sabato 15 dicembre 2012

Project X – una festa che spacca


Todd Philips. Se questo nome non vi dice molto, è la mente dietro a questo film, dietro a Parto con il Folle, dietro a Una Notte da Leoni 1, 2 e di prossima uscita 3. Per molti è il nuovo John Landis. Per me è qualcosa di completamente diverso, di nuovo e per questo qualcosa di buono.

Philips è un frantumatore di tabù, il cantore della primitività umana, l'esegeta della sbornia non-triste. I suoi film sono urla di vitalità, condite di sputi, rivolte a un mondo grigio, fintamente pulito e perfettino, accettazione-subordinazione-supina del modello plastico (nel senso di divano ricoperto da plastica contro lo sporco e l'umanità) di vita geriatrico e tranquillo da provincia denuclearizzata (a tre chilometri di curve dalla vita, cantava Bersani). Urla bestiali delle quali subito pentirsi e tornare sulla retta via, cacciando tutto l'eccesso sotto il tappeto buono del soggiorno. Ma l'eccesso c'è stato, sempre, compiaciuto e tronfio, simulacro di una titanica idiozia che comunque ci rende superiori a forme di vita amorfe come i funghi e le spore. Sono film comici dunque? Niente affatto, sono una categoria a sé, sono film sull'eccesso e su come l'uomo cerchi di ricontenerlo nel vaso di pandora. Si ride? Di brutto. Ma Una notte da Leoni ha molto più a che spartire con un film giallo-action rispetto che a una commedia con Ben Stiller. In Una notte da leoni avevamo una scansione temporale rigida: un prima, un black out (in cui succedono cose folli di cui nessuno ha memoria in quanto troppo strafatti), un dopo da ricomporre. Con Project x vediamo il mostro direttamente negli occhi, i protagonisti sono strafatti anche loro ma uno no, il cameraman no, lui non beve e ci farà vedere tutto quello che registra la sua telecamera a mano, con la precisione di un documentarista.


Nima Nourizadeh viene scelto alla regia da Philips, sotenuto dal potente produttore Joel “arma letale” Silver. È un esordiente, passato di qualche videoclip. Esordienti sono anche i protagonisti scelti, chi da provini, chi in virtù di esperienze su Youtube. Carne fresca e giovane che più che interpretare un ruolo deve impersonare nel modo più naturale possibile la propria età. Un Verismo alla My Sweet Sixteen mi verrebbe da dire, in riferimento al tema del film. La trama, stringi stringi, è tutta qui: tre amici vogliono celebrare degnamente il compleanno di uno di loro organizzando una maxi festa mentre i genitori dello stesso sono fuori casa. Solo che da 30 persone, per il passaparola dei nuovi media, si ragginge una cifra a 3 zeri. Segue la cronaca della festa-apocalisse tra sesso-droga-musica dance-follie alla jackass. Mai come in questo caso gli intenti narrativi sono secondari rispetto alla rappresentazione visiva degli stessi. Stordente e abbaccinante, la festa è un mostro tentacolare spinto da pura pulsione, un blob in continua espansione e senza freni inibitori dove tutto è consentito in quanto comunemente vietato da genitori, logica e buon senso. La natura (primitiva) umana a contatto con la natura-matrigna. Se la vostra visione di festa è aprire a Capodanno uno spumante (magari facendo come nella formula uno e pertanto passando la prima mezz'ora dell'anno nuovo a pulire mentre tutti ti danno del coglione) qui siamo su tuuuutto un altro pianeta. Musica a palla, piscina, fumo, fiumi di birra e tette, tante tante tante tette tette tette. Fino a che si arriva all'assurdo, al parossismo e si supera tutti i limiti inimmaginabili. L'ultima mezz'ora è indescrivibile in uno spettacolo di eccessi da girone dantesto. Divertente? Malatamente sì, razionalmente pare di stare in un film horror e credo che se una madre potesse anche solo ipotizzare che il proprio figliolo potesse anche solo lontanamente predisporre un simile armageddon autodistuttivo, rischierebbe le coronarie. L'uso della telecamera a mano è geniale, come geniale è l'idea che a portarla sia un soggetto sociopatioco e potenzialmente pericoloso. Gli attori sono bravissimi, tutto funziona. Alcune scene sono da applauso e standing ovation. Il personaggio di T.Rick è da antologia. Si respira il cameratismo tipico dei film di Philips, un abbraccio sudato e sincero, ma trova spazio anche il vero amore, quello pratico e vitale, in perfetta antitesi al modello stucchevole dei finti film su finti matrimoni con la finta Julia Roberts. Possibile che per me i migliori film sentimentali non siano i film sentimentali? Un film di eccessi eccessivi quindi, che per Philips dovrebbe essere l'equivalente moderno di Animal house. Per me ci riesce quasi, sarà che sono troppo vecchio per rivedermi in contesti così estremi. Da guardare con gioia e in cuffia a tutto volume, che se no i vicini si arrabbiano. 
Talk0 il vecchio.

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