile per chi ha amato questo fenomeno. Per farmi contento fanno uscire in blu ray anche Spiral. Niente edizioni italiane per il ring coreano ermafrodita, sorry.
Da vedere e rivedere con un po' di nostalgia. Lo spettacolo è buono, ma un po' invecchiato, non so se riuscirebbe ora a destare l'attenzione dei nuovi appassionati di horror, quelli che magari stanno tutto il giorno attaccati al videocitofono e si riprendono quando dormono... rimane la testimonianza importante di un genere forte, che poche consessioni ha lasciato allo splatter, putroppo precocemente dimenticato in virtù di una cannibalizzazzione del mercato. Ad ogni modo donne con i capelli sulla faccia e bambini mezzi nudi coperti di bianco a me fanno ancora un sacco di paura...
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